Viaggio in Swaziland

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Le verdi montagne dello Swaziland

Forse perché ci ho vissuto per molti anni, lo Swaziland occupa un posto importante nel mio cuore.
Pochi, in Italia, conoscono il paese e credo che la maggior parte di essi tragga informazioni dagli articoli che appaiono talora sui nostri giornali e che travisano un’antica cerimonia.
Il regno dello Swaziland ha una superficie più o meno uguale a quella del Lazio con una popolazione di poco più di un milione di abitanti (di cui oltre il 70% vive in zone rurali) composta quasi totalmente da una sola etnia: gli Swazi, un popolo di antiche tradizioni guerriere. Essi erano secondi, fino all’avvento del colonialismo, solo agli Zulu (da pronunciare senza accento sull’ultima u).

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La grande diga Maguga

Lo Swaziland si trova incastonato tra Sud Africa e Mozambico ed è prevalentemente montagnoso (con cime oltre i 1800 m) o collinare.

E’ una delle poche monarchie assolute ancora esistenti al mondo e molto potere è in mano anche ai capi tradizionali, diretta emanazione del re, mentre il parlamento ha poche prerogative.
E’ innegabile che il paese abbia bisogno di concrete riforme politiche, sociali ed economiche e che la famiglia reale goda di eccessivi privilegi mentre la popolazione si impoverisce ed è colpita fortemente dall’HIV/AIDS.
Fatti salvi alcuni principi irrinunciabili dei diritti umani, ogni paese ha però il diritto di scegliere la propria via allo sviluppo.
Nel 2014, in una conferenza in Rwanda, leader di paesi africani ed asiatici hanno ribadito che essi devono adottare modelli di democrazia che considerino la propria cultura e storia, piuttosto che applicare quelli imposti o suggeriti dalle potenze nord-occidentali.
Ovviamente l’autodeterminazione non deve essere un alibi per instaurare governi oppressivi (cosa che purtroppo è frequente).
Poiché la società Swazi è fortemente tradizionalista e il re (Ngwenyama, il leone) è al tempo stesso reggente politico e spirituale, ottenere maggior democrazia non sarà semplice.

Alla morte di un re il successore è scelto da un gruppo di “saggi” con un segreto rituale, ma non è mai il primogenito. La madre (Ndlovukazi, l’elefantessa) ha un ruolo che è secondo solo al re.
Il paese, dall’indipendenza ottenuta nel 1968, ha goduto di stabilità e pace al contrario di molti paesi africani e il livello di criminalità è tutt’ora basso.

Vivendoci a lungo si scoprono interessanti aspetti culturali e sociali come ad esempio il diritto di ciascun cittadino ad un pezzo di terra ove vivere con la famiglia.
Gli Swazi, cortesi ed ospitali, amano discutere dei problemi e delle loro soluzioni. Molte volte, per lavoro, ho incontrato le comunità locali con i colleghi della Cooperazione Italiana.
Seduti spesso all’ombra di un albero abbiamo illustrato, assieme ai funzionari governativi, gli interventi finanziati dall’Italia ed ascoltato commenti e suggerimenti. Partecipare alle feste organizzate dalle comunità in occasione dell’inaugurazione di un acquedotto (solo per fare un esempio), è stato emozionante.

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Acquedotto: si discute con la comunità (sinistra); si inaugura (destra)

Cerimonie tradizionali
Vi sono due cerimonie, che si svolgono da tempi lontani, che la popolazione vive come parte della propria identità e in cui i turisti sono accolti con limitazioni: Umhlanga (o Reed Dance) e Incwala.

