Intervista ad Eraldo Baldini. Lo Stephen King italiano

Intervista esclusiva di Marzia Mazzavillani ad ERALDO BALDINI, lo Stephen King italiano, grande, eclettico, famoso scrittore dell’immaginario collettivo e dell’orrore quotidiano che si nasconde fuori di noi.

Eraldo Baldini e Marni

Eraldo Baldini e Marzia Mazzavillani

Eraldo Baldini è lo scrittore romagnolo che ha conquistato un posto di tutto rispetto nel panorama del noir italiano con le sue storie affascinanti, spaventose, misteriose. Storie sostenute da una scrittura sapiente ed incisiva che esplora le infinite pieghe dell’animo umano con la precisione di un bisturi. Che affronta i temi della paura e dell’ insicurezza ricercandoli nel più banale quotidiano, portando a galla tutto l’orrore e la pazzia spesso mimetizzate nella normalità.

Eraldo Baldini è anche antropologo ed etnografo ed ha pubblicato diversi saggi in quest’ambito; questo suo retroterra culturale sostiene e struttura diversi racconti in cui compaiono riti e miti legati alla terra ed al passato, così che anche la natura e la storia sembrano parte integrante di questo affresco inquietante e crudele che la sua scrittura crea con tanta maestria.

Incontro Baldini durante la presentazione del suo ultimo libro: “Il Gladiatore dimenticato”. L’appuntamento è a Marina Romea, località balneare della riviera romagnola. Il luogo di ritrovo è suggestivo e “vacanziero”, situato in una spiaggia di dune che pare uscita dagli anni ’50, stretta com’è fra il mare a la pineta. Ed in questa serata dolce e magica scopro una persona affabile e gentile, la cui spontaneità ed disponibilità mi tranquillizzano ed accendono ancora di più la mia curiosità per lo scrittore e l’uomo.

Eraldo, tu vieni considerato da molti critici e lettori lo Stephen King italiano. Cosa pensi da questo accostamento e come ti senti quando il tuo nome viene citato insieme al suo?

Adoro King e gran parte delle sue opere, quindi un simile accostamento non può che lusingarmi, anche se lo ritengo irriverente: non mi paragonerei mai al Maestro! Ho avuto la grande soddisfazione di partecipare insieme a King (e ad altri grandi) a un’antologia di racconti, “The dark side”, pubblicata da Einaudi, e vedere il mio nome col suo nell’indice mi ha davvero emozionato.

Vieni descritto come creatore di un vero e proprio genere chiamato “gotico rurale”. Ti riconosci in questa etichetta?

Sì, anche perché l’ho in qualche modo coniata io dando questo titolo a una mia raccolta di racconti edita da Frassinelli. Spesso ambiento le mie storie in campagna o comunque in luoghi isolati e marginali, quelli in cui ancora permane o riaffiora un’arcaica cultura fatta di superstizioni, di leggende, di un affascinante immaginario collettivo a tinte scure, dove natura e sopranatura confondono i confini delle rispettive forze. Portare in narrativa questo mondo è davvero fare del “gotico rurale”, dunque.

Sei specializzato in antropologia culturale ed etnologia e hai scritto numerosi saggi a riguardo. Qual è stata la molla che ti ha spinto a voltare pagina e a dedicarti a tempo pieno alla narrativa?

Ho portato in narrativa le competenze derivanti dalla mia formazione di studi quando mi sono accorto quali e quante suggestioni fossero racchiuse nel mondo della cultura popolare, piena di riti ancestrali, di credenze arcaiche, di riti dimenticati. E’ un universo di storie e di simboli, di paure e di speranze che secondo me è straordinario nelle sue potenzialità letterarie. In ogni caso non ho del tutto “voltato pagina”: continuo a fare ricerca etnografica e a scrivere saggi, anche se con meno assiduità rispetto a prima.

Tu sei nato a Russi, vicino a Ravenna. Quanto ami questa Romagna che ritorna in tanti tuoi racconti? Pensi che l’essere romagnolo abbia influenzato la tua scrittura?

