
Cari Cofanetti magici, cari miei affezionati lettori, amici,
oggi il mio editoriale riguarderà tre casi di cronaca giudiziaria che sto seguendo assiduamente da mesi. Tre femminicidi. Cominciando dalla buona notizia che il femminicidio è finalmente entrato nella legge italiana come tale. Spero con pene molto severe. Pensate che ogni giorno al mondo muoiono 137 donne per mano di familiari, partner o ex partner.
Invece nei Paesi Bassi, dove, come sapete, vivo da 44 anni, il femminicidio viene tuttora giudicato e registrato genericamente come omicidio colposo. Solo nel 2018 l’Istituto Centrale di Statistica (CBS) aveva rilevato che il 76% delle donne uccise erano decedute per mano del loro compagno o ex compagno. Più di una ogni 10 giorni. Lo stesso anno era uscita una statistica dell’Eurostat che, in base alla densità della popolazione citava la Finlandia, la Svezia e i Paesi Bassi come le nazioni dove erano avvenuti più femminicidi; seguite da Germania, Gran Bretagna, Francia, e come ultime, Italia e Spagna. Tornando all’Olanda, nel 2019 sono morte più di 44 donne per femminicidio. La difficoltà di statistiche aggiornate e mirate sta proprio nel fatto appena enunciato, sta a dire che in questo Paese non esiste una legge specifica sul femminicidio.

Paesi Bassi, foto di Maria Cristina Giongo
Il 25 novembre scorso si è tenuta la Giornata mondiale contro il femminicidio di genere. Per questo voglio ricordare questi tre delitti di cui tanto si è parlato in questi anni; quello di Chiara Poggi, di Liliana Resinovich e di Pierina Paganelli.
Partiamo dalla notizia d’attualità più recente, quella che sopra le unghie di Chiara Poggi è stata rilevata una compatibilità con il Dna Y della linea maschile di Andrea Sempio, attualmente indagato per il suo omicidio. Lo si evince da una perizia della dottoressa Denise Albani, nominata dal tribunale di Pavia nell’incidente probatorio di Garlasco. Perizia che però deve essere ancora depositata; si tratta quindi di “indiscrezioni”, delle solite indiscrezioni che noi giornalisti dobbiamo sempre assorbire come tali; in quanto, se sono già state diffuse dalle più autorevoli agenzie stampa, testate giornalistiche e televisive, andrebbero riportate aggiungendo che si attende ancora la loro ufficializzazione e soprattutto spiegazione.
Ad oggi c’è ancora molta confusione a riguardo. Per esempio se il Dna sia stato trovato sotto o sopra le unghie di questa dolce ragazza ferocemente uccisa. Ricordo che comunque, mentre scrivo, Andrea Sempio non è stato rinviato a giudizio. Quindi bisogna andare cauti con le condanne affrettate e quelle a prescindere.
Questa scoperta che nuovi scenari aprirà? Alberto Stasi, condannato in via definitiva nel dicembre 2015 a 16 anni di carcere, dopo due precedenti assoluzioni per questo delitto avvenuto nel 2007, potrebbe essere innocente? Ci sarà la revisione del suo processo? Sono parecchie le domande che parecchi cittadini si sono fatti in questi mesi in cui la stampa e le televisioni, periti e consulenti di parte, avvocati si sono scatenati in congetture e spesso illazioni senza limiti.
Di sicuro spero che si facciano un esame di coscienza tutte quelle persone che hanno svolto indagini in modo non appropriato, superficiale. Chi ne ha fatto un business, come sovente accade, pubblicando libri, discutendone nei vari programmi televisivi, sui giornali. Non mi riferisco a nessuno in particolare ma a tanti in generale. Convinta che un giornalista non debba mai scrivere un pezzo CONTRO una singola persona, con attacchi mirati, per antipatia o dissenso, ma andare più a fondo seguendo il principio che con i nostri articoli dobbiamo soprattutto informare. Prendendo spunto da vari episodi e pensieri. Con imparzialità.
Termine sconosciuto da chi si accaparra consulenze solo per farsi un nome o conservarsi un nome; oltre che per il guadagno. A questo proposito avrei una lista interminabile di persone che potrei citare. Ma, ripeto, preferisco stare sul generale. Nel mio Paese è noto il saggio ed intelligente motto: “si dice il peccato ma non il peccatore.” Rimaniamo quindi seminatori di parole. Di belle parole. Umili. Garbati. Ci guadagneremo solo in stima e amore.
Questa si chiama semplicemente deontologia, correttezza professionale. Per questo detesto chi insulta, offende via i social e chi risponde mettendosi allo stesso livello. A cui aggiungo coloro che per “dimostrare” le loro teorie vere o presunte, la loro professionalità, vera o presunta, si lasciano andare a risse televisive poco dignitose, dimenticando totalmente le vittime di questi orrendi delitti; per mettersi loro in primo piano.
Tornando ad Alberto Stasi mi domando: quali prove granitiche erano state presentate tanto da portarlo ad una condanna definitiva (senza ragionevole dubbio?).
Se non fosse stato per la tenacia della sua brava e grintosa, giovane avvocatessa Giada Bocellari forse l’indagine non sarebbe stata riaperta. Adesso lei è supportata egregiamente dall’Avvocato Antonio De Rensis. Senza di loro e la mamma di Stasi, Elisabetta, non sarebbe stato scoperchiato il pentolone dove hanno messo a bollire di tutto, soprattutto acqua torbida.
L’avvocatessa Bocellari appare poco sul podio televisivo, per cui ecco qualche notizia su di lei: Giada Bocellari ha conseguito la laurea in giurisprudenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con una tesi in diritto processuale penale. Formatasi nello Studio dell’avv. Prof. Angelo Giarda ha ottenuto l’abilitazione all’esercizio della professione forense; iscritta al Foro di Milano. Dal 2020, dopo una lunga esperienza all’estero, ha iniziato ad esercitare autonomamente la professione di avvocato penalista. Nel 2023 ha fondato insieme all’avv. Andrea Scarpellini lo Studio legale BS.

