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Franco Bolelli: un filosofo sotto canestro.

venerdì, maggio 18th, 2018

Il nuovo libro, lo sport, la tecnologia, l’espansione dell’esperienza vitale, la formazione del carattere… Tutto questo e ancora di più, in una esclusiva recensione con intervista di Paolo Pagnini.

Una foto di Franco Bolelli, estrapolata dal suo profilo

Nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare tanti libri importanti.
In alcuni casi, ho avuto anche la gigantesca opportunità di conoscerne personalmente gli autori.
In un libro di Franco Bolelli mi sono imbattuto alla fine del 2010 “per caso” (stavo per scrivere “per sbaglio”). La sua era la seconda firma, per me sconosciuta, di un voluminoso tomo di quasi 500 pagine, comprato sulla fiducia in Lorenzo Cherubini Jovanotti, con l’idea di regalarlo per Natale al mio nipote musicista Davide. “Poi…” mi ero detto “…si vedrà. Magari dopo che l’avrà letto lui me lo faccio prestare e se mi piace…”.
Non ho aspettato, in realtà. Pochi giorni dopo Capodanno ero già lì con la mia copia, a leggere e rileggere, sottolineare (io, che di solito, e fino ad allora, i libri quasi non li aprivo del tutto per non rovinarli), trepidare, trattenere il fiato, riderci e piangerci sopra, ed emozionarmi. Soprattutto ne parlavo con tutti. Ormai era diventato una specie di sfida tra i miei amici: “quanti minuti ci impiegherà, questa volta, prima di iniziare a parlare di Viva Tutto!”.
“Viva Tutto!” mi ha trasformato in meglio, ha cambiato la mia visione prospettica del mondo, mi ha consentito di mettere le basi di una nuova fase della mia esistenza.
Esagero? Può darsi, ma anche a “saper esagerare” è una cosa che ho imparato da “Viva Tutto!”.
Ecco perché per me, parlare di e con Franco Bolelli è una esperienza senza paragoni.

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Giù la maschera! Davide Pagnini ci racconta del suo essere musicista nella “Città della musica” (Pesaro, Città Creativa della Musica Unesco)

mercoledì, aprile 18th, 2018

Davide Pagnini, cantautore e musicista

Me lo dicono tutti, al punto da avere ormai convinto anche me, che quando nell’autunno del 1983, con l’incoscienza sognatrice dei miei 26 anni, novello emulo non ricordo quanto inconsapevole del “Signor di Bergerac” dissi “No, grazie!” ad un posto in banca (peraltro legittimamente conquistato con un piazzamento da podio al termine di un apposito prestigioso concorso) e decisi di seguire una specie di impulso euforizzantemente illogico, era più difficile, rispetto ad oggi, fare una scelta così controcorrente.

Oggi che una vera “corrente” a cui abbandonarsi non ci sarebbe neppure più, è paradossalmente più facile fare scelte che diventa improprio anche definire “alternative”, visto che manca proprio “l’impianto strutturato” a cui teoricamente contrapporsi.

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