Intervista all’ astronauta ESA Luca Parmitano: nello spazio sono felice! In caso di pericolo accendere una luce per controllare la paura . Tramutare i sogni in progetti.

Quando hai la fortuna di intervistare degli uomini speciali ti rendi conto di come anche la tua professione sia speciale; infatti entri in contatto con persone ed argomenti che ti arricchiscono sempre di più. Oltre alla possibilità di comunicare le tue esperienze e dividere le conoscenze acquisite con tanta altra gente. Oggi vi parlo di Luca Parmitano, nato a Paternò (Catania), il 27 settembre 1976, astronauta ESA e pilota dell’aeronautica militare con il grado di maggiore. E’ sposato ed ha due figlie.

L’astronauta ESA Luca Parmitano, 37 anni.

In passato Luca Parmitano è stato insignito della Medaglia d’Argento al Valore Aeronautico.

Il giorno 11 maggio 2005, durante l’effettuazione del corso di Tactical Leardership Program, il suo velivolo AMX urtò contro un volatile di grosse dimensioni sul Canale della Manica. Tale impatto, avvenuto sul blindovetro, provocò la distruzione del primo strato dello stesso, il parziale distacco del montante sinistro e l’esplosione dell’Head-Up display. Tuttavia le condizioni di scarsissima visibilità esterna , la quasi totale avaria della radio in ricezione, le precarie condizioni di aeronavigazione, non gli impedirono di mantenere nervi saldi e sangue freddo; e di compiere un’ atterraggio in condizioni quasi proibitive sulla base designata. La sua azione ottenne il plauso di tutto il contingente e dello staff. Inoltre diede lustro ed onore, dato il contesto internazionale, al reparto, all’Arma Azzurra ed alla stessa nazione italiana.

Il 9 luglio 2013…. un’altra data indimenticabile! Luca Parmitano è stato il primo italiano a compiere una passeggiata spaziale all’esterno della stazione internazionale (ISS), che si trova a 400 km di altezza e si muove ad una velocità di 28 mila km/h. Ha lavorato 6 ore all’esterno della stazione compiendo lavori di manutenzione e foto di studio, spostandosi dentro una tuta che pesava 100 chili. L’astronave era partita dal cosmodromo russo di Baikonur. La missione, a cui è stato dato il nome di Volare, si è conclusa dopo 166 giorni con l’atterraggio in Kazakistan, l’11 novembre dello stesso anno. Con Luca Parmitano (ESA) c’erano Fyodor Yurchikhin (RKA) e Karen Nyberg (NASA).

Facciamo un passo indietro: ricordate la famosa frase “Okay, Houston, we have a problem”, Ok, Houston, abbiamo un problema? Parole memorabili giunte dall’APOLLO 13 dopo 55 ore di volo durante la sfortunata missione lunare nell’aprile 1970, che segnarono l’inizio di un incubo. Prima ebbero un problema con la pressione del sistema di collegamento dovuto alla bassa pressione in uno dei serbatoi di idrogeno, poi, dopo 16 secondi la navicella spaziale venne scossa da un terremoto per un’esplosione. Di conseguenza l’equipaggio fu costretto ad annullare l’allunaggio e a trasferirsi sulla navicella “Aquarius”, utilizzandola per il ritorno sulla Terra anzichè per lo scopo a cui era destinata (cioè l’atterraggio sulla Luna). Il ritorno, durato quattro giorni, fu freddo, scomodo e teso. Ma la missione Apollo 13 è servita per dimostrare la capacità di affrontare situazioni di crisi imprevedibili, portando in salvo tutto l’equipaggio.

L’ equipaggio dell’ Apollo 13: Fred Haise, Jim Lovell and Ken Mattingly

Purtroppo non a tutti è andata così bene: l’esplorazione spaziale ha causato sino ad ora 14 vittime fra astronauti e cosmonauti. Per esempio la missione dell’APOLLO 1 del 27 gennaio 1967 si trasformò in un disastro mortale ancor prima di cominciare, a causa del fuoco nella cabina parcheggiata sulla piattaforma, in cima al missile Saturn IB. In pochi minuti morirono carbonizzati il comandante Grissom, il comandante pilota Edward White e il secondo pilota Roger Chaffee. In questo caso le loro ultime parole d’allarme furono: “fuoco a bordo”! Eppure si trattava solo di un test di routine! Grissom aveva già rischiato la vita precedentemente, durante un “salto suborbitale” di 15 minuti, nel 1961. Il portello della sua capsula, la Liberty Bell 7, ammarata nell’Atlantico, si era aperto prima del previsto, imbarcando acqua e lui aveva rischiato di annegare. La vita gli aveva concesso una possibilità di continuare la sua esistenza, ma la seconda volta….se la riprese!

I tre astronauti dell’ Apollo 1, il comandante Grissom, il comandante pilota White, e il secondo pilota Chaffee, periti nell’incidente.

