
Una bella immagine di Filippo e Valeria, i genitori di Lorenzo.
Continuiamo il nostro approfondimento sul tema dell’omosessualità come punto di riferimento per il percorso di accettazione della propria individualità; ma anche del coinvolgimento della famiglia e degli amici sulla strada della comprensione. La strada dell’amore. Nell’articolo precedente ho trattato l’argomento in riferimento ai Paesi Bassi, dove già nel 2001 è stato legalizzato il matrimonio egualitario, sta a dire fra persone dello stesso sesso. Sono partita da dati e statistiche complessive arrivando ad un’intervista a due giovani olandesi che si sono sposati da poco, Ted e Kees van Limpt.

Essere genitori felici e sereni aiuta molto nel percorso d’amore verso e con i figli.
Dopo aver pubblicato questo servizio sono stata contattata da più persone che si sono complimentate per la chiarezza dell’esposizione; una di loro ne citerà alcuni passaggi nella sua tesi di fine corso universitario. Ovviamente la cosa mi fa piacere in quanto testimonia l’importanza del tema ed il merito dell’informazione giornalistica atta ad offrire un contributo di interesse sociale ed umano.
Ma come è la situazione in Italia a riguardo? Per completare il quadro ho intervistato Valeria e Filippo, genitori di un ragazzo omosessuale. Per conoscere la loro storia e la loro reazione quando Lorenzo ha raccontato loro di essere omosessuale.
Filippo e Valeria, come è la situazione italiana rispetto alle unioni civili fra persone dello stesso sesso? Esiste la possibilità di sposarsi? Oppure di stilare un contratto di convivenza, firmato davanti ad un notaio per tutelarsi? Per esempio in caso di morte di uno dei due.
Valeria: in Italia purtroppo non esiste il matrimonio ugualitario, ma solo la possibilità per persone dello stesso sesso di contrarre unione civile introdotta nel 2016 e che non garantisce, però, gli stessi diritti. Per esempio non consente l’adozione, i figli nati nella coppia sono considerati figli del solo genitore biologico. In caso di separazione, il genitore non riconosciuto non ha alcun obbligo nei confronti dei figli e rischia di perdere il diritto di vederli. In caso di morte del genitore biologico i figli rischiano di essere considerati orfani. Questi sono solo alcuni esempi.
Filippo: aggiungo che proprio questa impossibilità di ricorrere all’adozione per le coppie unite civilmente, che logicamente vedono in questo strumento l’unico modo di avere dei figli propri ad entrambi, spinge molte persone alla difficile scelta se rinunciare ad una propria famiglia o al proprio Paese. Un ulteriore senso di frustrazione è dato dal fatto che in Italia la richiesta di adozioni da parte delle coppie eterosessuali è crollata nell’ultimo decennio di oltre l’80%, come si evince dal grafico dell’evoluzione delle domande di adozione in cui si è passati da circa 2.500 di richieste di adozioni del 2012 a meno 500 adozioni nel 2023 (dati estratti dal sito della commissione per le adozioni internazionali della presidenza del consiglio dei ministri).

Dunque vi sono molti bambini che cresceranno senza l’amore di una famiglia e molte coppie omosessuali che vorrebbero adottarli per formare assieme a loro una propria famiglia; ma tra tutti si frappone l’ostacolo del pregiudizio, secondo il quale una coppia omosessuale non sarebbe in grado di allevare dei figli. Nonostante esistano esempi di coppie in molti altri paesi dove peraltro il cristianesimo è la religione prevalente e dunque con la stessa cultura nostra, europei e non, che dimostrano il contrario.
Passiamo alla vostra storia personale, di genitori di un figlio omosessuale. A che età vi ha confidato il suo interesse per ragazzi del suo stesso sesso? E quale è stata la vostra prima reazione confrontandovi fra di voi? Simile o differente? E verso di lui?
