Quando, per studiare il mio futuro o insegnarmelo addirittura, interrogo le stelle e quelle non rispondono, mi limito ogni tanto a scuotere la testa come un professore sconsolato che (dinanzi ad una classe intera d’alunni assai svogliati e asini all’eccesso) mormori tra sé, già rassegnato: «Sono irrecuperabili, purtroppo…».
Invece altre volte vengo afferrato dal dolore. Così la pazienza (che, si sa, consente di far fronte alle contrarietà) e dunque la speranza, si esauriscono all’istante e senza scampo. Col risultato che io, lasciandomi andare ad invettive stentoree e lacrime ingombranti che imitano in qualche modo la rabbia di Baudelaire e l’angoscia folle di Edgar Poe, prendo ad ingiuriare pieno d’afflizione il mio destino amaro; nel frattempo inizio a scrivere poesie (intitolate come? Decomposizione psichica, ad esempio) che non trascurano, ovviamente, di piangere un pochino anche sulle sciagure “collegiali” e collettive (una per tutte? La morte) a cui il genere umano, e ogni singolo individuo, è da sempre condannato.
Decomposizione psichica
Musica come bava alla bocca:
e il cielo si gonfia tra le urla dei pazzi,
il loro sguardo è vento
che si perde nel labirinto di stelle.
Ogni parola è una stella
che splende di saliva: e cieli agitati
innevati di stupore
tramontano lontani,
evocati dalla morte.
Il mio cielo
è questo mio cervello
pieno di tralicci spezzati
e di barriere sventrate
e d’acque ferite
e di binari sradicati
che si mordono col ferro.
Dentro le vene,
aggrovigliate come un gomitolo
di dolore,
il sangue è un fiume abbandonato
terso di rumori prosciugati.
La morte è silenzio
stonato.
Pietro Pancamo
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Tags: charles baudelaire, dolore, edgar allan poe, pietro pancamo, poesia, stelle
la tua vena poetica esprime concetti così profondi e oggi tristi che ti obbligano a riflettere sul senso della vita. Bravo, proprio bravo !!
I complimenti incoraggiano. Grazie infinite, Maria Luisa.
La rabbia e l’angoscia non sono follia, ma la follia è talvolta rabbia e angoscia. Sia Baudelaire che Poe, immensi poeti, morirono devastati da una pazzia fecondata dalle droghe e dall’alcool.
Questa poesia appare invece lucida, anche se l’immagine di un cervello con i tralicci spezzati evoca il peggio dello smarrimento e della solitudine di chi non può comunicare. Paradosso del verso, che nel dichiarare l’impossibilità del dialogo, ci consente di invece di comprendere le più nascoste emozioni. Resta, infine, soltanto questa morte che non riesce neppure ad essere consolatoria: stonata, appunto.
Cara Marisa,
anche questa sua analisi così puntuale, è davvero molto lucida. Grazie!
La morte una sciagura ? Semmai la morte è giustizia! E’ il premio finale. La morte è una maratona dove , all’ arrivo, tutti saranno vincitori ex equo.
Un premio? Beh in effetti, quando scrisse i versi finali di “Sono una creatura”, anche Ungaretti si dimostrò della stessa opinione…
Tanto più grandi sono i nostri ideali e le nostre tensioni verso il vero, il bello e il buono,tanto più grande è la nostra delusione nel vedere svanire tutto ciò.Per cui la rabbia rimane sovente l’unico sentimento ben oltre la speranza. Per fortuna non è per sempre.Meglio la rabbia che l’indifferenza.
Coi nostri ideali va sempre così: a cadere sono loro, ma a farsi male (e sbucciarsi le ginocchia) solo e unicamente noi.
Messaggio profondo. Bravo!
Obbligato, cara Eleonora.
Nel labirinto delle stelle una più di altre mi attrae, mi auuterrà a proseguire per perseguire un ideale
Un commento, cara Nella, scintillante come le stelle.
Io scelgo la cometa che condusse i Magi a Betlemme.
Hai ragione, Nella. Cerchiamoci una stella e facciamoci guidare. Può anche essere un ideale, una persona che stimiamo, la luce che tutti abbiamo in noi e che dovremmo tramutare in amore e calore. Cari saluti a te e a tutti!
Caro Pietro, nella tua poesia forse c’è una sovrabbondanza di immagini che si trapassano fra di loro perdendo in forza, tuttavia il messaggio arriva chiaro, dolente e inclusivo. L’apparente contraddizione forse è solo dovuta alla gioventù, eppure mi pare che tu abbia strumenti per mettere in versi l’esperito e il fantasmato con pari sicurezza. Cercati qui, su questa terra amara e da amare; le stelle sono l’altro aspetto della bellezza, Poe lo sapeva.
