Immortal. Settimo episodio.

Questo è il penultimo episodio di Immortal, un racconto ideato e scritto da Valentino di Persio, coadiuvato da Marica Caramia. Tre foglietti dai contenuti ermetici, rinvenuti sulla macchina, incuriosiscono e mettono in ansia Francesco. Monica, una giovane amica, corre in suo soccorso mettendolo sulle tracce di una certa Immortalady con la quale Francesco aveva avuto uno scambio poetico online su Il Cofanetto Magico. La storia, a tinte Giallo-Rosa, assume risvolti psicologici di un amore adolescenziale represso. Tra i due imperversa una mistificatrice che, rifacendosi al mito di Lilith, rivendicava il suo diritto ad avere con lui un rapporto paritario o di preminenza, persino durante l’atto carnale. Immortal chiede allora, alla Direttrice del Cofanetto, di comunicare la sua e-mail a Francesco, per stabilire con lui un contatto diretto. Comincia così un assiduo rapporto epistolare in tempo reale che mette in luce le loro anime, i loro sentimenti. Un incontro si profila all’orizzonte…

La traccia etrusca

Erano trascorsi due giorni dall’ultimo scambio di messaggi e da Immortal, che avrebbe dovuto decidere dove e quando vederci, nessuna notizia.
Da parte mia non facevo nulla per sollecitarla a prendere una decisione. Mi rendevo conto che non doveva essere affatto facile per lei affrontare quella situazione. Poteva aver già superato e rimosso il suo tormento psicologico solo all’idea di vedere avverarsi ciò che per lunghissimo tempo aveva considerato utopistico.
Mi sorpresi a pensare che a questo punto, una tale evenienza, non era esattamente quello che in cuor mio desideravo. Le mie speranze non vennero disattese a lungo.
Ero in procinto di spegnare il PC quando apparse il segnale dell’arrivo d’un messaggio. –Immortal!– Pensai subito. Si, era proprio lei! Ancora sveglia all’una di notte, sorrisi all’idea che i nostri pensieri si stessero incrociando in quello stesso momento. Aprii immediatamente il messaggio.

Francesco,
ti ringrazio per assecondarmi in questo tortuoso percorso a ritroso nel tempo nell’affannosa ricerca di me stessa. Questa possibilità, che considero già una certezza, mi riempie di gioia, di speranza ma anche di paure, di dubbi e di forti emozioni difficili da controllare e domare. Io lo so, solo tu potrai frantumare la mia anima ribelle, convincermi che non sei quell’incubo che m’attanaglia la mente, che sei una realtà accessibile. Vorrò arrendermi per una volta ai miei sensi, mettere da parte il mio orgoglio e sussurrarti quelle cinque lettere pesanti come macigni, per poi, finalmente appagata, guarita, sparire per sempre. Era questo il senso del mio primo messaggio, ricordi?

…neve che mi cadi dentro,
sciogliti al calore del mio amore
e fai trascinar via lontano il mio cuore
dalla piena d’un torrente in fuga,
perché non voglio più soffrire…

Mi rendo conto ora che ogni storia cela un’illusione che ci usura l’esistenza nell’attesa della conclusione sperata. Io mi sento fortunata oggi, perché la luce della speranza mi sta guidando verso la meta agognata.
Potremmo incontrarci subito dopo Natale! Per me il 30 dicembre sarebbe l’ideale.

Non esitai a risponderle.
Ok, va bene anche per me, ma dove?
A Tarquinia.
E perché proprio Tarquinia?-.
Perché in quel giorno c’è la rappresentazione del Presepe Vivente.

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Tarquinia, Torrione Matilde di Canossa

Perplesso le chiesi –Dove dovrò cercarti a Tarquinia?
A destra o a sinistra, poco importa! Lo capirai da solo, te lo dirà il tuo cuore. Ti guiderò con la mente!
Senti, lasciamo perdere, sei troppo complicata, tu guardi troppe fictions, questo salto nel buio lo vorrei evitare.
Semmai preferisco libri ai films. Ma non tergiversare ora, a volte è proprio nel buio che troviamo le risposte alle nostre inquietudini! Per me non è un salto nel buio, anzi è fin troppo tutto chiaro!– replicò sicura.
Forse per te, ma non per me! Devi essere meno ermetica, meno misteriosa. Dimmi chi sei e ti giuro che verrò all’appuntamento. Tra l’altro giocare a nascondino o alla caccia al Tesoro è al di fuori della mia portata. Non sono più un ragazzino, lo sai questo, si?
Di te io so tutto, te l’ho dimostrato, dimmi cosa vuoi sapere!
Esitai un po’, poi soggiunsi:
Niente, non dirmi più nulla, nemmeno il tuo nome, cosa importa più ormai! Dimmi solo cosa devo fare.– le chiesi, col cuore in fibrillazione, ormai in preda all’emozione.
Ci sarà tanta gente quel giorno in città. Al Presepe si accede in serata, verso le cinque, da Piazza Matteotti. Segui il percorso tra la folla finché non percepirai al tuo fianco una presenza che ti condurrà fino a me.
Dubbioso e per nulla rassicurato le scrissi titubante –Va bene, verrò!