Valeria: Lorenzo ci ha comunicato di essere omosessuale a giugno del 2017 ma si era confidato con le sorelle già prima. Io e mio marito eravamo impegnati a teatro per un musical in cui Filippo interpretava la parte di un gay, ironia della sorte! Durante l’intervallo ricevo una telefonata in cui mio figlio mi dice che era successo un pasticcio con Andrea e doveva andare da lui. Io non so perché ma gli ho detto ‘ ti sei innamorato di Andrea!’.
Si fionda subito da noi nel foyer. Ricordo il calore in tutto il corpo, il tremore e il giorno dopo eravamo ad accompagnarlo da Andrea! Lui forte, leale verso sè stesso e la vita, sincero e con quegli occhi che non potrò mai dimenticare: sereni. Si è fidato di noi. Io ho fatto prevalere la razionalità: lo guardavo con i miei occhi, sempre gli stessi, ed era sempre lui.
Piano piano ho gestito le mie emozioni grazie anche ad un gruppo di mutuo aiuto e anche grazie a mio figlio, al suo coraggio alla sua forza e serenità.
Avevo in mano una grande opportunità di cambiare il mio modo di vedere il mondo e la vita.
Filippo: ricordo quel momento come uno dei più intensi della mia vita, la mia reazione in quell’istante è stata di gioia per la fiducia che Lorenzo riponeva in noi, ho avvertito l’importanza della responsabilità ed al contempo un grande senso di orgoglio di averlo come figlio, per via della sua sincerità, del suo coraggio. Lorenzo mi ha dato una carica così forte che dopo quasi 8 anni è ancora vitale come allora e si sta rivelando una grande opportunità di crescita ed unione per tutta la nostra famiglia e per molte altre persone, parenti, amici, colleghi che stanno vivendo questa esperienza assieme a noi e con i quali la relazione è divenuta molto più sincera e profonda.
Avete altri figli? Come hanno reagito loro?
Valeria: abbiamo altre due figlie che ne erano a conoscenza prima e che hanno vissuto tutto ciò con grande serenità e normalità. Un po’ arrabbiate con il mondo che ci circonda e che non rende vita facile a questi ragazzi.
Filippo: le sorelle hanno partecipato ad incontri in cui erano presenti alcuni referenti della diocesi, che ci seguono nel nostro percorso di formazione e davanti a loro hanno voluto sottolineare il loro disappunto per il fatto che loro fratello abbia lasciato Milano, sua città natale, perché teme che non cambino le leggi che oggi gli impedirebbero di avere una propria famiglia, cosa a cui lui aspira e non pensa di potervi rinunciare.

Un’altra serena, gioiosa immagine di Filippo e Valeria nei Paesi Bassi. Due genitori amorevoli e speciali che conoscono l’essenza dell’essere genitori: che implica proprio amore vero, disinteressato, sacrificio, responsabilità, rispetto e comprensione nei confronti dei propri figli che non saranno mai “a nostra immagine e somiglianza.”
Ted e Kees van Limpt, i due giovani olandesi da me intervistati il mese scorso hanno detto che i loro genitori hanno accolto la notizia della loro omosessualità con lo stesso amore con cui sin da piccoli li hanno amati. Immutato. Tornando quindi alla domanda più importante….anche per voi l’amore ha preso il sopravvento? Oppure all’inizio vi siete sentiti un po’ “spiazzati”, forse preoccupati?
Valeria: all’inizio ero spiazzata ma ciò che subito ha vinto è stato anche per noi l’amore, sicuramente la base di tutto. Ero ammirata dalla consapevolezza di Lorenzo.
Filippo: direi che è stato un mix tra amore, essere spiazzati e preoccupati: ma l’amore ha subito preso il sopravvento.
Avevate già avuto il “sospetto” che vostro figlio fosse omosessuale, con il timore di affrontare con lui questo discorso per primi?
Valeria: anche pensando agli innumerevoli pregiudizi e stereotipi che girano intorno al mondo degli omosessuali devo dire che Lorenzo non ha dato segnali particolari: amava le macchinine, le gru i cantieri. Ama buttarsi giù con la bici dalle montagne. Ciò dimostra che si tratta di pregiudizi.