Umhlanga è la cerimonia nel mirino dei detrattori. Migliaia di ragazze, arrivate da ogni angolo del paese, portano alla Regina Madre le canne palustri (reed) che serviranno a riparare i recinti della residenza reale.
La cerimonia, che ha antiche origini, è nata per promuovere la castità e per manifestare l’unità della nazione.
La sfilata che si tiene l’ultimo giorno della celebrazione è suggestiva: un lungo serpente, formato da decine di migliaia di bambine e giovani che cantano e ballano nel costume tradizionale, si snoda in un campo presso la residenza reale.
Non è, quindi, come riportato spesso dalla nostra stampa, semplicemente una sfilata di candidate tra cui il re sceglie la futura sposa (cosa che comunque è avvenuta).
Riguardo al fatto che le ragazze sfilano praticamente a seno nudo e con un corto gonnellino (è un abbigliamento molto elaborato e colorato) ricordo che è costume tradizionale in molte culture dell’Africa sub-sahariana. Al di fuori delle cerimonie le ragazze vestono “all’occidentale”.

Certamente vi sono abusi, data la connotazione fortemente maschilista delle società africane e non si può escludere che, tra migliaia di ragazze, un certo numero ambisca a sposare il re o un esponente della famiglia reale; ma “sposare l’uomo ricco” è un’aspirazione che esiste anche nel nostro mondo e i concorsi di bellezza sono ancora la norma.
Questo non per difendere lo statu quo, ma per sottolineare che l’Umhlanga è solo una cerimonia e che le problematiche sociali (come ad esempio la poligamia) da risolvere prioritariamente sono molto più profonde, radicate e condizionanti.

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Canti e danze tradizionali all’ Umhlanga (sinistra). Il re con i suoi guerrieri all’Incwala (destra)

L’Incwala, o “rito dei primi frutti” è una antica cerimonia sacra di grande significato spirituale che segna il passaggio dal vecchio al nuovo anno.
Per tradizione il re e il paese sono un’unica entità in un intreccio di misticismo e magia.
Il re entra in autoisolamento più o meno ad ottobre e, in occasione dell’ultimo novilunio dell’anno, ha inizio il rituale che dura circa un mese.
All’interno di una complessa simbologia, migliaia di guerrieri raccolgono rami di Dichrostachys cinerea, una mimosacea simile all’acacia, mentre alcuni sono inviati in Mozambico a raccogliere l’acqua del mare.
Nel privato della capanna reale, sono praticati riti segreti propiziatori, per rafforzare i poteri del re (e quindi della nazione) con canti e litanie.
Durante la cerimonia principale migliaia di guerrieri sfilano in costume tradizionale guidati dal monarca.
Essendo una cerimonia sacra i turisti sono ammessi solo durante la sfilata ma è vietato fotografare, se non all’esterno (con rispetto, ovviamente).

Bellezze naturali
Il paese possiede una ricca biodiversità e bellezze naturali incomparabili. Ne cito solo alcune.

Sibebe Rock è ritenuto il secondo più grande monolito al mondo e si trova poco fuori dalla capitale, Mbabane. Dalla sua cima lo sguardo spazia sulle verdi montagne del nord.
Nel nord–ovest del paese, ove sorgono le più alte cime, vi sono bellissime cascate all’interno di fitte foreste.
In una località chiamata The Gap (l’interruzione) il fiume Komati, il maggiore del paese, scompare sotto le rocce per un centinaio di metri per riemergere in una stretta e profonda gola.
Sempre lungo il Komati si trova “Well of spirits” (il pozzo degli spiriti) una stretta gola in cui il fiume ha scavato la roccia in singolari forme e che ha valore spirituale per i locali.
Nell’area si trovano anche le sorgenti calde di Piggs Peak con acqua che sgorga a più di 50° C. Spesso congregazioni religiose vi svolgono funzioni rituali.