Una fotografia dell’avv. Bocellari tratta dal Messaggero e dal programma “Le Iene inside”.
Nel frattempo stiamo aspettando adesso la perizia della Professoressa Cristina Cattaneo, stimata anatomopatologa nota a livello internazionale, per avere più elementi su questo caso; per esempio sull’orario in cui sarebbe avvenuto l’omicidio. Nel caso venisse spostata in avanti l’ora del massacro della povera Chiara, Alberto potrebbe avere un alibi, in quanto in quel momento stava lavorando a casa alla sua tesi. Ricordiamo che non solo non furono trovate le impronte delle sue scarpe insanguinate sul luogo del delitto, non solo non è stato rinvenuto il suo dna sotto o sopra le unghie di Chiara e in casa su certi oggetti; a parte il dispenser del sapone quando si lavò le mani dopo la cena (su cui comunque non c’erano tracce di sangue).

Dulcis in fundo, in questi ultimi mesi Alberto Stasi, che ha già trascorso la sua giovinezza in prigione, è stato nuovamente messo alla gogna, in televisione, per il fatto che visionava materiale pornografico. A che pro? Me lo sono domandata spesso. Quale era lo scopo di tirare ancora fuori particolari definiti da alcune testate come “raccapriccianti”, in un momento in cui non si parlava assolutamente di revisione del suo processo, e l’attenzione era focalizzata sui sospetti inerenti Andrea Sempio? Quanto rinnovato dolore per sua madre costretta a risentir commentare questi segreti inconfessabili nei salotti televisivi! Un minimo di umanità, di empatia non siste più in questo mondo sempre più accanito, cattivo nei confronti degli altri? “Mettere alla gogna” significa proprio umiliare pubblicamente qualcuno. Ricordo che ai tempi la gogna era un collare di ferro fissato al muro che impediva al condannato a morte di muoversi mentre gli tiravano ortaggi marci in faccia.
Rammento che nei primi tempi chi parlava a vanvera e senza alcuna prova concreta citava la visione da parte di Stasi di immagini pedo pornografiche; ma poi, almeno per questa infamante accusa fu assolto. Poi si fece la diagnosi di parafilia, pare non confermata dagli psicologi e psichiatri che lo hanno esaminato. Indi di pornografia estrema, terribile… nutrita da video molto violenti trovati nel suo computer, posizionati in mappe “a tema”. Ma anche su questo ci sono parecchi dubbi, in quanto si sa che chi guarda video pornografici (a quell’età parecchi ragazzi lo fanno), spesso riceve da chi ne è digitalmente al corrente altri tipi di contenuti osceni, disgustosi, “a soggetto”; per renderli dipendenti da essi e crearsi potenziali clienti. Un altro tipo di commercio appartenente ad un sottobosco che rende tantissimo, in tutto il mondo.