Filippo: no. L’unica cosa che ho notato a posteriori è che era molto interessato al ruolo che stavo interpretando nel musical “The producers”: solo durante la recita ne ho capito il motivo.
Voi siete cattolici. In qualche modo la vostra religione vi ha influenzati a riguardo? La Chiesa cattolica italiana nel corso degli anni si è evoluta rispetto a questo argomento?
Valeria: per quanto riguarda la chiesa, da posto sicuro è diventata un posto ostile in cui mi sento accolta per metà. Io sono mamma di un figlio che ha accolto la vita come un dono di cui ha accettato il contenuto, ma può far parte della comunità della chiesa solo a metà, deve tener chiusa una parte della scatola.
Filippo: molti esponenti della Chiesa ancora oggi considerano “valido” quanto riportato nella “lettera ai vescovi sulla cura pastorale delle persone omosessuali” redatta dalla congregazione della dottrina della fede sotto la guida dell’allora card. Ratzinger nel 1986.
Nelle premesse di questo documento, si sottolineava come la trattazione “trova conforto anche in sicuri risultati delle scienze umane”, in quanto un allineamento con la scienza è importante.
Sono passati quasi 40 anni da allora e questo documento oggi non trova più “il conforto dei sicuri risultati delle scienze umane” perché nel frattempo, per la precisione già nel 1990, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha depennato l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali, considerando l’orientamento omosessuale una caratteristica individuale normale, come l’eterosessualità o la bisessualità, e dunque non più come un disturbo che dunque non abbisogna di nessuna cura.
Essendo venuto meno il supporto scientifico, si deve a mio avviso mettere in discussione il senso di tutto il documento, perché le persone omosessuali hanno bisogno di ricevere dalla Chiesa non già delle complicate ed improponibili “cure pastorali”, ma delle semplicissime “scuse” per essere stati discriminati per lunghissimi anni e trattati come persone malate, mentre la scienza ha confermato che sono persone perfettamente normali.
Peraltro dal 1990 sono passati ulteriori 35 anni nei quali in molti Stati dove si è tenuto conto della nuova realtà scientifica emersa, è stato permesso alle persone omosessuali di creare relazioni stabili durante i quali molte coppie si sono sposate ed hanno dato origine a famiglie, i cui figli adottivi sono oggi persone adulte e possono testimoniare il loro affetto e stima verso i loro genitori, dimostrando di aver ricevuto amore ed un’adeguata educazione in maniera analoga a quanto è successo ad altri figli adottivi cresciuti in famiglie di eterosessuali.

Roma, 2016. Il nostro amato Papa Francesco è stato il primo a benedire l’unione fra persone dello stesso sesso. Foto Hans Linsen
Papa Francesco predicava l’accoglienza, l’inclusività, l’importanza di aprire le braccia a tutti, in quanto siamo tutti uguali; era favorevole alla benedizione delle coppie omosessuali. Ma corre voce che il nuovo Papa, Leone XIV, lo sia un po’ meno. Molto meno! Che cosa ne pensate? E che cosa pensate dell’irrigidimento di Trump e di Putin su questo tema?
Valeria: Papa Leone XIV ha insistito sulla famiglia uomo-donna, ma non è l’unica forma di famiglia in cui ci può essere amore. Voglio sperare che con la conoscenza e l’ascolto possa continuare veramente sul sentiero di Francesco.
Filippo: Papa Francesco non ha fatto in tempo a fare un completo cambio della dottrina, non sappiamo se perché la morte glielo abbia impedito o per quali altri motivi, ma di certo sappiamo che durante il suo pontificato oltre ad aver subito cercato di rompere il pregiudizio verso le persone omosessuali con la famosa frase: “chi sono io per giudicare un omosessuale”, a ottobre 2020 risponde ad una coppia gay canadese con tre figli piccoli, che avevano scritto al pontefice per raccontare il proprio disagio a portare i bambini in parrocchia per i pregiudizi degli altri cattolici: «Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo».