La chat si riempì improvvisamente di Emoticons: bacini, cuoricini palpitanti e rose vermiglie.

Spensi il PC, mi alzai, le gambe traballavano. Mi sentivo confuso, perso in quella situazione fumosa quasi irreale ma anche turbato come un adolescente al primo approccio amoroso. Il dado era tratto, indietro non potevo ormai più tornare.

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Dipinto di Brian Tull

Era piacevole, rilassante, guidare in quella limpida mattinata d’autunno inoltrato. Il sole emanava un ovattato tepore. L’autostrada Roma-Civitavecchia era quasi deserta e la radio trasmetteva musica senza interruzioni pubblicitarie. Le note di “Arms of a woman” accompagnarono il risveglio, dolce e graduale, della mia compagna di viaggio. Monica era giunta a Roma in treno la sera prima, asseritamente per aiutare un amico nel ripasso generale in vista dell’esame di Storia dell’Arte Moderna all’Università. Si era appisolata quasi subito dopo essere salita in macchina. Stiracchiandosi aprì gli occhi tirando un lungo sospiro seguito da uno fragoroso sbadiglio.
Ehy dormigliona ti hanno fatto fare le ore piccole i tuoi amici stanotte, eh!?– le dissi.
Se se!– rispose –Mi sento ancora distrutta dal viaggio! Sette ore di treno non sono poche! E poi che treno! Antidiluviano, da dimenticare!
Potevi prendere l’aereo, scusa!
Forse sarebbe stato meglio aggrapparmi alle ali di un’aquila in volo.– scherzò.
Prese a parlare in continuazione, rideva allegramente, mi dava improvvisi pizzichi sulla mano che io ritraevo istintivamente.
Mi eviti, eh? Hai paura che se lo viene a sapere la tua Immortal ti da le sculacciatine, vero?– Mi stuzzicava, scherzando.
Ehy, ma che hai? Ti ha pizzicato la tarantola stamattina?
No, no, mi sento eccitata da questo viaggio. Il mistero m’affascina e scoprirli ancora di più e poi sono contenta di stare con te, ti dispiace?– disse.
No, non mi dispiaceva affatto, anzi ero contento per quella inaspettata ventata di freschezza e di spensieratezza che mi aveva portato fuori dai soliti schemi quotidiani. Monica era in gran forma, era dimagrita notevolmente e s’era fatta fare un taglio sbarazzino dei capelli, molto carina, piacevole nella sua contagiosa euforia.
La nostra meta era Tarquinia, una delle più importanti città etrusche che Immortal aveva prescelto come suo luogo prediletto per il nostro bramato incontro. Lo scopo dell’escursione era quello di fare una ricognizione della location dove sarebbe stato organizzato il Presepe Vivente. Monica mi chiese se mi ero fatto un’idea del perché Immortal avesse scelto proprio Tarquinia.

Certo!– le risposi –Secondo me lei vive nell’alto Lazio o conosce molto bene la zona. Sa certamente di potersi confondere tra i tanti personaggi per non essere riconosciuta da nessuno, ammesso che possa imbattersi con qualcuno che la conosca. Non è da escludere che a Tarquinia abbia una complice. Infatti mi ha scritto “percepirai una presenza al tuo fianco che ti condurrà fino a me”.