Una pagina del settimanale “Giallo”, di Cairo editore, che si occupa principalmente di cronaca nera, di cui è direttrice Albina Perri, giornalista professionista dal 2002; la quale ha sostituito Andrea Biavardi, nuovo direttore del settimanale “Oggi” (con cui pure io collaborai tanti anni fa).
Se Chiara avesse scoperto che Alberto visionava immagini pornografiche estreme, per quale motivo lui avrebbe dovuto levarle la vita con tanta ferocia? Ne avrebbero parlato insieme, considerato che lei conosceva certi suoi gusti ed era una ragazza aperta, maggiorenne, che lo amava. Oltre tutto pare che sia stato escluso il fatto che Chiara li avessi realmente visti sul computer del fidanzato.
Come vi sarete accorti in questioni tanto delicate come questa, uso quasi sempre il condizionale; in quanto non ho certezze assolute, né competenze nel campo. Per cui attendo il 18 dicembre in cui si potrà far maggior chiarezza. Tuttavia voglio pure io lanciare una suggestione, un mio pensiero che ho sin dal ritrovamento del corpo di Chiara: quello che forse sia stata ammazzata da una persona che da tempo aveva posato gli occhi su di lei, la quale, sapendo che era sola quella mattina si era presentata a casa sua con intenzioni particolari. Nel momento in cui la ragazza lo avrebbe respinto, magari dicendogli che avrebbe raccontato a tutti quello che sapeva su di lui e del suo tentativo di violenza, forse cercando di telefonare per chiedere aiuto, avrebbe perso la testa e l’avrebbe “messa a tacere.”

