I neuroni specchio. Il perchè dei gesti che insegnano

Il caso ha guidato tante scoperte. Tra queste, una delle principali nell’ambito delle neuroscienze riguarda un particolare tipo di cellule cerebrali: si tratta dei “neuroni specchio” e della loro correlazione con l’apprendimento, le emozioni ed il movimento.

Neuroni e gesti

La scoperta e le sue implicazioni fisiche e sociali sono considerate da diversi neuroscienziati tra le più rivoluzionarie degli ultimi 10 anni e si deve principalmente ad un’ equipe italiana coordinata dal dott. Giacomo Rizzolatti e formata da Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese e Giuseppe di Pellegrino. Durante gli anni ’80-’90 a Parma l’equipe stava studiando i movimenti della mano di un macaco mentre afferrava degli oggetti attraverso la monitorizzazione dei singoli neuroni cerebrali dell’area motoria. Rizzolatti ricorda come casualmente, mentre Fogassi prendeva un frutto per gli esperimenti, si accorsero della reazione di alcuni neuroni nell’area motoria anche mentre il macaco era fermo: si azionavano non solo durante l’azione bensì anche se la stessa azione era solo vista dal primato. Come poteva essere accaduto? Escluso un malfunzionamento della macchina, iniziarono così a quell’epoca le sperimentazioni in tal senso e la presentazione dei risultati fu resa nota al pubblico nel 2007.

Relativamente al movimento si può dire che esso è sempre legato ad un’ azione (ad esempio non muoviamo un braccio ma raggiungiamo o afferriamo qualcosa) . La conseguenza di questa azione genera l’esperienza che porta ad una migliore comprensione dell’ambiente. La correlazione tra i movimenti/azioni ed il significato ad essi attribuito è l’operato dei neuroni specchio e questo processo di apprendimento avviene anche solo attraverso l’osservazione.

Dal nome “specchio” si evince come si tratti di una modalità di imitazione che in modo intuitivo poteva essere immaginata ma non era scientificamente verificata. In estrema sintesi gli autori della ricerca (*1) affermano che “sono i neuroni specchio a consentire al nostro cervello di correlare i movimenti osservati a quelli propri e di riconoscerne così il significato”. In altri termini è il nostro patrimonio motorio ci permette di riconoscere non solo le azioni degli altri ma anche le loro intenzioni.

I bambini ci guardano” è un film del 1943 diretto da Vittorio De Sica e tratto dal romanzo Pricò di Cesare Giulio Viola, precursore del neorealismo cinematografico, dove il piccolo protagonista di 7 anni vive attraverso i suoi occhi innocenti il dolore per la dissoluzione della sua famiglia che culmina fino al suicidio del padre. Trova certezza scientifica l’affermazione che non solo i “bambini ci guardano” ma proprio dalle azioni derivate dalla loro esperienza visiva – e quindi sensoriale e cognitiva- apprendono e modificano il loro essere e sentire nel bene e nel male. Così il famoso “buon esempio” si tramuta all’istante in qualcosa di ben più importante di una semplice frase fatta.

Nel nostro corpo avvengono in continuazione dei cambiamenti che percepiamo internamente attraverso un complesso “percorso di ritorno” dalla mente al corpo e dal corpo alla mente, basato su una serie di strutture neurali e di elaborazioni chimiche. E’ il cervello che “guarda” il corpo e, grazie all’intervento di questa complessa struttura neurale “a specchio”, si arriva alla modificazione dei comportamenti, allo sviluppo dei rapporti con se stessi e con gli altri ed all’elaborazione personale dell’intera psicologia delle emozioni. Pensiamo anche alle reazioni ed al profondo coinvolgimento dei tifosi davanti ad una partita oppure alle lacrime ed all’immedesimazione che si prova durante la visione di un film. Anche questi comportamenti sono dovuti all’esistenza dei neuroni specchio.

