Lele Dinero, il nostro John Travolta nazionale.
Sul Cofanetto magico abbiamo dato in passato ampio spazio ad un artista che lo meritava e lo merita tuttora, Lele Dinero. Uno di quegli artisti veri, non raccomandati da nessuno e per questo poco invitato ai vari programmi televisivi dove lo spazio si dà agli amici, ai figli di…. ai conoscenti di… Lui invece “si è fatto da solo”, come si suol dire. Per questo ne voglio parlare ancora.
Lele Dinero con Silvia Palamà, nel ruolo di Olivia Newton John, nelle due trascorse edizioni, ruolo rivestito in seguito ed ora da Nicole Behare, nella foto qui sotto.
Nella foto Nicole Behare, la nuova Olivia Newton John, nei panni di Sandy.
Per dargli voce, lascio quindi spazio alla sua voce, in questa intervista a cuore aperto, sincera come lo è lui, il nostro John Travolta nazionale.
Lele Dinero, quando ci siamo lasciati, tempo fa, alla fine di un’intervista lei ci ha parlato di sogni realizzati e di sogni ancora da realizzare. Riprendiamo il filo del discorso con una domanda importante. Quanti altri ne sono stati realizzati, nel frattempo?
Ciao Cristina, innanzitutto è un piacere essere nuovamente intervistato da te e saluto tutti i lettori del Cofanetto Magico! Dall’ultima intervista posso dire che sono riuscito a portare avanti con tenacia il mio format teatrale THE DANCE FEVER SHOW ripartendo, dopo lo stop a causa della pandemia virale da Covid, nel 2022, con due date al teatro Pime di Milano (entrambe in sold out ed una dedicata alla scomparsa Olivia Newton John) ed una data nel 2023 sempre al Pime dedicata allo scomparso Maurizio Costanzo dal cui talk show partì la mia carriera artistica televisiva nel 1992 improvvisando un ballo con la mitica Olivia Newton John in stile Grease!
La tua tenacia nel continuare a lottare per la tua arte, il ballo, il musical, mi ha sempre colpita; soprattutto in quanto hai dovuto lottare in un mondo che spesso viene gestito da pochi “potenti.” Come sei riuscito ad andare avanti?
Come hai detto prima non essendo un figlio d’arte o un raccomandato ho dovuto portare avanti il mio desiderio di esternare le mie capacità artistiche come caratterista in veste di John Travolta italiano facendomi strada con la mia forza di volontà. Dal 1992 ad oggi non mi sono mai fermato e sono stato ospite varie volte in programmi televisivi Rai e Mediaset negli anni passati (anche se ci vorrebbe un ritorno in tv pure in questi tempi..) vediamo se qualche autore televisivo si sveglia dandomi modo di travolgere con la mia Febbre (del sabato sera!) allo stato puro: e di continuare a diffondere il messaggio sociale del SI BALLO NO SBALLO per tornare a divertirsi senza stordirsi!
Nella tua vita privata sei stato colpito da un grande dolore. Vuoi parlarcene o lasciarlo, appunto, nella sfera privata?
Purtroppo il 25 novembre 2020 ho perso per un tumore la mia compagna Terry dopo 17 anni di convivenza. È stato un immenso dolore questo lutto, ed ho passato momenti davvero duri e difficili (amplificati dalla mancanza di lavoro artistico per 2 anni a causa della pandemia)! Ma so che lei mi sorride dal cielo insieme ai miei due fantastici genitori che la stimavano molto e voleva che io continuassi il mio percorso artistico cosa che ho fatto con grinta e determinazione: la data di ripartenza del mio show teatrale del 10 Aprile 2022 l’ho infatti dedicata a lei proiettendo su schermo una sua foto con una mia dedica scritta alla sua memoria!