La Romagna è la terra in cui sono nato, cresciuto e in cui vivo tuttora: non può non influenzarmi, non può non avere contribuito a farmi diventare ciò che sono: credo che le radici siano importanti. Amo la mia terra, i suoi paesaggi, i suoi personaggi, la sua lingua, le sue storie, ed è inevitabile che la maggioranza delle mie pagine derivino da questa mia “appartenenza”.

Come si inseriscono nella terra di Romagna “semplice e godereccia, generosa, aperta, cordiale” gli episodi spaventosi e la paura che riesci a suscitare?

La definizione virgolettata inserita nella domanda è certamente fatta da chi cerca di descrivere la Romagna in modo immediato e superficiale, senza conoscerne bene l’anima. La mia gente è aperta, cordiale, generosa, gente che sa abbinare al lavoro la capacità di divertirsi: ma questo non esclude che, come in ogni altro luogo, esista qui un “lato oscuro”. La Romagna solatia è pura convenzione, insomma. Ma forse proprio in virtù di tale convenzione le mie storie “nere” acquistano maggiore impatto.

Senti che l’orrore quotidiano che emerge in tanti tuoi racconti sia una operazione di catarsi e una elaborazione dei tuoi fantasmi interiori?

Qualche volta forse lo è, ma di solito non riguarda il piano psicologico e personale: cerco di descrivere il lato oscuro non di me stesso, ma di ciò che mi circonda. L’orrore quotidiano, insomma, non nasce dentro di me, ma è nella natura delle cose.

La cosa che più mi ha colpito leggendoti è l’estrema attenzione all’ambiente, alla atmosfere naturali, ai contesti in cui fai muovere i tuoi personaggi. Sono veri e propri quadri che sai rendere con una quota notevole di realtà e anche di lirismo. Quanto di questo è voluto e quanto ti viene spontaneo?

Credo che l’ambientazione, nella scrittura di un racconto o ancor più di un romanzo, sia importante almeno quanto i personaggi e la trama. Trovo che un limite di certa narrativa contemporanea stia proprio nel non dare il giusto peso al contesto, al paesaggio, all’ambientazione insomma. A me insistervi viene spontaneo, ma è allo stesso tempo un obiettivo che mi pongo.

Nel tuo romanzo “Come il lupo” il protagonista scopre riti di fertilità cruenti che affondano le radici nel passato. Quanto incide il tuo essere antropologo e quanto invece la tua fantasia, in questi affreschi di culture contadine e montanare?

La mia fantasia si nutre delle mie competenze in campo etnografico: insomma, si tratta di una armonia fra le due cose. Non dimenticare poi che io sono nato in campagna negli anni Cinquanta, e un certo mondo ancora intriso di superstizioni e leggende nere l’ho vissuto sulla mia pelle, assimilandolo.


Eraldo, tu fai parte di una élite di scrittori che hanno riportato in auge il genere noir facendolo rientrare in una dimensione italiana molto caratterizzata. Cosa pensi di questa tendenza e del nuovo panorama letterario italiano? Chi apprezzi fra i tuoi colleghi?

Il giallo e il noir degli ultimi decenni hanno dato nuova e forte linfa alla letteratura italiana, riportandovi la forza delle trame e di un certo senso “sociale” della narrativa. Credo però che questa medaglia abbia un rovescio: sulla scia di tale successo oggi nascono troppi gialli, troppi noir che rischiano di sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda. Occorre diversificare, osare oltre. Non faccio nomi di colleghi, che sono quasi tutti anche miei amici: diciamo solo che in linea di massima apprezzo tutti loro e il loro lavoro.

In aprile la RAI ha mandato in onda lo sceneggiato televisivo “Mal’aria”, tratto da uno dei tuoi romanzo più famosi. Sei stato soddisfatto del risultato?

Abbastanza. In primo luogo sono stato ovviamente molto contento che la cosa sia andata in porto, consentendomi, attraverso il mezzo televisivo, di arrivare a un pubblico vastissimo, e in secondo luogo penso che la fiction non fosse male, anche se la trama e il tono del mio romanzo erano stati molto modificati per adeguarsi ai canoni della prima serata RAI.

