Raccontami una storia.

Leggete i bei racconti di Tessa, Emiel e Lennie fra amore, guerra, smarrimenti e ritrovamenti di fedi matrimoniali e anelli di brillanti…

Questo mese vi proponiamo due storie che hanno dell’incredibile, narrate proprio dai protagonisti: Emiel e Lennie Pyckevet e Tessa Aronstein, olandesi.

Foto Paul Bakx

Emiel e Lennie quest’anno sono sposati da 40 anni. Lui è un bell’uomo, alto, elegante, molto colto. Ha lavorato come manager in una banca olandese. Anche lei è una signora affascinante, intelligente, dolce; con begli occhi color del mare. E’ stata insegnante. Studiano la lingua italiana ad Eindhoven, una città al sud dell’Olanda, ed hanno tre figli: Gijs, 36 anni, architetto che vive e lavora a Roma, Ward (35 anni) e Mette (33). I nipoti in totale sono 4!

“La nostra vicenda è veramente particolare”, racconta Emiel. Nel 1977, quando abitavamo a Maarheeze, mentre stavo costruendo in giardino una terrazza con piastrelle, mi accorsi di aver perso la mia vera. La cercai dappertutto ma invano. Non si trovava proprio più. Anche mia moglie passò intere giornate a scandagliare ogni angolo del giardino; ma senza risultato. La cosa ci aveva rattristati molto”.

“Poi”, continua Lennie, “nel 1994 fui io a perdere la mia! Per cui, nel 1995, considerato che festeggiavamo i 25 anni di matrimonio, decidemmo di acquistare due nuove fedi matrimoniali. Nel frattempo ci eravamo trasferiti ad Eindhoven, vendendo la nostra casa ad un’amica. Ebbene, dopo mezzo anno ci arriva una sua telefonata e sapete che cosa aveva trovato nel suo giardino? La fede di Emiel! Dopo 18 anni! Fu una sorpresa. Ed una gioia incredibile! Ma che cosa fare del secondo anello?

Emiel decise di tenerseli entrambi ed ora sfoggia due vere d’oro; una in un dito e l’altra… su un’altro dito. A questo punto pensate che la storia sia finita? No! Quest’anno ho ritrovato anch’io la mia vera! E sempre nel giardino di casa! Così ora pure io indosso ben due fedi matrimoniali; come testimonianza di amore e di come nella vita alla fine ogni cosa torna al suo posto, come per miracolo”.

Questa toccante storia ce la racconta Tessa. Tessa Aronstein (nella foto qui sopra) è un piccolo terremoto, a cui non puoi dare un’età, tanta è la vitalità che si porta dietro…da una vita! Parla bene l’italiano e ama l’Italia come se fosse la sua seconda casa. In effetti ha anche vissuto per alcuni anni con il suo fidanzato (di allora…) in una bella casa nelle vicinanze di Varese. E’ allegra, simpatica, instancabile; parla sempre e gesticola come un’italiana vera…A volte sa colorare i suoi discorsi con parolacce che è fiera di conoscere nella nostra lingua. Una donna da amare che tutti amano. Tessa è nata in Indonesia. Ecco il suo racconto:

“Anche la mia storia ha come protagonista un anello. Prima che nascessi mio padre, ingegnere, si trasferì in Indonesia con la mamma in quanto aveva trovato là un buon lavoro. L’Indonesia era una colonia olandese. Alla fine del 1941, quando scoppiò la guerra, mia madre, mia sorella ed io rimanemmo a Java. Mio padre fu fatto prigioniero dai giapponesi e mandato a costruire la ferrovia del ponte sul fiume Kwai. Il Kwai è il fiume del sudest asiatico che corre fra Thailandia e Birmania. Ricordate l’epico film sulla follia della guerra e sull’assurdità dell’etica militare che nel 1958 vinse ben 7 premi Oscar?

Fu un periodo molto pesante per noi; per fortuna non lo ricordo a fondo, considerato che all’epoca avevo solo due anni e mezzo. Ma l’ho rivissuto più volte attraverso i racconti dei miei genitori. I giapponesi ci misero in una piccola stanza che dovevamo dividere con altre 20 persone!
Lì rimasi sino ai sei anni d’età. Rammento che ero diventata la custode di 10 fiorini d’argento che mia madre aveva nascosto sotto ad un cuscino… su cui stavo seduta io; fiera di difendere il nostro tesoretto! Mia mamma aveva anche un anello con 7 brillanti che il papà le aveva donato quando ero nata io, dicendole che avrebbe portato fortuna, come la portava in quel momento la nascita della loro bambina.

Un giorno ci fu una razzia nel campo: ricordo ancora mia madre che freneticamente cercava di levarsi quell’anello da cui non si separava mai. Riuscì a nasconderlo in un cestino per cucire pochi attimi prima che cominciasse la razzia e che i giapponesi facessero uscire tutte le donne dalla stanza. Io ero malata per cui rimasi a letto, felice di non essere mandata fuori pure io; ma vedevo dalla finestra le donne che avevano obbligato a rimanere in fila, piegate in due, con lo sguardo rivolto a terra. Era una terribile punizione che a volte durava delle ore. I giapponesi entrarono e misero tutto a soqquadro, rovesciando anche il famoso cestino con dentro il prezioso anello della mamma.

Poi gli olandesi, gli autraliani e gli americani ci liberarono. Nel 1948 tornammo a casa nostra; c’era nel paese una sarta a cui mia madre domandava ogni tanto di farci dei vestitini. Un giorno venne da noi con il suo cestino per cucire. Lo aprì e cominciò a cercare qualcosa per guarnire un abito per me. Mentre srotolava una lunga striscia di pizzo qualcosa cadde per terra….Sentimmo il rumore di un oggetto di metallo e…si trattava proprio dell’anello della mamma! Non sto a descrivervi l’emozione, la gioia, la commozione del momento!

L’amore del papà, racchiuso anche in quel gioiello, era sopravvissuto a tutto: alla crudeltà umana, alle razzie, al tempo. Il destino lo aveva voluto riportare nella nostra famiglia, come segno di quella fortuna che, donandolo, lui aveva sperato non ci abbandonasse mai.”

Maria Cristina Giongo
CHI SONO

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2 Responses to “Raccontami una storia.”

  1. Emanuela scrive:

    che bella storia… sembra una trama di un film…

  2. maria cristina giongo scrive:

    E’vero! La vita a volte è un film!

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