Da giornalista non posso evitare di chiederti che cosa ne pensi dello scandalo della pubblicità (pare occulta) al Festival di Sanremo, trasmesso da Rai Uno, sulle scarpe indossate da John Travolta, che ne è stato ospite? Ovviamente c’è un’inchiesta in corso quindi non possiamo dare giudizi, soprattutto se alla fine se uscirà che il fatto non sussiste. Ma il polverone sollevato è stato molto!
Sinceramente se non veniva fuori la vicenda io non mi ero neanche accorto che le scarpe che indossava erano dalla ditta per cui ha fatto lo spot. Vedremo gli sviluppi dell’ inchiesta a che cosa porteranno.
Non pensi che John Travolta, il tuo idolo, che tu tanto ricordi, sia stato trattato male con la proposta di danzare “Il ballo del qua qua”? Riduttivo per un artista come lui!
Assolutamente si,infatti sono molto dispiaciuto che gli abbiano fatto ballare quel ridicolo Ballo del qua qua non rispettando un mito del cinema come John che si è visto infastidito alla fine del balletto rifiutandosi di indossare il cappello da papero. Secondo me lui non sapeva con chiarezza di quel ballo nel senso che pare non siano state fatte prove nel pomeriggio, per cui è stato tirato dentro in buona fede da una pessima idea di Fiorello ed Amadeus! Se mi avessero chiamato a fargli ballare la fever dance con me credo che John si sarebbe davvero divertito e che il tutto sarebbe stato assai più apprezzato dal pubblico!
Avrei fatto fare una bella figura al festival di Sanremo facendo salire l’audience in modo positivo e non negativo visto la valanga di insulti che sono arrivati sul web a Fiorello e ad Amadeus per il modo irrispettoso con cui hanno trattato il mio mito. Pensa che sono certo che in Rai sapevano di me perchè avevano ricevuto segnalazioni professionali sul mio conto, ma hanno preferito fare quella pagliacciata facendo una pessima figura!
Peggio per loro,si sono persi una bella occasione e sono certo che prima o poi riuscirò ad incontrare seriamente il mio idolo Travolta in qualche contesto artistico e lavorativo dove potrei essere coinvolto. A riguardo ci sono gia’ delle possibilità per un film in fase di progettazione dove Travolta potrebbe essere protagonista e dove potrei avere un piccolo ruolo,ma non posso svelare nulla al momento per questioni di riservatezza…
Le foto pubblicate,gentilmente concesse gratuitamente da Lele Dinero, sono di Rossana & Alessia New Celebrity.
Concordo con il tuo pensiero su quell’ospitata di Sanremo e non vedo l’ora di vederti in un film…Ma ora parlaci del tuo imminente spettacolo! Di che cosa si tratta? Dove possiamo vederlo, quali sono le date e le sorprese che ci aspettano, come fare per prenotare i biglietti.
Domenica 24 Marzo 2024 alle ore 17,00 andrà in scena lo spettacolo “THE DANCE FEVER SHOW” al teatro Ideal di Varedo (Monza) in Piazza Volta 2 (capienza 420 posti), prodotto coreografato ed eseguito da me con un corpo di ballo di 7 ballerine e 4 ballerini. Questo tributo danzato, unico al mondo, dedicato ai 3 film che diedero la fama a John Travolta (La febbre del sabato sera, del 1977, Grease, del 1978, Staying Alive del 1983) comincia quindi il suo tour anche in nuovi teatri italiani dopo i grandi successi delle edizioni precedenti al teatro Pime di Milano, quasi sempre in sold out!
Nello show,che si caratterizza di 5 uscite danzanti con passi fedeli ai 3 film, il ruolo di Olivia Newton John in “Grease” sara’ svolto dalla showgirl Nicole Behare, il ruolo di Stephanie Mangano per “Saturday night fever” sarà eseguito dalla ballerina new entry Rebecca Martinelli ed il ruolo di Laura Revel per “Staying alive” sara’ eseguito dalla ballerina Lorenza Limongi.
Le altre ballerine parte del cast sono: Elena Rocca, Noemi Rossetti, Lucrezia Zambon, Giuditta Rossi, ed i ballerini Paolo Zizzi, Matteo Cucci, Pietro Piemontese, Claudio Grimaldi.
