Andrea Padovani, intervista

Andrea Padovani

“Quando lavoro, dipingo. Quando dipingo, sogno”.

E’ così che Andrea Padovani descrive la sua vita, una sintesi tra materia e idea, tra osservazione e creazione, tra realtà e metafora. Un mondo fragile, quello dell’arte e quello del sogno, in cui entrare in punta di piedi, in silenzio, senza chiedere troppo: con la possibilità di uscirne portandosi via molto. Certo la vita, ed in special modo l’arte, non dà niente per niente; ci vuole tenacia, fatica, dedizione, “Lavoro molto – dice Andrea – Molte volte mi chiedo perché. Perché? Perché  sto costruendo una scala. Una scala verso il cielo, una scala per i miei sogni”. 
E per quelli di tutti noi.

Andrea  Padovani  è nato  a Verona nel 1961 ed ha  compiuto i suoi studi in Scienze Politiche presso l’Università di Bologna. Ad un certo punto della sua vita ha deciso di seguire la sua vocazione artistica ed ha iniziato a dipingere. 
Nel 1990 comincia ad esporre con successo in varie mostra in Europa, in Canada e negli Stati Uniti. 
Attualmente vive in British Columbia (Canada).

Cominciamo da una precisazione: artista si nasce o si diventa?

Artisti si nasce e si diventa, nella misura in cui si è capaci di ascoltarsi dentro

Come hai scoperto la tua vocazione per l’arte, c’è stata un’illuminazione su una tua personale via di Damasco?

Sulla via di Damasco osservavo qualche pittore che dipingeva all’aperto con serenità e fare sapiente. Poi in città c’erano i lavori di un eccitato, stravagante, passionario: il suo nome era Vincent Van Gogh.

Lungo tutte le fasi del tuo percorso pittorico un punto fermo è rappresentato dalla scelta del figurativo (inteso come riconoscibilità della forma): oggi, con il dilagare della fotografia ‘d’arte’ e con l’imperversare dell’astrattismo-concettuale( l’una figurativa che di più non si può, l’altro in totale negazione della figuratività), tu come ti collochi?

Mi colloco sulla cresta di un’onda che mi permette di dipingere, sognare e lasciare andare. Ho la pretesa di guardare dentro la luce e vederla coprire le superfici, scomponendosi. Con grandissimo rispetto cerco di continuare il geniale lavoro di Pierre Bonnard.

Descrivi la fase preparatoria del tuo dipingere come l’allestimento di un vero e proprio set (fotografico o cinematografico) nel quale l’artista-demiurgo ha poteri magici: c’è forse un inconfessato sogno nel cassetto? Che cosa avresti voluto essere in alternativa al pittore che sei?

Da 18 anni sono pittore e basta, ma ci sono arrivato con coraggio ed incoscienza. Ho abbandonato la mia laurea , la mia carriera in azienda , i soldi certi. Direi che questo era proprio ciò che non ero.

Oggi viaggio a senso unico, nei vari sentieri dell’arte. Sono padre padrone di soggetti, ambientazioni, composizioni: a volte devo affrontare ribellioni ma sono sempre pronto a tagliare una tela.

Quanto è presente( se è presente), nella tua pittura, il risvolto autobiografico? C’è un filo conduttore nel ciclo delle tue opere o sono piuttosto un racconto per frammenti che ognuno può leggere a suo modo?

C’è sempre un risvolto autobiografico; c’è la rappresentazione dell’essenzialità, della bellezza incognita e del silenzio. Non ho l’abitudine di lavorare per cicli, serie, capitoli, piuttosto lascio alla mia curiosità creativa di avere il sopravvento; il vedere un’emozione, un sentimento prendere forma ed essere sottratto all’oblio.

Roland Barthes diceva che “appena una forma viene vista è necessario che assomigli a una cosa: l’umanità sembra condannata all’analogia”: è ciò che mi accade guardando i tuoi interni prospetticamente distorti alla Van Gogh, l’inquieto gioco d’ombre di  un Lucian Freud, il grafismo di un Bernard Buffet, il senso del colore marcatamente fauve; la tecnica pittorica duttile che spazia, a seconda delle intenzioni espressive, dal pointillisme all’impressionismo….. citazioni, allusioni, ricordi, un background culturale puntato sul ‘900 europeo. Sei d’accordo?

Sì, sono concettualmente d’accordo perché ho la presunzione di dire che ci sono modelli che sono già stati scoperti, che sono diventati dei mantra, delle formule e come tali vanno rispettati. Il pensare sempre di poter andare oltre non tiene conto che il sole arriva a sciogliere le ali di cera.

