Duwisib, un castello medievale in una landa desolata della Namibia

Foto M.Almaviva

Trovarsi di fronte ad un castello medievale in una landa desolata dell’Africa, è un avvenimento insolito anche per viaggiatori come me, usi a tutte le sorprese.
Il castello si trova in una zona semiarida e collinosa del sud della Namibia 70 km a sud-ovest della cittadina di Maltahohe.
La storia del castello e di chi lo fece costruire e lo abitò, è avvincente e vale la pena di raccontarla.

Foto M.Almaviva. Splendide Jacarande in fiore

Il barone Von Wolf

Hansheinrich Von Wolf fu un ufficiale tedesco di nobile famiglia che si offrì volontario nel 1904 per combattere le ribellioni dei nativi nell’allora Africa Sud-Occidentale Tedesca (attuale Namibia).
Nel 1906, convalescente da ferite di guerra, ritornò in Germania ove sposò la ricca figliastra del console americano in Dresda: Jayta Humphreys.
Ritornato con la moglie in Namibia acquistò un vasto appezzamento di terreno e iniziò la costruzione della sua dimora. Fu forse per la posizione isolata, o per la paura di altre rivolte dei nativi, o per semplice piacere estetico, che Von Wolf volle costruire un piccolo castello in stile neo-romanico.
Le pietre furono ricavate dalle rocce circostanti e per questo sono rossastre, ma cemento, materiale da costruzione, mobili e suppellettili furono fatti arrivare in nave dalla Germania.

Foto M.Almaviva. La sala Biedermeier e la sala da pranzo

Il castello fu completato nel 1909. Nelle vicinanze furono costruiti scuderie, maneggio e confortevoli alloggi per il personale.
Come possidente terriero nelle colonie, Von Wolf poté fregiarsi del titolo di barone e condusse una vita agiata allevando di cavalli di razza, bovini, ovini e altri animali.
La coppia fu al centro della vita mondana in seno alla comunità di espatriati della zona.

Foto M.Almaviva . La stanza da letto

Un ingiusto destino

La vita del barone prese la strada di un tragico destino nel 1914.
Egli e la moglie erano in viaggio per la Germania quando la Gran Bretagna dichiarò guerra all’Impero Austro-Ungarico.
La nave su cui erano imbarcati, per paura di essere catturata dalle navi inglesi deviò la rotta verso il Brasile (paese neutrale) approdando a Rio de Janeiro. La nave fu confiscata e i passeggeri tedeschi internati, ma il barone fu lasciato libero di recarsi negli Stati Uniti grazie alla cittadinanza americana della moglie e ai buoni uffici del suo patrigno.
In America, però, l’irrequieto barone s’imbarcò, con la moglie, su un piroscafo olandese diretto a Rotterdam. Da qui Hansheinrich pensava di raggiungere la Germania.
Finse il suo sbarco in Spagna e si nascose sotto il letto della cabina ove riceveva di nascosto e in assoluto silenzio, cibo dalla moglie.
Il viaggio, già nato male, sembrava destinato a una fine ingloriosa quando il piroscafo fu fermato dalla Marina Inglese e dirottato su Southampton ove rimase per 14 giorni sottoposto a continue perquisizioni alla ricerca di passeggeri tedeschi (due ne furono scoperti).
Von Wolf stava sempre sotto il letto a cibarsi degli avanzi della moglie, la quale recitava bene varie parti: da finta malata a dama in “déshabillé” che accoglieva, con finta sorpresa e indignazione, gli ufficiali inglesi che cercavano di perquisire la sua cabina. Certamente essere figlia di ambasciatore aiutò molto.
Quando finalmente il piroscafo arrivò a Rotterdam, Von Wolf e la moglie riuscirono a raggiungere Dresda ove egli si riarruolò nell’esercito tedesco.

Tragico epilogo

A questo punto, dopo tante peripezie ci si aspetterebbe un lieto fine: congedato al termine della guerra (magari decorato) e ritorno al maniero e alla vita da ricco possidente. Invece la sorte si accanì ulteriormente contro di lui. Fu ferito alle gambe e, dopo la convalescenza, rispedito al fronte.
Qui, il 4 dicembre 1916, durante una ritirata disordinata e impedito dal correre a causa delle vecchie ferite (poteva solo zoppicare lentamente), fu colpito dalle schegge di una bomba e morì.
Fu assistito, nell’agonia, da un ufficiale nemico, un francese, che ricevette da Von Wolf due lettere per la madre e la moglie.
In queste lettere, recapitate circa un anno dopo la sua morte, egli dubitava di sopravvivere alla guerra.
Per completare la tragedia, anche l’ufficiale francese morì in battaglia dopo alcune settimane.
Jayta non tornò più a Duwisib, si risposò e morì negli anni ’60 negli Stati Uniti.

Chi era in realtà Von Wolf?