Liliana Resinovich, la sua morte è ancora avvolta dal mistero. Unico indagato suo marito Sebastiano Visintin.
Sul delitto di Liliana Resinovich, che alcune persone poco intelligenti credono ancora si sia invece trattato di suicidio, ho già scritto la mia opinione. Che confermo. Non credo che una donna si svegli la mattina, (era il 14 dicembre 2021) si lavi, si depili, faccia colazione, stenda il bucato, poi si avvii ad acquistare un telefonino, felice di coronare il suo sogno di libertà da un matrimonio che con il tempo si è scoperto non fosse poi così idilliaco come il marito cerca di fare credere; considerato che pare desiderasse ricominciare nuova vita con il suo “amico speciale”, Claudio Sterpin, con cui si scambiava da tempo messaggi ( più di mille )colmi di grande affetto. Un affetto che andava, appunto, oltre l’amicizia.
Indi di colpo cambi idea, esca dal suo appartamento, e, sempre in piena mattina si rechi in un boschetto al centro della città, portandosi appresso due grandi sacchi neri della spazzatura, un cordino ed un altro sacchetto da mettere sulla testa, che per caso aveva con sé; infine, dopo essersi picchiata da sola e da sola fratturata una lima di vertebra del collo, si infili (chissà perché parzialmente nei sacchi neri, senza lasciare sue impronte, stringendosi (malamente) il cordino intorno al collo. Da sottolineare che nessun medico, nessuno psicologo avevano rilasciato nei suoi confronti una diagnosi di depressione; non assumeva pertanto antidepressivi.
Una storia assurda costellata di manipolazioni errate del corpo al momento del ritrovamento, la prima autopsia pare attuata frettolosamente, indagini superficiali, depistaggi; sino alla decisione di archiviazione come… “suicidio”! Tra parentesi, quale aspirante suicida indossa guanti per non lasciare SUE impronte sul materiale usato per compiere il triste atto? Nei sacchi neri ci è volata dentro? E quale persona disperata prima di suicidarsi fa il bucato, la colazione, si preoccupa di mettere a posto la casa, persino portare la pattumiera fuori per gettarla nell’apposito contenitore, altro particolare che avevo dimenticato di citare?
Per fortuna la ventilata archiviazione del caso è stata subito ostacolata dalla famiglia di Lilly da parte del fratello Sergio e di sua cugina Silvia Radin, oltre che da Claudio Sterpin, che quel giorno l’aspettava a casa sua, dando subito l’allarme dopo la sua “scomparsa.” Il fermo all’archiviazione accolto dalla procura ha permesso che il marito non la cremasse immediatamente e che quindi potesse essere effettuata una seconda autopsia. Guarda caso, stilata dalla professoressa Cristina Cattaneo!
La quale purtroppo al momento aveva poco materiale a disposizione non solo per il troppo tempo trascorso ma anche in quanto Lilly per volere del marito era stata seppellita in una bara non zincata. La sua perizia ha comunque avvalorato la tesi dell’omicidio per mano di terzi. E così una nuova procura ha ricominciato ad indagare! Nel frattempo sono spuntati come funghi personaggi strani, inquietanti, come per esempio un tecnico preparatore di salme per le autopsie che dopo anni ha dichiarato che avrebbe fratturato lui la lima di vertebra di Lilly mentre si occupava di sistemarla sull’apposito tavolo della sala autoptica. Peraltro sostenendo di aver (addirittura) sentito il rumore della frattura e che Lilly soffriva di osteoporosi, cosa negata dal suo medico di famiglia.
Pochi giorni fa, dopo 4 anni… si è materializzato improvvisamente un pizzaiolo che ha raccontato al marito che anni fa Lilly, quando frequentavano il suo ristorante, sarebbe andata da lui a chiedergli dei sacchi neri della pattumiera; ben due anni prima che “ decidesse di suicidarsi.” Storia talmente inverosimile che sino ad ora la procura non l’ha neanche sentito. Mentre l’inquietante tecnico, che si faceva chiamare Sector Jack, e pubblicizzava una serie di coltelli da lui “ideati” con quel marchio, avvalendosi di macabri video girati proprio nella stessa struttura dove lavorava, pare sia stato ascoltato in procura; ed in seguito pure indagato.
Tra l’altro sul pizzaiolo che giorni fa se ne è uscito con questa storiella, affidata non alla procura ma guarda caso al marito Sebastiano, pronto a registrarla sul posto… è stato scritto che era un suo cliente, gli portava i coltelli da affilare (Sebastiano è un arrotino). La coppia aveva cenato spesso nel suo ristorante; eppure all’inizio lui ha fatto finta di non conoscerlo!Tante sono le incongruenze rilevate nel tardivo ricordo di questa persona, che poco dopo chiuse la sua attività.Tanto che durante una recente intervista rilasciata al programma televisivo Quarto Grado ha cominciato a confondersi. In un’altra precedente… persino a balbettare durante l’esposizione dei fatti, diventati di colpo alquanto confusi. Insomma, di dubbi sulla sua attendibilità ce ne sono parecchi. Ci potrebbe essere una regia occulta sotto le testimonianze di tali soggetti?
In questo caso i ringraziamenti per la tenacia e coraggio del fratello di Lilly, della cugina, di Claudio vanno riconosciuti e girati anche al gruppo di Facebook Giustizia per Liliana Resinovich, agli amici di Lilly, fra cui Gabriella Micheli con il marito, e l’albergatrice Jasmine, che si sono battuti strenuamente, come precedentemente accennato, e continuano a battersi per rendere veramente giustizia alla povera donna: ennesima vittima di un femminicidio il cui assassino è ancora a piede libero. Liliana Resinovich scomparve poco prima di Natale.