Gioventù, cara Narda? Magari…
La sovrabbondanza di immagini, come tu la chiami, è in realtà un espediente stilistico ben calcolato, presente sia in Poe che Baudelaire –ma anche nel primo García Lorca, direi– e appositamente studiato per riprodurre in qualche modo la ressa atroce di pensieri ossessivi (quindi a volte contraddittori) che, nei momenti di sofferenza acuta, agita e tortura la mente (finendo, come purtroppo è risaputo, per fiaccare il morale e la speranza). In breve, quella sensazione di debolezza (o perdita di forza) che hai avvertito, è semplicemente un effetto voluto. Forse non sono stato capace di renderlo a dovere. D’altronde non ho mai preteso, né tuttora pretendo, d’essere un bravo poeta.
Una poesia di indubbia capacità evocativa. Dunque. La morte è silenzio? Ineluttabile, raramente silenziosa. Ma, contemplate, in silenzio, le stelle e osservato il proprio cielo, il silenzio è stonato sì, morte ben prima, quando chi siamo, perché siamo, dove andiamo, tutto lasciamo che vada, seppellito, nell’oblio dell’accettazione di piccoli e grandi, comodi ricatti, più o meno quotidiani.
Sconvolgente la tua solitudine
La vita ci ricatta, ma la vita ci riscatta. Anche dalla solitudine.
Cari Elena e Mauro, grazie mille d’essere intervenuti.
Ho appena letto questa poesia : non riesco ad esprimere quello che realmente provo perchè i sentimenti sono molti e forti e mai come in questo periodo, considerata la mia età avanzata, mi sento particolarmente colpita da questa raffigurazione della morte. Grazie .
“L’importante è che la morte ci trovi vivi” (Marcello Marchesi). E io avverto in lei, cara Marisa, una vita forte e profonda.
Il suo è certamente il commento più bello. Grazie.
La tua implacabile anatomia dell’IO,il lucido viaggio attraverso i più nascosti turbamenti mi hanno rievocato l’opera di Munch il mio pittore preferito. Siete due grandi!
Troppo onore essere paragonato a Munch. Ma, ovviamente, è un complimento che mi rende felice. Grazie.
il titolo sintetizza con grande efficacia il contenuto di una poesia cruda, lacerante, senza speranza e tuttavia coinvolgente
Grazie dell’apprezzamento, cara Anna Maria.
Il dolore non manca mai di risultare coinvolgente. Forse perché, come sosteneva Sartre, l’unico principio attivo -e costitutivo- dell’animo umano è proprio l’angoscia?
Caro Pietro nei tuoi versi riconosco la vena di un poeta molto bravo e triste, producono un sentimento che tutti inevitabilmente dobbiamo accettare, “La Morte”.
Ognuno di noi sapendo che esiste una saggezza interiore, deve aprirsi in questa un’Unica Intelligenza interiore per cercare risposte, soluzioni, creazioni!
Un caro saluto.
Grazie della stima, cara Antonella. Ma anche di questo tuo suggerimento, così unico, intelligente e saggio.
Caro Pietro, per te la morte e’ silenzio stonato.
Per me la morte e’ un fragore assordante che rilascia un aroma che evapora tra mille rimpianti.
Continua a scrivere, sei bravissimo.
Un caro saluto.
I rimpianti sono sintomo di amore per la vita e tradiscono la sensibilità della nostra anima. In questo caso della tua, cara Elena.
In questo periodo avido di idee da proporre, mi diletto a leggere le poesie pubblicate dal professor Pancamo su questo sito. Le poesie della morte, non sono legate ad un periodo letterario, ma accompagnano da sempre gli uomini, i poeti si interrogano e compongono. In questa “decomposizione psichica” colgo un curioso ribaltamento prospettico. L’autore è protagonista, eppure è spettatore inorridito della propria morte, simbolica. Forse la morte non è questo ma semplicemente un passaggio, ove la inevitabile decomposizione, appunto, viene vissuta con totale naturalezza. un abbraccio a tutti quanti.
Bentornato, caro Emanuele. Hai ragione: niente è più naturale della morte fisica. Tant’è vero che, modificando appena appena un verso ben noto del grande Cardarelli, potremmo addirittura definirla “l’estrema delle nostre abitudini”.
Parole giuste,Emanuele!