La vita di Von Wolf è stata oggetto, dopo la sua morte, di speculazioni, pettegolezzi e denigrazioni.
Uno scrittore inglese soprattutto sembrava accanirsi contro di lui. Con il frequente atteggiamento antitedesco degli anglosassoni, ne diede un’immagine negativa di ubriacone e parassita dei quattrini della ricca moglie.
Un’immagine più veritiera emerge, però, dalle testimonianze di chi visse o combatté con lui, oppure lavorò alle sue dipendenze.
Un uomo alto, di bell’aspetto, di forte personalità, brillante, generoso, umano con i dipendenti nativi (raro in un colonialista), amante dell’avventura. Forse un po’ troppo ambizioso.
Avrebbe potuto godere gli agi di una vita militare e da nobile in patria, ma sarebbe stata noiosa, conformista e limitata. Egli invece provava un’irresistibile attrazione per l’Africa sud-occidentale (e come dargli torto!).
Come citato da H. N. Nestroy nel suo libro «Duwisib, un castello tedesco in Namibia».
“… fu veramente un peccato che la morte da soldato lo abbia derubato della possibilità di trasformare i suoi sogni in piani e poi realizzarli….” E ancora: “….per il visitatore il castello sarà un invito a fantasticare sulle aspirazioni alla base dei suoi (Von Wolf N.d.R) sogni…”

Foto M.Almaviva. Il camino nella sala da pranzo

La vedova, quando richiesta di commentare i suoi anni a Duwisib, sempre rispondeva: “Ah! Sai, quello fu realmente un esperimento molto interessante!

Duwisib ora

Non avendo, Hansheinrich e Jayta, avuto figli, il castello, passato sotto vari proprietari, è ora monumento nazionale e può essere visitato. Nella Farm Duwisib attigua (che contiene il resto delle antiche costruzioni), è possibile pernottare sia in chalet sia in campeggio. E’ gestita da una famiglia di origine tedesca che offre colazione e, a richiesta, anche una squisita cena locale.
La Farm era divenuta tappa obbligata durante i viaggi con mia moglie.
Ci affascinava l’insieme di storia e natura; ma non mi dilungo in spiegazioni che rischierebbero di finire in retorica e luoghi comuni: provare per credere.
E poi c’era l’amico struzzo che si esibiva in una coreografia che ci ricordava la Disneyana “Danza delle ore” di Ponchielli del film Fantasia.

Per saperne di più:
-H.N. Nestroy: Duwisib, a German castle in Namibia, 2002
-Farm Duwisib, informazioni e album fotografico: www.farmduwisib.com

Mauro Almaviva
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7 Responses to “Duwisib, un castello medievale in una landa desolata della Namibia”

  1. Valentino scrive:

    Il mal d’ Africa che lascia i suoi segni indelebili e tangibili. Una bella storia intrisa di tutto, amore, odio, speranza, sofferenza e anche di incommensurabile tristezza. Grazie Mauro.

    • Mauro scrive:

      Valentino,
      grazie del commento. E’ vero, la visita al castello, conoscendo la storia, lascia un velo di tristezza. Anche se non si deve scordare che si era in pieno colonialismo, un po’ di simpatia va al barone.

  2. Maria Cristina Giongo scrive:

    In effetti un bel commento, Valentino!
    Le storie di Mauro sono interessanti e curiose, compresa quella degli uccellini che organizzano i loro i nidi come veri e propri, grandi codomini. Io, poi, che adoro gli animali, andrei in Africa solo per vederli. Ma l’ Africa non è solo questo, vero Mauro? Ci sono anche sofferenza, come scrive Vale, fame e miseria.

  3. Mauro scrive:

    Cristina,
    so che sei una persona d’animo sensibile. Fame, miseria, ingiustizie ci sono in Africa come in quasi tutto il mondo. Ci ho convissuto, per lavoro, ci ho sofferto, ma non mi ci sono mai abituato altrimenti sarei divenuto cinico. D’altra parte non sono d’accordo nell’enfatizzare tali problemi in senso pietistico (che è un sentimento “dall’alto in basso”): pietà e carità, per me, non sono sinonimo di solidarietà.
    Racconti di viaggiatori su fame e miseria ce ne sono tanti; io vorrei, invece, narrare, episodi, posti, curiosità. Un po’ di svago con la consapevolezza che noi dobbiamo ritenerci fortunati rispetto ad altre, numerose, realtà

  4. Maria Cristina Giongo scrive:

    Caro Mauro,

    sì, tu che mi conosci da una vita sai che sono molto, anzi, TROPPO sensibile.

    Ma hai ragione (e ne avevamo parlato) per quanto riguarda i tuoi articoli e la “strumentalizzazione del dolore” ( anche se spesso è solo e pura sensibilizzazione). Rispetto la tua idea e continua a mandarci storie interessanti. Un abbraccio,

    Cris

  5. Claudia Tagliabue scrive:

    Innanzitutto grazie Mauro, ogni tuo racconto ci trasporta in loco e riesce a farci vivere le vicende che narri. Già, il mal d’Africa, che ti assale, ti conquista, nonostante tutto!!! Una storia interessante, un “romanzo” di vita vissuta, all’interno della quale, si vivono diversi sentimenti….. Fotografie bellissime ritraggono una dimora incantevole…. Vien voglia di partire subito per la Namibia…. Essendo persona sensibile, provo simpatia per il barone e consorte, se ne evince un grande amore…… La politica è un’altra cosa, altro contesto, altro racconto…… Complimenti Mauro, aspetto con ansia un tuo nuovo scritto…… A presto…

  6. Mauro scrive:

    Grazie a te di leggermi, Claudia e delle tue parole.
    Visti i tutti i commenti ricevuti e i “mi piace” spero di non montarmi la testa! :-)
    Ho già spedito a Cristina altri due racconti, ancora su curiosità africane incredibili. Tutto rigorosamente verificato di persona!

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