Mi auguro che con Papa Leone XIV alle persone omosessuali arrivino presto le scuse da parte della Chiesa per le ingiuste discriminazioni e che da lì si possa ripartire tutti assieme, Stato e Chiesa uniti più che mai, verso un percorso che porti verso la pace interiore di tutti.
Quanto alle posizioni di Trump e Putin, non ci sentiamo competenti per dare una risposta corretta pertanto preferiamo non rispondere.
Vostro figlio ha avuto problemi di mala accettazione della sua omosessualità? Timori, percosse? Riesce a viverla serenamente, alla luce del sole?
Valeria: Lorenzo ha affrontato il cammino verso la consapevolezza da solo, e questo sicuramente l’ha reso forte e capace di affrontare il mondo. Il suo timore più grande è di non riuscire ad avere una famiglia sua. Lorenzo è stato picchiato insieme al suo compagno all’uscita di un ristorante, ciò è tremendo. Fortunatamente lui ricorda soprattutto la solidarietà che ha ricevuto da parte di una ragazza che li ha soccorsi e dal tassista che li ha portati gratuitamente al pronto soccorso.Questo è ciò che sento io, ma importante sarebbe ascoltare questi ragazzi ed entrare in relazione con loro. Non credo sia facile sapere che ogni giorno si dica qualcosa nei loro confronti che spezza il cuore e le speranze di potersi confondere tra la gente come tutti noi.
Filippo: vi rimetto un estratto della sua lettera che spiega il suo percorso molto meglio di come potrei fare io: “…Tra le sfumature del mio carattere che ho sviluppato e scoperto di avere con il tempo è che mi piacciono i ragazzi, sono attratto dai ragazzi e non dalle ragazze. Non l’ho scelto io, io sono così, e soprattutto: chi mai in questa Italia/società sceglierebbe di esserlo? Essere bullizzato, emarginato, odiato o addirittura menato a sangue per strada solo perché sto camminando col mio ragazzo, ma soprattutto non avere neanche il diritto di avere una famiglia? Chi mai sceglierebbe di essere omosessuale?
Penso, e presumo che pure voi pensiate che non sia una scelta ragionevole, anzi sarebbe una scelta scellerata.
Ma io mi sono trovato così, dall’inizio del liceo ho iniziato a sentire un forte vuoto interno, una forte nube che mi offuscava la mente e mi bloccava nelle interazioni con i ragazzi della mia età. Ero emarginato al liceo, ero solo. Per questo ho avuto tanto tempo per imparare a conoscere me stesso, attraverso la sofferenza del sentirmi diverso per qualcosa che non capivo, ho navigato dentro di me, vedendo che c’era un grande diamante grezzo che era pronto a uscire, ma bloccato dalla paura. La paura del giudizio e dello sguardo dei ragazzi della mia età, il giudizio della mia famiglia, di mia mamma, di mio papà, di mio nonno. Ero terrorizzato dall’essere ciò che sentivo di essere.
Ero io stesso che mi giudicavo, e dicevo che non mi andavo bene. Ma era cosi che io volevo sentirmi, era l’unico modo per proteggermi dal giudizio della società, e così mi convincevo che fosse.
Ma quel salto andava fatto, doveva finire l’agonia di sentirmi emarginato, allontanato, diverso e giudicato. Volevo fare vedere che anche io ero forte, anche io avevo qualcosa da dire, perché anche io sono un figlio di Dio, e come ha detto mia nonna: “se Dio non commette errori, allora Lorenzo non può essere un errore”.