Caro Pietro,
solo alcuni possono guardare e vedere e poi mettere in versi immagini, pensieri, ossessioni, sensazioni ed emozioni. Tu sicuramente fai parte di quel giro ristretto. La tua lucidità e il tuo proporti senza difese (e qui, certo, entrano in gioco le mie percezioni) mi fanno pensare ad un’anima bella e dolente che forse è possibile accarezzare con delicatezza, da lontano…
Mi scuso per questa intrusione nella tua intimità e chiudo dicendoti ” continua a scrivere Pietro, i tuoi versi sono bellissimi!!!!”
Valeria
Come potrei non continuare a scrivere, Cara Valeria, dopo un commento gentilissimo come il tuo?
Ciao Pietro, la bella tua poesia evoca sofferenza, ci sono tante parole l’una affianco all’altra che risuonano tristezza . Mi piacerebbe tanto che una volta ci regalassi con tua vena poetica parole che evocano gioia .
Cara Cinzia, grazie anche a te dei complimenti. Alla fine di questo mese (il 27 per la precisione) uscirà una mia lirica, o meglio prosa ritmica, molto più allegra delle solite. Torna a leggerla, se vuoi. Mi auguro, anzi, che ti piaccia.
Rabbia,angoscia…il Dolore. Uno scorrere tumultuoso di immagini laceranti, che si rincorrono in quel “cielo” senza luce,sino allo sfinimento. Anche la morte,comunemente intesa,a quel punto fallisce nel suo intento.
I poeti”che visitano carmi di sole”raccontano,con la potenza del verso,anche quel dolore cosmico, che sembra senza speranza. Lo fanno con abilità,con passione…con amore. E la poesia,la loro creatura,raggiunge,racconta,evoca,emoziona.fa memoria di quel sorriso che può guarire.
I poeti,che “scrivono sorrisi”,scrivono anche il pianto: Gioia e dolore,gli opposti della vita,che si armonizzano su quel piano superiore visitato dallo spirito.
“Decomposizione psichica” ha la forza di condurti nello sguardo smarrito della sofferenza,là dove alberga il “frastuono” del buio. Ma è proprio in quel buio che puoi ritrovare la memoria della luce!
A te,Pietro.bravo poeta,
un nuovo grazie!
A te cara Susy, che hai il coraggio di lottare quotidianamente in nome degli altri, per ricondurli dal frastuono alla luce, va tutta la mia ammirazione. Il lavoro che svolgi è di sicuro molto più importante di qualunque poesia.
Un abbraccio,
Pietro
Suona come musica…
La profondità di una poesia, la melodia di una canzone psichedelica
Bravo!
I filosofi s’intendono infallibilmente di verità: sanno cogliere, infatti, l’essenza ultima di ogni cosa. Quando poi, come te, sono anche informatici in gamba, ovviamente intuiscono all’istante (è inevitabile!) che il codice sorgente delle mie poesie è pur sempre la musica. Grazie del tuo commento, Cristiano.
Il mio coraggio proviene da uno spirito che si alimenta di studio, ricerca ed arte! Dunque, ancora grazie, caro poeta. Susy
Non so chi mi abbia messo al mondo, ne’ cosa sia il mondo, ne’ che cosa sia io stessa.Sono di una ignoranza spaventosa.Non so che cosa sia questa parte di me che pensa quel che dico e che medita sopra di tutto.Per questo non posso sapere cosa e’ la morte, nonostante gli spaventosi spazi dell’universo mi rinchiudano e perche’ mi e’ dato da vivere in questo mondo piuttosto che in un altro di tutta l’eternità.Tutto che quello che so di certo e’ che dovro’ morire ma quello di piu che ignaro e’ questa stessa morte che non posso evitare. Morire non mi piace, non ci tengo affatto.Preferisco pensare a me come ad un fiume in piena, piuttosto che decomposta.
E permettemi di dire : la morte solo una nota dissonante di questo nostro infinito che non fa neanche rumore.
Continua a scrivere non potraì altro che fare renderci felici.
Un animo agnostico
È stato il tuo commento a darmi felicità. Grazie.
Quella parte di te che scrive e medita è senz’altro l’anima, cara Am, e non potrà mai conoscere la morte. Perché la morte è rinascita.
Oggi ho riletto la tua poesia, dopo essere stata al funerale di una amica. Ancora di più mi ha colpito il concetto della morte che esprimi in modo forte e coinvolgente.
Mi unisco al tuo dolore, Maria Luisa.
Ma sulla morte ho cambiato idea: ho imparato, finalmente, che è una rinascita.