Da un lato questa scoperta “apre gli occhi” su alcuni aspetti dell’educazione in senso stretto e sull’influenza enorme che esercitiamo quotidianamente attraverso tanti gesti ad esempio sui bambini anche molto piccoli.

Le emozioni hanno anch’esse un ruolo nei processi di apprendimento. Il significato latino del termine “emozione” è “emotus” (scosso, agitato) e riposta al movimento, come ad indicare il “movimento della psiche ed il movimento dell’anima”. Quanto, in questi termini il sorriso può fare la differenza nell’apprendimento? Quanto la sensazione di disagio influisce e viene così trasferita all’altro? Quanto queste azioni influiscono sull’apprendimento?

Il sentimento che si associa ai neuroni specchio è l’empatia, quella particolare forma di amore che si concretizza nel rapporto con gli altri grazie alle azioni del “prendersi cura” di loro e riporta in genere a professioni come il medico e l’insegnante (*2). I neuroni specchio non si attivano solamente quando si osservano azioni ma anche quando si assiste a manifestazioni di emozioni altrui da cui ne consegue che quotidianamente “gli altri entrano in noi e noi negli altri”, attivando quelle cellule che sono quindi alla base della comprensione pragmatica, esperienziale degli stati emotivi altrui, delle loro intenzioni, del loro modo di agire.

Di estrema attualità riguardo a questo argomento, la correlazione tra il meccanismo dei neuroni a specchio” ed il fenomeno di alcune forme di malattie psichiche riscontrate da diverso tempo che prende il nome di “burnout”. Maslach (1982) definisce il burnout come “una sindrome caratterizzata da esaurimento emozionale, depersonalizzazione e riduzione delle capacità personali, che può presentarsi nei soggetti che per professione si occupano delle persone” (helping professions). Sono quelle professioni cosiddette ad alto rischio emotivo come possono essere la medicina oppure l’insegnamento, in cui il “prendersi cura dell’altro” (sia esso alunno oppure paziente) è alla base del rapporto empatico che si instaura tra le parti. Da diversi studi condotti si evince come la categoria degli insegnanti sia la più colpita da questo tipo di sindrome (*3). “Scuola di Follia” è a tutt’oggi il testo di riferimento   dedicato a questo tema dal Dott. Lodolo D’Oria, primo tra gli studiosi italiani di questa tematica

 Il Dott. Vittorio Lodolo d’Oria, che terrà un corso molto interessante   a Milano il 22 ed il 29 Aprile per approfondire questo importante argomento, (per informazioni www.diesselombardia.itlombardia@diesse.org ),  e’ un professionista dedito a costruire un ponte tra sanità ed istruzione dove i gesti di tutti i giorni accomunano la mente ed il cuore e si riflettono, come in uno specchio, tra noi ed il nostro prossimo. 

Sabrina Sperotto

sabrina.sperotto@gmail.com

(*1) Cfr. GIACOMO RIZZOLATTI-CORRADO SINIGAGLIA, So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello Cortina, Milano 2006
(*2) Definizione di empatia: capacità di immedesimarsi nell’altra persona sino a coglierne i pensieri e gli stati d’animo. (Galimberti,1994)
(*3) Tra i primi in Italia a studiarne gli effetti il Dott. Lodolo D’Oria attraverso lo studio Golgota pubblicato su LA MEDICINA DEL LAVORO” n° 5/2004, attestando come questo tipo di disagio sia sia associato soprattutto agli insegnanti.

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5 Responses to “I neuroni specchio. Il perchè dei gesti che insegnano”

  1. Bianca scrive:

    Molto interessante e professionale, complimenti.
    Buona domenica!

  2. CIao Sabrina.. ho postato il tuo articolo sulla pagina di Facebook (per trovarla.. cerca http://www.ilcofanettomagico.it )

  3. Marni scrive:

    Bellissimo articolo, molto interessante e ben scritto …grazie Sabrina, fa venir voglia di saperne di più! :-) un caro saluto
    marni

  4. Lorenza scrive:

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