Una volta che ho capito questo ho iniziato a crescere. Con tanti sforzi, aggrappandomi all’unica cosa che avevo, cioè me stesso, il salto l’ho fatto: ho raccontato chi ero e chi sentivo di essere alla mia famiglia. Il salto nel vuoto è sembrato durare un’eternità, ma quando ho saltato tutto è diventato più bello, ho iniziato a sorridere, e il mondo ha iniziato a sorridermi. Dunque ero libero finalmente, libero di esprimermi, libero di dire la mia opinione, libero di amare, di baciare il mio ragazzo e portarlo a casa come le mie sorelle portavano il loro. E vorrei anche essere libero di sposare la persona che incrocerà la mia strada e che imparerò ad amare per quello che è, ed averci una famiglia, se possibile numerosa, vorrei adottare almeno un bambino e salvarlo da una vita che nessuno vorrebbe fare, cioè senza l’amore…”

Foto di Maria Cristina Giongo
Volete darmi voi una definizione di amore genitoriale, di quell’amore unico, esclusivo, generoso, talvolta faticoso che tutti noi genitori proviamo e difendiamo nei buoni e cattivi tempi? Nei momenti felici e in quelli problematici? Sempre tesi verso quel cielo che è tanto bello se siamo capaci di entrarci insieme per goderne la bellezza, come fosse una gita. Per poi tornare sulla terra più forti di prima.
Valeria: è difficile dire a parole che cos’è l’amore genitoriale, è qualcosa di cui ogni parola non saprebbe esprimerne la grandezza. Sicuramente ha il suo fondamento sull’ascolto e l’empatia.
Filippo: l’amore genitoriale è quell’amore che non si spegne mai, che ti responsabilizza, ti illumina nelle scelte importanti della vita e ti rinvigorisce proprio nei momenti di difficoltà che spesso è capace di trasformare in momenti felici.
Vostro figlio ha un compagno? E che cosa spera e si aspetta lui per il futuro suo e di questa società talvolta tanto indifferente, con sempre meno ideali e valori? Ne parlate spesso insieme?
Valeria: Lorenzo vive in Svezia e ha un compagno italiano, ha desiderio di famiglia e di esprimere il suo amore come possiamo fare tutti e sa che noi siamo con lui e per lui: il diritto di amare deve essere garantito a tutti, proprio tutti.
Filippo: Lorenzo ha la fortuna di avere a disposizione due città eccezionali come Stoccolma e Milano, analogamente a suo Nonno che aveva Milano dove si era trasferito con mia madre prima che nascessi io e Roma, sua città natale. Lorenzo si è trasferito a Stoccolma che lo ha accolto a braccia aperte per come è, e gli potrà aprire tutte le porte per portare avanti assieme al suo compagno i suoi progetti di famiglia e realizzarsi come padre e vivere la magnificenza dell’amore genitoriale. In più ha anche Milano, dove ha le sue fondamenta, la sua casa, i suoi parenti e dove ha ed avrà sempre tutte le porte aperte per portare avanti ogni iniziativa che vorrà intraprendere.

“La Creazione di Adamo.” Nel celebre affresco presente nella Cappella Sistina, realizzato nel 1511 circa, Michelangelo Buonarroti mostra Dio circondato dagli angeli che si protende verso il giovane sdraiato quasi a voler infondergli energia e coraggio; quella scintilla di luce che solo il contatto con chi amiamo e ci ama può generare.
Ringraziando Filippo e Valeria per la loro disponibilità a collaborare con noi su questo importante argomento, vorrei concludere con la bellissima frase che Lorenzo ha scritto nella sua lettera: “ Il salto nel vuoto è sembrato durare un’eternità, ma quando ho saltato tutto è diventato più bello, ho iniziato a sorridere, e il mondo ha iniziato a sorridermi…” Con la speranza che sia d’esempio ed incoraggiamento per i tanti ragazzi e ragazze come lui, oppressi dal timore di essere derisi, persino bullizzati per le loro scelte affettive: di non essere accettati da una società basata su pregiudizi che nulla hanno a che fare con il valore di ciascuna persona nella sua autenticità. Un valore prezioso che rende ogni essere umano unico e degno di rispetto.
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
Link alla prima puntata della nostra inchiesta sull’omosessualità, con riferimento ai Paesi Bassi, corredata da un’intervista a due giovani omosessuali che si sono sposati grazie alla legge olandese sulle unioni fra persone dello stesso sesso.
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