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Il pozzo degli spiriti (sinistra) e l’alta cascata sul fiume Mgubudhla (destra)

Tra i parchi nazionali (non molto grandi ma graziosi) Malolotja, nel nord del paese, mi ha di più colpito. Bellissimi scenari montuosi e possibilità di escursioni a piedi o in mountain bike tra zebre e altri ungulati. Il parco ospita, inoltre, quasi 300 specie di uccelli.
Chi desidera provare forti emozioni può attraversare profondi crepacci appeso ad un cavo d’acciaio.
Da visitare, con cautela, anche alcune gallerie delle miniere d’oro sorte a cavallo tra l’800 ed il ‘900 ed ora abbandonate.
Il parco ha anche formazioni rocciose tra le più antiche al mondo e rocce sedimentarie al cui interno sono state trovate alghe blu-verdi databili a 2-3 miliardi di anni fa.
Al margine sud del parco c’è la Grotta del Leone che è considerata la più antica miniera al mondo; più di 40.000 anni fa i Bushman vi estraevano minerali ad uso cosmetico e decorativo: ematite (per ricavarne pigmento ocra per il corpo e per le pitture rupestri) e specularite (sempre un’ematite) per ricavare brillantini.

Dei 53 siti di pitture eseguite dai Bushman scoperti fino ad ora nel paese, uno solo è aperto al pubblico ed è visitabile esclusivamente con guide locali: Nsangwini. Vale una visita anche per lo splendido scenario sulla gola del fiume Komati.

A Bulembu ex città mineraria nel nord-ovest, è stato aperto da alcuni anni il Museo delle Miniere (cui ho, in piccolo, contribuito).
La strada che da qui porta a Barberton, in Sud Africa, è considerata una delle più spettacolari dell’Africa del sud.
Rafting e paragliding sono altre attività che è possibile effettuare in Swaziland assieme a escursioni in fuoristrada, in quad, a cavallo o a piedi.
Val la pena di visitare il Museo Nazionale a Lobamba, cittadina pochi chilometri a sud della capitale Mbabane.
Nei pressi sorgono due formazioni rocciose di interesse storico.

Una è l’Execution Rock (roccia dell’esecuzione) dalla cui cima venivano gettati, fino a più di un secolo fa, i sospetti di stregoneria, criminali o i nemici del re.
La seconda è Sheba’s Breasts (i seni di Saba, la regina amante di Salomone); si tratta di due vette adiacenti che ricordano il seno femminile. Si narra che Haggard, nello scrivere il famoso romanzo “le Miniere di Re Salomone” alla fine dell’800, si fosse ispirato a quelle due cime per indicare la via alla miniera di diamanti.

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Execution Rock (sinistra) e Sheba’s Breasts (destra)

Per gli amanti del turismo eco-culturale suggerisco un soggiorno al Shewula Mountain Camp ove si può alloggiare e immergersi nella vita della comunità locale.
E’ un progetto eco-sostenibile gestito, assieme ad altre iniziative, dalla comunità.
E’ stato avviato dal COSPE, una Organizzazione Non Governativa italiana, agli inizi degli anni 2000.

Lo Swaziland occupa un posto speciale anche nei ricordi di molti italiani che hanno lavorato nel paese per organizzazioni di cooperazione italiane o internazionali.
Quando ora mi si chiede quale sia la ragione principale della nostalgia che provo nel ripensare ai miei anni in Swaziland, non riesco a trovare che una risposta: mi sono sentito a casa.

Per saperne di più:
1-Bob Forrester: A traveller’s guide to Swaziland, 2009.
2-Swaziland National Trust Commission
3-Shewula Mountain camp

Foto e testo di Mauro Almaviva

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4 Responses to “Viaggio in Swaziland”

  1. Claudia Tagliabue scrive:

    Mauro, leggere i tuoi articoli è sempre un vero piacere !!! Si viaggia con la mente, si sogna e si vorrebbe partire all’istante… Dopo tanti complimenti precedenti, sinceramente non ho più parole, incredibile, ma è così !!! Il POZZO DEGLI SPIRITI mi ha colpita, bellissimo… Che dire, se non grazie ? Continua a stupirci e chissà mai che un giorno vedrò dal vero e toccherò con mano !!! A presto…

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