Monica non sembrava più interessata a ciò che dicevo. Distratta dal segnale d’un messaggino in arrivo, era concentrata a digitare freneticamente sulla tastiera del telefonino.
Ehy, ma mi stai ascoltando oppure sei con la testa altrove?– la rimproverai.
No, tranquillo, é il mio amico che si è appena svegliato. Vuole sapere se tutto Ok.– si giustificò.
Nel frattempo avevo parcheggiato a ridosso delle vecchie mura tarquiniesi sulla circonvallazione.
Lui si preoccupa di me! Mica è come te che mi sopporti a malapena!– disse chiudendo la portiera.
Scesi, le corsi dietro per acchiapparla, mi sfuggì di scatto ridendo.
Beata gioventù! Ma perché m’abbandoni pure tu?– Declamai, con lo sguardo e le braccia protesi verso il cielo.
Se, se!– esclamò –Ci penserà la tua Immortal a farti ringalluzzire, a riaccenderti i bollenti spiriti!– rise divertita.
Beh, io preferirei non invecchiare per niente!– replicai.
Non condivido.– rispose –Penso che in età avanzata si assapori meglio il senso della vita.
Scusa… Ma cosa ne sai tu? Odori ancora di latte materno!– le dissi provocandola.
Divenne seria.
Col passare degli anni le prospettive si accorciano, si dorme meno proprio per godersi più a lungo il passaggio terreno. Molti, invece, rincorrono la morte come il maratoneta il liberatorio traguardo finale.
Monica…– le dissi –E’ la seconda volta che riesci a stupirmi con i tuoi discorsi filosofici. Il primo sull’universo femminile, adesso sulla vita! Mi sorprende questa tua profondità di pensiero, questa tua maturità dialettica. I giovani delle tua età fanno tutt’altri discorsi, sicuramente più frivoli e superficiali.
Ecco questo dimostra che le potenzialità dei giovani vengono sottovalutate dai “matusa”, ovvero da quelli che contano.– replicò sarcastica.
Vabbeh, ma io conto poco, quindi sono dalla tua parte!– le dissi prendendola sottobraccio allegramente.
Facendo la faccia imbronciata e il labbruccio, mi conficcò un sonoro pizzicotto nel fianco destro, esclamando –Poverino lui!
Ridemmo entrambi. Sul suo viso era tornata subito l’allegria. Iniziò a rimuginare nella sua tracolla, ne estrasse una piantina della città.
Seguimi ora! Ti faccio da “Cicerone”!– disse, appoggiando per un attimo la sua testa sulla mia spalla.

Dopo l’archetto, prendemmo per via Roma, direzione Piazza Cavour. Il panorama si stagliava all’orizzonte verso l’azzurro mare. Sulla destra, lontana, l’Isola del Giglio appariva bella e dormiente, accarezzata ai sinuosi fianchi dalle onde dolcemente. Risalimmo Corso Vittorio Emanuele fino a Piazza Matteotti. Uno squillo e Monica si arrestò alla ricerca del telefonino nella borsetta. Non volendo apparire indiscreto, continuai a camminare verso la fontana con al centro un magnifico obelisco sormontato da una croce.
Ci inoltrammo in un dedalo di stradine del Centro Storico, nei quartieri San Giacomo e San Martino teatro del Presepe Vivente. In Piazza Verdi e in Piazza della Tribuna erano già state accatastate alcune balle di paglia e stigliature varie. Monica andò a chiedere ad un negoziante dove poter placare la sua crescente fame. Il tempo era volato, erano quasi le quattordici.
Il Girarrosto!– mi disse euforica, uscendo dal negozio –Non è lontano, è dall’altra parte del Corso, dopo la Chiesa.

Era una piccola rosticceria con possibilità di consumare seduti nei pochi tavoli disponibili. Una ragazza ci accolse gentilmente, facendoci accomodare a un tavolinetto adiacente alla cucina. Uscì subito l’Oste per consigliarci le specialità del giorno. Monica disse che avrebbe divorato qualsiasi cosa, affamata com’era. Ci suggerì un misto di tutte le libagioni.

Nell’attesa Monica, prese a parlare dell’importanza archeologica della regione, sfoderando perle di cultura dall’alto della sua formazione artistica. Ad un tratto disse:
Devi sapere caro Francesco, che secondo lo storico greco Teopompo, le donne etrusche erano, rispetto alle greche ed alle romane, molto più emancipate: si dedicavano alla cura del corpo, indossavano abiti lussuosi, gioielli, amavano le acconciature e il trucco vistoso. Ma quello che stupiva i contemporanei, era la loro assoluta libertà…

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Donne con tabula scriptoria.