Negli inframmezzi di queste uscite danzanti si esibiranno per qualche minuto a testa alcune scuole di danza della Lombardia selezionate da me che porteranno sul palco coi propri giovani allievi vari stili:
Il Team Diamante di Cogliate (Mb) diretta da Nadia Galli che si esibirà con 4 uscite stile hip hop, contemporaneo e Latin baby!
L’ Arte e spettacolo di Lesmo (Mb) diretta da Sebastiano Stefania e Natalina Fumagalli che si esibirà con 1 uscita in stile Videodance adulti show!
La “Passione di tango” di Peschiera Borromeo (Milano) diretta da Antonella Dario, con 2 uscite in stile Tango argentino e Tango Vals!
La Yesd di Nova Milanese (Mb) diretta da Patrizia Candi che si esibirà coi propri allievi con un’ uscita in stile hip hop.
Non mancherà anche una mia esibizione coi miei allievi delle mie Masterclass di balli di gruppo Dance Fever, adatte a tutti (di qualsiasi età) dove si ha l’opportunità di imparare alcuni passi di questi film e che si svolgono in varie scuole di danza! I partnership che hanno contribuito alla realizzazione di questa nuova data teatrale sono: La Magnetofield di Bruno Sessa, e la Mm Milano di Marialuisa Portaluppi.
Lo spettacolo realizzato per questa data del 24 Marzo in collaborazione con la Italiana Eventi di Barbara Fioravanti.
Dopo 33 anni di carriera artistica ho in programma anche di portare per la prima volta nella mia città nativa Rimini con la collaborazione della mia ballerina aiuto coreografa Nicole Behare, questo spettacolo nel periodo autunno 2024: coinvolgendo alcune scuole di danza romagnole e facendo audizioni per creare un corpo di ballo della zona riminese e selezionando il teatro della Romagna dove fare questa prima assoluta!
In conclusione, cari lettori, il 24 marzo invito tutti ad andare a vedere Lele Dinero, al teatro Ideal di Varedo, in provincia di Monza, a 15 chilometri da Milano. Prenotate subito i biglietti. Alla fine di questo articolo troverete le modalità per falo. Poi mi aspetto che mi raccontiate se non ho ragione a scrivere che questo artista merita veramente un successo più vasto e gli onori di un grande palco televisivo. Forse quello del prossimo anno a Sanremo? Facciamo tutti il tifo per lui, sosteniamolo andando a vedere il suo spettacolo!
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
Per prenotare il posto in teatro ed assistere a questo elettrizzante show di 2 ore occorre inviare un’email a : prenotazioni@teatroidealvaredo.it o via Whats app a: 3516364007.
Il biglietto si può acquistare al prezzo unico di 20 euro online su www.ciaotickets.com scrivendo in ricerca il nome THE DANCE FEVER SHOW ! cliccando direttamentre su: dance fever show lele dinero ideal varedo
Per contattare Lele Dinero per eventi o serate potete inviargli un’email su info@leledinero.it e seguirlo sui profili social Facebook ed Instagram come Lele Dinero. Trovate vari suoi video sul suo canale: www.youtube.com/febbredelsabatosera
Link agli articoli precedenti pubblicati dal Cofanetto magico:
– Tutti pronti per il nuovo spettacolo di Lele Dinero, il nostro John Travolta nazionale!
– Lele Dinero, il “nostro” John Travolta nazionale, ha realizzato tanti sogni e tanti ancora si devono avverare.
– Si ballo, no sballo. Intervista a Lele Dinero, il Tony Manero italiano: ho ballato con Olivia Newton John.
Proibita la riproduzione del testo e delle fotografie di Rossana&Alessia New Celebrity, gentilmente concesse per la pubblicazione, gratuitamente, da Lele Dinero, senza citare l’autore e la fonte di provenienza. Le immagini sono state scaricate dal web, per cui se fossero coperte da diritti d’autore e desiderate che le leviamo vi preghiamo di avvertirci che lo faremo immediatamente.