Non a caso ho parlato di questa vicenda in quanto l’astronauta ESA (Agenzia Spaziale Europea) Luca Parmitano ha rischiato, durante l’ultima sua missione, di “annegare…nello spazio”. Anche per lui si è trattato quindi di un secondo evento che poteva finire male. Invece ancora una volta la fortuna e soprattutto i nervi saldi lo hanno aiutato. Ma che cosa è successo? E’ accaduto che dopo 90 minuti della sua seconda passeggiata spaziale (il 16 luglio 2013), il suo scafandro pressurizzato ha cominciato a riempirsi d’acqua, a causa di una perdita del sacchetto dell’acqua da bere inserito nella tuta. E’ in corso un’indagine della NASA per far luce su questo incidente; tuttavia pare che si sia trattato di un’errata percezione su quanta acqua può essere messa in una riserva in mancanza di forza di gravità. Si conosceva quindi il “comportamento dell’acqua in orbita”; ma non che cosa può avvenire in caso di guasto, quando un elemento meccanico va in avaria e l’astronauta si trova fuori dall’astronave, solo nello spazio. Come si deve agire in questi casi?

Ho posto la domanda direttamente a lui, perchè nessuno meglio di lui può raccontarcelo, avendo vissuto il problema di persona. Luca Parmitano è dotato di una profondità di pensiero che ti coinvolge e ti appassiona. E’ molto sportivo ed è anche un bell’uomo! E’ un grande parlatore. Lo ascolti volentieri, in quanto sa dosare perfettamente l’esposizione delle sue conoscenze scientifiche con l’emozione delle straordinarie esperienze vissute. Possiamo definirlo un uomo perennemente sospeso fra terra e cielo, in una sua dimensione particolare; dove ha trovato il suo equilibrio e la sua serenità.

Luca, lei ha rischiato la vita due volte. Come ha affrontato questi eventi negativi?
Con una grande presenza di spirito, senza paura, con molto sangue freddo.

Non mi dica che non ha avuto paura! Neanche per un attimo?
Chi sceglie questo lavoro conosce il rischio che corre e sa che è inevitabile. Certo che ho avuto paura! Anche gli astronauti sono esseri umani. La sfida sta nel controllare la paura.
La paura è una stanza buia dove non vedi nulla. Solo se accendi la luce noti gli ostacoli che ci sono. Per questo motivo sostengo che la paura va affrontata accendendo una luce. Quella luce per me è la conoscenza. La conoscenza dei propri mezzi e di coloro che da terra ci aiutano ad applicarli, ad usarli anche in caso di pericolo. La fiducia in queste persone è già un modo per vincere la paura. Noi sappiamo che vengono prese tutte le precauzioni possibili per evitarci ogni rischio;ma possono subentrare imprevisti come quello accaduto a me quando l’acqua si è insinuata nel mio casco. In questi casi siamo allenati ad eliminare quel rumore di fondo che è la paura….

E’ una sorta di allenamento piuttosto stressante…
Esatto. Anche noi astronauti proviamo paura di fronte ad eventi improvvisi e pericolosi; ma poi la trasformiamo in forza, coraggio, in capacità di usare gli strumenti che abbiamo a disposizione per raggiungere comunque il nostro scopo.

La sua sfida vincente è stata….?
Spero che la più importante sfida sia ancora davanti a me. Lo dico sempre alle mie figlie: le sfide sono necessarie.

Delusioni?
Nessuna.

E la più grande emozione?
La nascita delle mie figlie.

L’astronauta ESA Luca Parmitano con la sua compagna di viaggio nello spazio Karen Nyberg (NASA)

Durante la sua ultima missione con voi c’era anche una donna, Karen Nyberg, della NASA. Ha notato una differenza con l’altro compagno di viaggio? Sfatiamo la leggenda della donna spesso definita “sesso debole”?
Posso essere sincero, onesto? In orbita non fa nessuna differenza, come la fa invece sulla terra, se una persona è uomo, donna o transessuale, omosessuale…Siamo tutti uguali. Con Karen siamo diventati amici, un rapporto fraterno. A livello psicologico, quando c’è una donna, subentra un effetto positivo. Per esempio per quanto riguarda l’educazione: si sta più attenti al gergo che si usa, ci si rasa di più…Per il resto, ripeto, siamo tutti uguali; parliamo di astronauti che ricevono lo stesso addestramento, che superano le medesime prove. Karen è una grande professionista. Siamo tutti uguali anche sul piano della resistenza fisica. Poi è anche una questione di adattamento: che deve essere reciproco, naturalmente.

La ricerca spaziale è un lusso: è giusto e utile investire denaro per portarla avanti, con tutti i problemi che ci sono sulla terra?
La ricerca spaziale è molto importante: anche a livello medico, di alimentazione. Si compiono esperimenti, si raccolgono campioni e milioni di dati che poi studiamo nel corso degli anni. Nello spazio facciamo scienza e tecnologia. La scienza è un valore assoluto, un dato di fatto dell’uomo, l’unica specie pensante che si fa domande sull’universo. Ma è la stessa scienza che si fa sulla terra.