Interessante!– esclamai,
Aspetta, c’è dell’altro, molto più interessante! Per esempio loro, le Etrusche, partecipavano ai banchetti insieme agli uomini. Cosa strana a quei tempi, perché altrove solo le danzatrici e le prostitute ne erano ammesse, per divertire e sollazzare i commensali.
Come si chiamava quel tizio… lo storico?– chiesi.
Teopompo!– rispose ridendo.
Ambeh! Se lo diceva lui, con quel nome che si ritrova, sarà sicuramente vero!– risi a mia volta.
Continua!– la esortai.
Le Tirrene, come le chiamavano i greci, avevano parità di diritti anche in fatto di costumi. Le mogli erano libere di bere, di mostrare la nudità del loro corpo e di accoppiarsi con altri maschi. Erano “donne moderne” che partecipavano attivamente anche a pratiche erotico-sessuali particolari. Insomma, a quanto sembra, il BDSM l’avevano già inventato e messo in pratica loro per prime.
Monica non finisci di sorprendermi oggi! Il BD… cosa?– chiesi, strabuzzando gli occhi.
Ahahah… Il BDSM!– replicò arrossendo- E’ un moderno acronimo per indicare particolari pratiche sessuali come: Bondage, Dominazione, Sodomismo, Masochismo… e altre varianti sul tema.
Mah!– esclamai, guardando verso le tre signore rotondotte sedute vicino alla vetrata –Provo difficoltà ad immaginare che quelle possano avere altre fantasie al di fuori d’un bel piatto di spaghetti.
Non si sa mai!– insinuò. –Voglio solo dire che la donna etrusca la sapeva lunga in fatto di sesso, quindi, fossi in te starei molto attento! Chissà che la tua misteriosa spasimante, magari la Immortal/Lilith, quella famelica ed inappagata, non ti riservi qualche sorpresa!
Monica!– esclamai. –Sei venuta a Roma per terrorizzarmi, per castrarmi psicologicamente, vero? Dai dimmi la verità!

Scoppiò in una risata fragorosa tanto che le tre buongustaie si girarono a guardarci all’unisono, le bocche avide cosparse di sugo e scampetti grondandi tra le dita.
Non resistetti oltre, scoppiai a ridere anch’io, chiedendo loro scusa.
Si scambiarono uno sguardo con aria di sufficienza come per dire: –Questi due so’ matti!– e continuarono imperterrite la loro orgia culinaria.

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Dipinto di Mark Spain, particolare

Una donna sui 35 anni fece capolino dalla porta. Dette un’occhiata all’interno abbassando gli occhiali scuri per un attimo sul naso ed entrò impacciata. Indossava cappellino chiaro, jeans attillati, stivaletti in pelle nera, tacco 10. Parlava con l’addetta e lanciava insistenti sbirciate dalla mia parte. Monica, indifferente, continuava a mangiare. Sentendomi osservato, ricambiai con un leggero sorriso. Un calcio improvviso mi raggiunse sotto il tavolo.
Ahi, ma che ti prende?– mi lamentai, toccandomi la parte dolorante.
Restò in silenzio. Non appena la bellona se ne fu andata, m’apostrofò:
Non è educato fare il cascamorto con un’altra donna quando si é già con una!
Ma dai, le ho sorriso per metterla in imbarazzo e farla smettere di guardare!
Se, se! Ora non potrai più bere dal bicchiere col naso allungato!– scherzò.

Le tre ingorde non si curavano più di noi e nel frattempo erano partite all’attacco d’un enorme vassoio di misto mare alla griglia.

Entrammo in macchina all’imbrunire. Monica, visibilmente stanca, allacciata la cintura, ricercò la posizione più comoda tirandosi sopra un maglioncino lasciato nel sedile posteriore. Posizionai il termostato sui 24 gradi, partii. Alla fine dei tornanti, lei dormiva già profondamente. Il silenzio avvolse l’abitacolo. Non osai nemmeno accendere la radio. Giunti sotto casa del suo amico, scesi ad aprirle la portiera. Mi abbracciò forte.
Grazie…– disse –Per questa bella giornata emozionante, intensa, viva. Non la dimenticherò mai.
Monica sarebbe ripartita il dopodomani. Ritornando verso casa mi assalì la tristezza. Anche per me, quella che stava per finire, era stata una giornata particolare, da ricordare.

Valentino Di Persio e Marica Caramia

Segue il prossimo mese l’ultimo episodio.
Proibita la riproduzione del testo.

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Valentino Di Persio, un abruzzese di Brittoli (PE), trapiantato a Roma, ha conseguito una formazione linguistico-sociologica. Ha pubblicato due raccolte di poesie presso la Casa Editrice “Pagine”, nella collana “Poeti Contemporanei” n.63 e nella collana “I poeti contemporanei – 7 autori” n.35. Nelle sue composizioni la donna assume un ruolo preminente, quasi celestiale, capace di ispirare alti sentimenti e provocare forti emozioni.