Chi butteresti giù dalla torre, Picasso, Kandinskij, Dalì, Mirò?

Sicuramente Dali e ci metterei anche Picasso, ma sarei sicuro che tirerebbe fuori da qualche parte un paracadute.

Ti definiresti un pittore espressionista, un pittore figurativo, un pittore intimista o non ti definiresti proprio?

Mi definirei un cavaliere rispettoso e fiducioso delle mete scelte dal mio cavallo.

La tua mostra di New York promette di essere un interessante back-stage di “cosa realmente sta avvenendo nello studio” quando lavori. Non hai segreti che vorresti tenere per te? O vuoi in questo modo sollecitare l’osservatore a partecipare al tuo lavoro?

Certo, ogni mostra è un momento di grande apertura allo spettatore e del resto c’è bisogno dei feed-back del pubblico, diversamente si porta la formula dell’IO MI CAPISCO a letali ed arroganti conseguenze.

Metti in ordine di importanza decrescente, ai fini del tuo successo personale, le parole professionalità, abilità tecnica, fortuna, talento, altro.

La fortuna non esiste. Professionalità, abilità e talento sono un tutt’uno imprescindibile e necessario.

Si dice che, alla domanda di Allen Ginsberg “Che cos’è l’Arte?” William Burroughs rispondesse: “Una parola di tre lettere” (quattro in Italia!). Cos’è per te l’arte, in un massimo di dieci parole?

Arte è l’espressione unica ed originale di vedere l’universo.

Ed ora, per conoscerti meglio, un po’ di frivolezze:

Mare o montagna? Musica classica o jazz? Un cane o un gatto (se ce l’hai)? Un buon libro da leggere o un bel film da vedere?

Dove vivo la montagna e il mare sono una sola cosa. Mozart su tutti. Brioche, la mia golden retriever. Siddharta un vero crossover per tutte le religioni

La città in cui sei nato, quella in cui vivi, quella in cui vorresti vivere.

Verona , Vancouver BC, Stoccolma.

Non c’è niente di meglio di …. e niente di peggio di …….

Il meglio è una stufa a legna, il peggio è la falsità.

L’umiltà è un difetto o un pregio? E la superbia?

L’umiltà è un grande pregio , la superbia è una forma di cecità.

Ed infine, poiché io non ti avrò senz’altro chiesto qualcosa che tu volevi senz’altro dire, fatti una domanda e datti una risposta.

Ti senti più Canadese o Italiano: sono Canadese quando vivo la perfezione della natura, sono Italiano quando devo decodificare la bellezza.

Grazie ad Andrea Padovani!

Per soddisfare tutte le altre curiosità su Andrea Padovani, visitate il suo sito http://andreapadovani.com/

La possima personale di Andrea Padovani:

Titolo: Casting

Dove: New York (USA), Broadway Gallery

Quando: dal 1 al 15 Febbraio 2010.

Le immagini della mostra

Vilma Torselli

info@artonweb.it

CHI SONO

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4 Responses to “Andrea Padovani, intervista”

  1. Marni scrive:

    Un artista affascinante… bellissima la definizione di arte: espressione unica ed originale di vedere l’universo…. grazie che ci fai conoscere aspetti nuovi e diversi di ogni artista.. ho letto di un fiato l’intervista e mi sono anche divertita a leggere le frivolezze :-)
    anche l a frase : Mi definirei un cavaliere rispettoso e fiducioso delle mete scelte dal mio cavallo. ..mi ha colpita molto…abbiamo tutti bisogno di un buon cavallo e di imparare a cavalcarlo bene con fiducia :-) grazie vilma

  2. Vilma scrive:

    Sì, Marni, anch’io ho trovato molto poetiche le sue risposte.

  3. cristina scrive:

    Anche a me è piaciuta molto. E se notate bene, gli artisti rispondono sempre in modo diverso, personale…creativo! Insomma, sanno anche “creare”con le parole!

    Vilma fa domande originali, che non sono scontate o noiose.

    Altrimenti a metà intervista uno potrebbe anche addormentarsi, annoiarsi e non continuare a leggerla sino in fondo.

    Infine mi piacciono molto le atmosfere e i colori di questi quadri.

    Il prossimo mese ci sarà un pittore molto diverso, tormentato, in grado di stupirvi di nuovo con la sua arte materiale e mentale.
    L’arte è un arricchimento continuo! Grazie, Vilma!

  4. fatone rosanna scrive:

    ogni sua opera e una maggia che ti avvolge.

    i sui colori un invito a entrare nel soggetto

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