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]]>Villaggio Dogon
Il mio secondo viaggio africano, nell’inverno 1980, è stato quello che mi ha fatto conoscere una delle più antiche e misteriose popolazioni africane: i Dogon.
Essi divennero noti grazie alla pubblicazione, nel 1948, di un saggio ad opera dell’etnologo Marcel Griaule: Dieu d’eau, entretiens avec Ogotemmêli.
Il ricercatore entrò in contatto con i Dogon durante la spedizione scientifica Dakar-Gibuti (1931-1933) che attraversò, da ovest a est, l’Africa settentrionale.
Egli, assieme all’antropologa Germaine Dieterlen e ad altri collaboratori, effettuò, in seguito, numerose spedizioni scientifiche con un’interruzione durante la Seconda guerra mondiale.
Dieu d’eau è scritto in stile romanzato per venire incontro al pubblico non specializzato e consiste in un diario dei 33 giorni che passò con un vecchio cacciatore cieco Ogotemmêli che lo ha erudito sui miti e la cosmogonia Dogon.
«Un cacciatore vuole vederti» è il messaggio che il cacciatore fece recapitare a Griaule nel 1946 e che segnò l’inizio del loro rapporto.
Griaule frequentava i Dogon già da 15 anni, ma solo allora fu probabilmente ritenuto degno di apprendere i loro segreti.
Il merito delle sue ricerche è quello di aver rivelato che i Dogon hanno una visione metafisica, sono capaci di elaborare pensieri filosofici e possiedono conoscenze astronomiche.
Questa etnia del Mali abita le pendici della falesia Bandiagara, alta alcune centinaia di metri e lunga circa 150 chilometri.
Essi vi arrivarono nel XIV secolo e trovarono la falesia abitata da una popolazione di individui di bassa statura, chiamati Tellem i quali vivevano in villaggi abbarbicati sulla falesia in incavi delle rocce che raggiungevano, forse, tramite corde. All’arrivo dei Dogon i Tellem si spostarono e, probabilmente, le due etnie in parte si fusero.
Le grotte furono utilizzate come rifugi per sfuggire agli schiavisti e per seppellire i morti.
Antiche abitazioni nelle grotte
Visitai un villaggio Dogon nel dicembre 1980 durante un viaggio turistico nell’Africa settentrionale.
Per arrivare al villaggio camminammo a lungo accompagnati da una guida locale fino all’insediamento che era addossato alla falesia; vi erano anche costruzioni negli anfratti e grotte della falesia.
Vi erano pochi abitanti in quanto la maggior parte era occupata ad accudire il bestiame o nel lavoro nei campi.
La guida ci spiegò sommariamente lo stile di vita e la spiritualità dei Dogon. Troppo sommariamente per capire ma abbastanza da suscitare la mia curiosità.
In seguito, riuscii, a procurarmi un’edizione del 1966 di Dieu d’eau che ho letto con interesse.
La planimetria del villaggio ricalca il corpo umano. Esso è orientato da nord a sud con a nord la testa costituita dal Togu na, una tettoia sostenuta da 8 pali e ricoperta da strati di vegetali. Sotto di esso avvengono le riunioni del consiglio. Un po’ più a nord vi è la fucina.
Togu na
Al centro, il petto, sorgono le abitazioni famigliari; a destra e sinistra (mani) le capanne per le donne mestruate. Al di sotto delle case famigliari le macine sono disposte a guisa di sesso femminile, mentre più distanziato l’altare rappresenta l’organo sessuale maschile. Altri altari, a sud, sono i piedi.
Gli edifici, in genere cubici, sono costruiti con pietre e argilla; le porte delle case e dei granai, sono incise con raffigurazioni che rappresentano la mitologia e cosmogonia dei Dogon.
