Il piccolo Leo, beagle di Green Hill, ucciso dal veleno per topi. La scoperta dopo l’autopsia.

Tutto é cominciato con green Hill.

LEO

Anno 2012, tutta l’Italia seguiva con grande interesse la storia di questi cuccioli di beagle che venivano fatti crescere in piccoli box chiusi in capannoni, illuminati solo da luce artificiale per essere poi inviati in laboratori ed utilizzati ai fini di ricerca.
Ricerca, sperimentazione, lavori, pubblicazioni: spesso tutto ciò è fatto più per soddisfare il sapere di uomini, che veramente per scoprire cose utili per l’umanità.

Associazioni antivivisezioniste, dopo anni di manifestazioni e proteste in cui se ne chiedeva la chiusura, ottennero la liberazione di 2639 cani, tra mamme e cuccioli e, in poche settimane, riuscirono ad affidarli a famiglie italiane.

Uno di questi cuccioli arrivò in Campania adottato da una dolce famiglia napoletana e, di conseguenza, da me.
Un cucciolo bellissimo e dolcissimo accolto come un terzo figlio da Olga e Antonello.
In realtà Olga da tempo accarezzava l’idea di adottare un cucciolo, suggeritogli dall’insegnante di suo figlio Gaetano.

Il piccolo Leo e la sua padroncina Adriana

Gaetano é un timido adolescente con piccoli problemi di apprendimento e una seria mancanza di autostima e la pet terapy, anche se un po’ casalinga, lo avrebbe sicuramente aiutato.
Ed in effetti così é stato.
Il piccolo beagle fu battezzato Leo , un nome di uomo proprio per integrarlo subito in famiglia.
Con premura e precisione Olga accompagnava Leo ad ogni mio appuntamento.
Da subito il piccolo beagle mostrò il suo carattere dolce e giocherellone e, altrettanto subito, manifestò i suoi piccoli problemini intestinali .

Come quasi tutti i cuccioli Leo aveva un’infestazione intestinale da ascaridi e coccidi, quest’ultimi in particolare un po’ più difficili da debellare.
Per settimane siamo state attente a: raccogliere le feci di Leo, analizzarle, riconoscere quelle antipatiche uova di parassiti ed effettuare la cura.
L’intestino del piccolo Leo era veramente delicato tanto che gli bastava rubare qualsiasi cosa diversa dalle crocchette che subito si infiammava.
Era diventato quasi una routine, tanto che ai primi segni di malessere e diarrea davamo tanti fermenti lattici ed un po’ di disinfettante intestinale, e la sintomatologia regrediva.
Il cucciolo intanto cresceva ed il suo legame con il piccolo Gaetano si rafforzava sempre più, tanto che per il bimbo Leo non era solo un cane, ma il suo migliore amico.
Passeggiavano e giocavano spesso insieme e con lui Gaetano si sentiva più forte e sicuro anche nel fare le piccole cose come attraversare una strada in città.
Una volta rimasi senza parole nel sentire il piccolo Gaetano rasserenare la mamma dispiaciuta perché Leo aveva un fortissimo mal di pancia e non riusciva a reagire alla terapia, che però ancora una volta fu risolutiva.
Una domenica mattina però qualcosa non andò come speravamo.

Fui chiamata la mattina presto per visitare Leo che però, tutto sommato, non mi sembrava stare molto male.
Anche questa volta aveva avuto qualche scarica di diarrea, era leggermente inappetente e meno vivace e presentava un piccolissimo dolore addominale.
Per iniziare subito una terapia di sostegno decisi di mettere un catetere endovena, iniziare una fluido terapia con un antibiotico specifico per l’intestino ed un regolatore della motilità: inoltre prelevai un campione di sangue per effettuare uno screening di base.
Leo peggiorava e, nonostante il suo emocromo ed il suo biochimico fossero normali, decidemmo di eseguire un’ ecografia addominale.
Pasquale, il nostro attento ecografista, si rende subito conto che, nonostante la quantità di fluidi somministrati, in vescica non si era accumulata urina…Leo era in blocco renale.

Un secondo prelievo ci permise di sapere che i valori della funzionalità renale erano tutti molto più alti del normale e, purtroppo, a peggiorare il quadro, iniziarono delle crisi convulsive.
La situazione stava degenerando.
Fu somministrato un antiepilettico, dell’ossigeno e una terapia specifica per i blocchi renali con l’aggiunta di un catetere urinario per calcolare la quantità di urina che veniva prodotta.
Nonostante tutto questo Leo “se ne andò”, dopo un’ennesima convulsione, nelle prime ore del mattino, lasciandoci tutti senza parole.
In quarantotto ore tutto era cambiato.
Cercavamo di darci una spiegazione logica all’accaduto e, nonostante mi renda conto che in queste circostanze non si ha la lucidità per prendere decisioni, Antonello, il papà di Gaetano, richiese un’ autopsia.
La storia di Leo venne presa a cuore da tutti e lo stesso istituto zoo profilattico che eseguì l’autopsia riuscì a dare in sole 24 ore il referto.
Si trattava di veleno anticoagulante.
Ancora una volta del veleno per topi maneggiato da persone non esperte era stata la causa di una vittima innocente.

Il povero Leo aveva emorragie interne ovunque ed il blocco renale era stato il risultato di una sofferenza generale.
Il povero Gaetano pianse disperato…perchè era morto il suo migliore amico.

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