Pierina Paganelli, uccisa con 29 coltellate.
In carcere (ma questa volta sin dall’inizio) per un’altra atroce vicenda si trova il senegalese Louis Dassilva, rinviato a giudizio per l’uccisione di Pierina Paganelli, avvenuta a Rimini la sera del 3 ottobre 2023. Pierina era sua vicina di casa e suocera della sua amante, Manuela Bianchi. Luois Dassilva ha una moglie e due figli nel suo Paese d’origine ed una in Italia, Valeria Bartolucci.
Interrogato sul rapporto con la sua amante, in presenza della sua consulente di parte la criminologa Roberta Bruzzone, ha precisato che per lui si trattava solo di sesso e niente di più. Mentre Manuela era veramente innamorata di lui. Idem la moglie Valeria. Addirittura ha aggiunto che per il suo compleanno le aveva donato proprio “il suo sesso” come…regalo! Quando in televisione hanno riportato il suddetto stralcio dell’interrogatorio a questo uomo, non certo gentiluomo, sono rimasta senza parole: per il livello di maschilismo, sessismo che ancora impera nel mondo nei confronti delle donne.
Oltre tutto, se siamo noi donne a tradire veniamo considerate delle poco di buono; mentre l’uomo no! Al di là della vicenda giudiziaria e del fatto che Louis Dassilva sia responsabile o no della morte di Pierina, cosa che potremo dire solo dopo il terzo grado di giudizio, questo efferato femminicidio dimostra lo spregio nei confronti di quelle che questi individui definiscono “femmine”; infatti l’assassino le ha tagliato le mutandine e la gonna. Vile azione che potrebbe significare proprio un segno di disprezzo. Di oltraggio persino verso il corpo di una signora di 78 anni; a cui sono state inferte ben 29 coltellate!

Foto di Maria Cristina Giongo
Questi tre casi di femminicidio, da mesi alla ribalta della cronaca nera e dei media, affrontati quotidianamente da varie televisioni commerciali e nazionali, divise fra innocentisti e colpevolisti, con sempre più seri sospetti di errori colossali da parte di chi avrebbe dovuto compiere le indagini scrupolosamente e carabinieri forse corrotti, ancora una volta documentano come siano necessari interventi immediati e professionali sulla scena del delitto, perizie accurate. Purtroppo troppo spesso (ovviamente non sempre) esse vengono affidate a periti e consulenti che cambiano idea a seconda della persona (indagata) che le ha commissionate. Inoltre testimoniano che i processi non si fanno in televisione, come da sempre sostiene il professor Aldo Grasso nel suo interessante forum del Corriere della sera, su cui ha pubblicato spesso i mie commenti a riguardo, che condivide.
Termino non solo augurando a tutti voi un felice Natale e sereno fine anno, in attesa di un nuovo 2026 spero migliore del 2025, ma anche ricordando con tanto affetto tutte le vittime di femminicidio che il Natale non potranno passarlo con i loro cari e con le loro famiglie. Famiglie che da anni versano lacrime di dolore, aspettando da tempo che gli assassini, quelli veri, vengano consegnati alla giustizia. E paghino finalmente e severamente il loro delitto. Fra di loro la famiglia di Lilly Resinovich, di Chiara Poggi, quella di Pierina Paganelli, il cui figlio, Giuliano Saponi, rimase in coma dopo uno strano incidente avvenuto poco prima che venisse uccisa sua madre; un’altra storia ancora tutta da chiarire.

Elisabetta, la madre di Alberto Stasi. Rimasta sola a passare il Natale, il figlio in carcere, il marito deceduto.

Il padre di Alberto Stasi, Nicola, abbraccia il figlio, tentando di proteggerlo dalla gente che gli gridava ingiurie di ogni genere, mentre veniva arrestato con l’accusa di aver ucciso la sua fidanzata Chiara Poggi
Aggiungo al mio augurio affettuoso Elisabetta Ligabò Stasi, un’altra mamma che non si dà pace, convinta che suo figlio Alberto abbia trascorso ingiustamente la giovinezza in carcere; come lo era suo marito, Nicola Stasi, che lottò come un leone per dimostrare l’innocenza del loro figlio unico. Nicola Stasi purtroppo è morto, a soli 57 anni, in seguito al crollo delle sue difese immunitarie; era ricoverato nel reparto di ematologia del Policlinico San Matteo di Pavia per una seria patologia.
Era il giorno di Natale del 2013!
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
L’articolo verrà aggiornato ogniqualvolta ci saranno nuovi avvenimenti inerenti questi tre casi di femminicidio.
Proibita la riproduzione del testo e delle fotografie di mia appartenenza.
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Link ad un mio articolo sulla morte di Liliana Resinovich, pubblicato nel Cofanetto magico.
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