Purtroppo, negli anni, collezionisti e mercanti hanno depredato i villaggi portandosi via, per pochi denari, porte di rara bellezza vendute poi a caro prezzo.
I Dogon sono degli abili creatori di statue e maschere con valore simbolico.
Griaule e Dieterlen vennero a conoscenza di una visione mistica e metafisica allora impensabile per una popolazione priva di conoscenze tecnologiche.
Sono animisti e credono in un unico Dio creatore (Ammo) che, con la sposa Terra diede vita al genere umano. Tutti i loro gesti e attività quotidiane, sembrarono, a Griaule, dettati dalla cosmologia.
Ma sono soprattutto le conoscenze astronomiche che l’impressionarono. Tramite Ogotemmêli egli scoprì che i Dogon conoscevano l’universo, la luna; sapevano che i pianeti ruotavano attorno al sole e che Giove ha quattro lune. Conoscevano Sirio e, quando essa si trova in un punto preciso (ogni sessant’anni), celebrano una festa. Ci sono anche altre due stelle: Sirio B (fotografata nel 1970) e Sirio C di cui si ipotizzò l’esistenza tramite calcoli matematici più di vent’anni fa.
Gli antropologi moderni, però, sono critici nei confronti delle scoperte di Griaule. Infatti, si ritiene troppo precisa ed elaborata la cosmologia dei Dogon. Si pensa che esploratori passati per i villaggi Dogon avessero fornito informazioni ai saggi locali o Griaule stesso abbia inconsapevolmente fornito informazioni che potrebbero essere state rielaborate da Ogotemmêli.
I critici si chiedono, inoltre, perché intervistare solo un saggio?
Ovviamente vi sono anche fantasiose ipotesi di incontri con extraterrestri.
Resta il fatto che la complessità delle conoscenze astronomiche dei Dogon non può essere liquidata semplicemente come un artefatto.
Griaule prevale l’idea che
mondo mitico e cosmologia costituiscano un complesso di idee del tutto autonomo e che la vita sociale
discenda da quello che gli attori sociali interpretano di quel complesso di idee. Oggi si parla di “iniziazione
di Griaule” poiché non sappiamo se egli ha finito per scrivere quello che i Dogon volevano che lui scrivesse.
In Griaule prevale l’idea che
mondo mitico e cosmologia costituiscano un complesso di idee del tutto autonomo e che la vita sociale
discenda da quello che gli attori sociali interpretano di quel complesso di idee. Oggi si parla di “iniziazione
di Griaule” poiché non sappiamo se egli ha finito per scrivere quello che i Dogon volevano che lui scrivesse.
In Griaule prevale l’idea che
mondo mitico e cosmologia costituiscano un complesso di idee del tutto autonomo e che la vita sociale
discenda da quello che gli attori sociali interpretano di quel complesso di idee. Oggi si parla di “iniziazione
di Griaule” poiché non sappiamo se egli ha finito per scrivere quello che i Dogon volevano che lui scrivesse.
Dal 1989 il territorio Dogon è patrimonio dell’umanità
Testo e foto di Mauro Almaviva
Proibita la riproduzione del testo e delle foto senza previo permesso dell’autore e senza citare la fonte.
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Quando ormai ero convinto che il clima uggioso e gramo dell’inverno sarebbe durato per sempre, una filastrocca per bambini è venuta in mio soccorso con allegro ottimismo, offrendomi gradito conforto e restituendomi piena fiducia nel sole (che pur essendo ancora debole e sbiadito, saprà puntualmente riportarci, al momento opportuno, il tepore del bel tempo).
Questa filastrocca “corroborante” adesso la propongo anche a voi, cari amici del «Cofanetto Magico», sperando che possa consolarvi come ha fatto con me e dimostrarvi come lasciar riemergere il proprio fanciullo interiore sia, talvolta, davvero salutare.
Pietro Pancamo
CHI SONO
SOLICELLO DI FEBBRAIO
Solicello di febbraio
che sorridi lieve lieve,
sulle siepi e sulle case
già si liquefa la neve.