“Il gladiatore dimenticato” è il tuo ultimo libro. Vuoi parlarne brevemente?

Si tratta di un breve saggio storico edito da Longo e incentrato sulla figura di Tumelico, figlio dell’eroe germanico Arminio che sconfisse i Romani nella battaglia della Selva di Teutoburgo. Tumelico nacque in prigionia e, ancora piccolo, venne confinato a Ravenna: nel mio libro ne seguo le vicende e il misterioso destino.

Ho sempre trovato i tuoi titoli molto intriganti, suggestivi e veramente azzeccati (ne cito solo alcuni: “Faccia di sale”, “Nebbia e cenere, “Bambini, ragni e altri predatori”, “Quell’estate di sangue e di luna”, “Mal’aria”, “Melma”. Sei tu che scegli o hai un consigliere di fiducia?

Scelgo sempre io il titolo. Ovviamente l’editore ha l’ultima parola, ma finora non ha mai cambiato ciò che proponevo.

Un consiglio che ti senti di dare a uno dei tanti giovani scrittori che aspirano a vedersi pubblicati…

Tante letture, tanto lavoro, tanta pazienza; e poi umiltà e capacità di autocritica, pur senza rinunciare all’orgoglio e alla fiducia in se stessi. Infine, ma questo più che un consiglio è ovviamente un augurio, un bel po’ di fortuna…

Di che cosa ha paura Eraldo Baldini?

Mah… non di tante cose. Delle malattie, forse, essendo un poco ipocondriaco.

La paura ha veramente tante facce. Saluto e ringrazio Eraldo Baldini e gli auguro altri meritati successi. Per notizie più approfondite relative alla sua biografia e alle sue pubblicazioni rimando al suo spazio online: Eraldo Baldini.

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6 Responses to “Intervista ad Eraldo Baldini. Lo Stephen King italiano”

  1. cristina scrive:

    Brava, Marni! Interessante intervista con un ottimo taglio giornalistico.

    Viene subito voglia di leggere i suoi libri. Mi sono già fatta un elenco di quelli da acquistare appena vado a Milano. Ordinarli dall’ Olanda è più complicato.

    Complimenti a te e, ovviamente, anche allo scrittore per le altrettanto interessanti ed esaurienti risposte.

  2. Bianca scrive:

    Brava bravissima poliedrica Marni!
    Ricordo bene alla TV il provino di “Mal’aria” in primavera: mi attirava molto ma purtroppo non ce l’ho fatta a vedere lo sceneggiato.

    Mi procuro i libri di questo interessante scrittore; adoro il gotico, l’horror, Stephen King: molti dei film tratti dai suoi libri sono dei capolavori, alcuni giorni fa ho visto “Carrie” di Brian De Palma, poi diversi altri ma naturalmente “Shining” di Kubrick è secondo me il top nel genere.

    Ancora complimenti e cari saluti,
    Bianca

    • Marni scrive:

      Grazie cra Bianca..Mal’aria è uno dei romanzi di Baldini che preferisco … ma è “duro” veramente “duro”…e so che invece nello sceneggiato hanno dovuto “ammorbidire i toni .. e hanno cambiato il finale. Se riesci a trovare il libro è meglio…Un altro che mi piaciuto assai è FAccia di sale… Fammi sapere dopo che li hai letti…sono curiosa di avere il tuo parere
      anche io ammiro King per me è un grande scrittore…. ed alcuni suoi libri mi emozionano davvero..un saluto a te..grazie ancora :-) marni

  3. Bianca scrive:

    Sono d’accordo con te, con buona pace di chi sostiene che Stephen King scrive male. Quanto ha fatto sognare (anche con gli incubi) e che film meravigliosi dai suoi romanzi!
    Grazie per i consigli, mi procurerò i libri di Eraldo Baldini, dopo la tua intervista mi intriga assai. Inclusi i finali non consolatori.

    Un caro saluto,
    Bianca

  4. Che bel trio.. sono contento che le mie migliori amiche diventino buone amiche tra loro :)

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