Luca, una curiosità da profana: quando la vostra astronave è atterrata e si è aperto lo sportello, voi dell’equipaggio siete stati accompagnati fuori sorretti da 4 persone, portati in braccio e poi fatti sedere su una sedia che pareva quasi una barella. Una coperta sulle ginocchia….Non potevate camminare subito? Lei era pallido, provato!
Non c’è assolutamente motivo di preoccuparsi! Sono tornato in ottime condizioni fisiche, nonostante quanto era accaduto. Dopo l’atterraggio noi veniamo trasportati in braccio perchè il nostro corpo è ancora sotto gli effetti gravitazionali. Prima di riprendere a camminare gli scienziati ci vogliono sottoporre a determinati esami clinici: vogliono prelevare dei campioni di sangue ed ovviamente essere sicuri del nostro buon stato di salute. Infatti sono stato costantemente sotto osservazione per due settimane intere. Non è un motivo prettamente medico ma piuttosto scientifico. Inoltre possono subentrare problemi vestibolari, come quando un marinaio torna sulla terra ferma dopo tanti mesi in mare; cammina come un ubriaco…Questo avviene anche per noi: il nostro cervello impara a non utilizzare i sensi dell’equilibrio, per cui possono sussistere effetti come la chinetosi, giramenti di testa, a volte stanchezza . Io faccio sempre almeno un’ora di sport al giorno e cammino molto. Mi allenavo pure in orbita, per esempio con il Tapis roulant. Non ho subito perdita ossea. Generalmente c’è il 15% di possibilità di perdita di calcio dalle ossa, in quanto nello spazio esse non subiscono gli impatti che hanno sulla terra. Sussiste anche il rischio di atrofia muscolare. Invece i miei muscoli si sono fortificati! Però sono uno dei più giovani astronauti occidentali ad aver compiuto un volo di così lunga durata nello spazio.

Durante una bella intervista che le ha fatto Fabio Fazio, nel suo programma su Rai 3 “Che tempo che fa”, Lei ha detto: “il silenzio dello spazio è un silenzio carico di parole, che comunica qualcosa”. Che cosa le comunica?
Felicità. Nello spazio mi sento bene. Vorrei tornarci subito.

“Si parla” di nuovi partner, per esempio dei Paesi asiatici, che potrebbero collaborare anche a livello di fondi…
Questa è una domanda politica. E noi astronauti non facciamo politica! Ma per risponderle ugualmente, posso dire: più siamo uniti e numerosi, meglio è.

Infine, “fare l’astronauta” è sempre stato il suo sogno, sin da bambino?

Sì, era il mio sogno sin da piccolo: poi, crescendo, come per ogni sogno d’infanzia, si è evoluto, è diventato un progetto. E’ proprio quando si capiscono i limiti di un sogno che, se ci crediamo fortemente e vogliamo realizzarlo, dobbiamo trasformarlo in qualcosa di più solido. Questo qualcosa di più solido si chiama, appunto, progetto. Una delle mie frasi preferite, che ripeto spesso alle mie figlie è: “ tutto quello che è pensabile è possibile!”.

Anche andare su Marte?
Perchè no? Su Marte, su un asteroide, sulla Luna. Basta fare uno sforzo globale. Lo spazio unisce la gente. L’importante è credere che ci evolveremo sicuramente in qualcosa d’altro, un atto imprescindibile dall’esperienza spaziale. Il mio lavoro è proprio questo: pavimentare la strada dell’esplorazione del futuro sino al momento in cui ci staccheremo dalla nostra culla, la Terra, diretti verso nuovi spazi.

Intervista di Maria Cristina Giongo
CHI SONO

Chi è interessato ai miei articoli su questo argomento può leggerne altri cliccando su questi link:

Intervista al direttore dell’Estec Franco Ongaro. Incontro ravvicinato con il satellite BepiColombo.

Scopriamo il segreto dell’immortalità attraverso un affascinante viaggio fra le stelle con l’ingegnere olandese Martin Penninx.

Per quanto riguarda le scoperte a livello medico e di alimentazione segnalo ai miei lettori l’intervista che ho fatto all’astronauta siciliano per il mensile OK, salute e benessere (PRS editore) di luglio-agosto 2014. In quella circostanza mi ha raccontato, tra l’altro, di un’esperimento iniziato in orbita su se stesso che potrebbe rivelarsi molto importante per la la prevenzione e cura dell’osteoporosi. Ecco il link qui.

Per concludere consigliamo questo video tratto dal programma di Fabio Fazio “Che tempo che fa” con le immagini più belle dell’astronauta ESA Luca Parmitano nello spazio (e della sua intervista). E’ emozionanate!

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3 Responses to “Intervista all’ astronauta ESA Luca Parmitano: nello spazio sono felice! In caso di pericolo accendere una luce per controllare la paura . Tramutare i sogni in progetti.”

  1. lorella scrive:

    MI SENTO DI COMMENTARE CON POCHE PAROLE ….UN GRAZIE PER LE FOTO E PER FARCI SAPERE E VEDERE IMMAGINI ESORBITANTI E POI ,,,,,AIUTOOOOOO IO NON AVREI MAI MAI IL CORAGGIO !!! SIETE BRAVISSIMI E VI MERITATE TUTTI I COMPLIMENTI DI CHI VI GUARDA DAL BASSO !!!!!

  2. drive data scrive:

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