Marica (Maria Domenica) Caramia, é una giovane donna, dono prezioso della terra di Puglia, che incarna, a pieno titolo, la voglia di riscatto della nuova generazione da un torpore latente, dall’insicurezza dei tempi, dalle incertezze del presente. Marica ha scelto l’arte, la pittura, la poesia, come forma espressiva per l’approccio alla vita. Nelle sue opere l’amore assume sempre un ruolo intenso, vibrante, predominante. Ha collaborato alla stesura del testo e della sceneggiatura della Commedia Musicale “Gelbe Lügen”.

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7 Responses to “Immortal. Settimo episodio.”

  1. ChryBiancoscudato scrive:

    Bravissimi !!!!! Mi costringete a essere ripetitivo :p Ma è inevitabile farvi i complimenti…;) Questo episodio mi è piaciuto tantissimo….le battute sarcastiche e dissacranti…quell’ironia pungente…e la descrittiva scena delle ” bongustaie” con la bocca e le mani unte, mi ha fatto morire dal ridere hhahahaah ! Monica mi piace sempre di piu’…lasciatemelo dire….mi colpì sin dal primo episodio e mano a mano è diventata la mia preferita in assoluto 😉 Siete Grandi Marica e Valentino…vi abbraccio forte…e un bacino alla dolce Maricuzza :*

  2. romina scrive:

    Il sette è il mio numero preferito, evidentemente il settimo di Immortal non poteva che essere
    frizzante e… fortunato visto i commenti. Il finale e la parte sempre più attesa …un pò mi dispiacerà non leggere più i tormenti di Francesco che come un topolino nelle grinfie di una gattona agonizza….Hi! Hi! Complimenti all’ideatore e alla collaboratrice. Un abbraccio

  3. Nenè scrive:

    hai capito le etrusche? 😀 😉 Grazie Ragazzi bel episodio, come sempre .. solo una cosa non mi torna, sbaglio o c’è una forte tristezza quando Monica e Francesco si separano al ritorno a casa? e poi mi sono fatta “un film” o in più di un episodio Monica ha mostrato gelosia verso il rapporto tra Francesco e Immortal, che ci sia più di un amicizia tra i due? chissà se nel prossimo episodio queste mie perplessità troveranno risposta 😉

    • Valentino scrive:

      E si, cara Nenè, le Tirrene, come le chiamavano i greci, sapevano bene come vivere le gioie dell’ amore. Riguardo alle tue allusioni circa i sentimenti di Monica per Francesco, non mi pronuncio, anche se mi sembra assolutamente normale che lei, essendo laureanda in Beni Culturali, sia attratta da quel pezzo d’ antiquariato di Francesco. Credo che le tue aspettative rimarranno disattese…… ma , chissà ! Non si può mai dire. Voi donne avete il sesto senso molto , ma molto sviluppato. Grazie del commento intrigante.

  4. Angela Marcella scrive:

    Per Teopompo (lingua maldicente del mondo greco)le donne etrusche erano un chiaro esempio di depravazione morale, Plauto affermava che le stesse si prostituivano per procurarsi la dote, insomma sin dall’antichità il ruolo della donna avvilito,meno male che esiste il “Vale” cultore del mondo muliebre ….. assai assai e possiamo ritenerci sollevate!
    N.b. Monica non ha attrazione per Francesco leggendo oltre le righe.. Immortal la donna del mistero legge i nostri commenti e se la ride bonariamente pensando a quante illazioni ognuno di noi lettori ha generato! Zumpapa’…
    Bravi Marica e Valentino.

  5. Valentino scrive:

    Buongiorno Angela. E si, mi son preso una grande responsabilità, quella di difendere ad oltranza voi meravigliose creature che impregnate l’ universo di quel fluido magico ch’ emana vita. E che te lo dico a fa’! Mi costate fatica e pure interminabili ore d’ insonnia. Credo però che, tutto sommato, ne valga la pena. Immortal se la ridesse pure alle mie/nostre spalle ma sono certo che anche lei qualche goccetta di Valium – o equivalente – se la prenda prima di coricarsi. Se non il prossimo, nell’episodio finale di febbraio, la metterò con le spalle al muro ( ammesso che non mi metta prima sotto lei). Comunque , Teopompo è un simpaticone, non aveva peli sulla lingua. Grazie del commento.

  6. Valentino scrive:

    …… mentre Plauto era certamente un delatore !

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