Dopo i giorni cupi e tetri
il tuo raggio com’è gaio,
com’è dolce il tuo tepore
solicello di febbraio!
Tu, riscaldi i poverelli
solicello chiaro e mite
più non tremano gli uccelli
sulle piante intirizzite
e i vecchietti freddolosi
siedon già sulle panchine
mentre sciamano d’intorno
variopinte mascherine.
Solicello di febbraio
già la livida bufera
si allontana e cede il passo
alla rosea primavera;
già si schiudono le gemme
canta il passero sul tetto;
solicello di febbraio,
solicello benedetto!
Pasquale Ruocco
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Molti mi hanno chiesto come mai non ho fatto alcun commento sul Festival di Sanremo, come in passato. Neanche sui social, facebook compreso. Rispondo subito: in quanto se ne è parlato già fin troppo. Da mesi, da giorni e con serate durate oltre le due del mattino. Che cosa potrei aggiungere? Tuttavia, su richiesta, ecco le mie considerazioni.
Fiorello con la vincitrice del festival di Sanremo, Angelina Mango, accanto ad Amadeus
Che cosa potrei aggiungere io che faccio parte della generazione dei nostalgici? Di coloro che sin da bambini lo seguivano con la famiglia, sempre su Rai Uno; io spesso a casa dei nonni siciliani, con la nonna che adorava Pippo Baudo. “Un vero signore”, sentenziava spesso. Erano i festival dell’eleganza, delle canzoni italiane, dei fiori, di conduzioni discrete e di livello. Gigliola Cinquetti commoveva con la suo dolce “Non ho l’età”. Ha commosso anche ieri, cantandola meno bene che in passato; ma non importa, la nostalgia si è ripresentata. Poi i mitici Albano, Toto Cutugno, Eros Ramazzotti…. Ora abbiamo i Sad, i rapper che spopolano fra i giovani.
A proposito di eleganza: non sono stati apprezzati i pantaloncini e giarrettiere con cui si è presentata sul palco Annalisa; “dimenticando di indossare la gonna”, hanno detto i maligni. Ma la sua canzone meritava il podio, come lo avrebbe meritato quella di Fiorella Mannoia, peraltro testimonianza di bellezza e classe senza età. Oltre a Loredana Bertè con una unica e tenace personalità che si conserva da una vita e di cui lei ne va fiera. Lei “che si perdona da sè”, come canta nel suo pezzo.
Loredana Bertè, molto applaudita.
Diodato, finalmente sorridente, con l’aspetto di un ragazzino che passava lì per caso è stato il mio preferito. Professionale, intenso, con una bella canzone veramente da Festival della canzone italiana! Si è fatto notare pure Ghali, con una melodia di tutto rispetto, accanto al suo “alieno”, tenerissimo; con parole che andrebbero ascoltate a fondo.
In vista molti tormentoni per la prossima estate!
Festival di Sanremo 2024, Ghali con il suo amico “alieno” meritava di sicuro una classificazione migliore.
Sanremo 2024. Diodato con la sua canzone “Ti muovi” ha portato un brano significativo, con un testo e melodia adatti ad un festival della canzone italiana. Il mio preferito
La serata più bella è stata quella delle cover; in assoluto il duetto migliore, a parer mio, quello di Roberto Vecchioni con Alfa, due generazioni a confronto, che si sono fuse magistralmente e magicamente, dando maggior splendore, anche se non ce n’era bisogno, al pezzo “Sogna ragazzo sogna…” di Vecchioni.
Un intenso momento della bellissima canzone cantata da Roberto Vecchioni con Alfa. Strepitosi!
Ho intervistato Vecchioni parecchie volte, anche per testate nazionali; l’ho trovato dimagrito ma con il solito animo battagliero. Grandi come sempre Fabrizio Moro, Riccardo Cocciante, Ermal Meta, tanto per fare dei nomi. Eppure in quella parte d’autore è arrivato primo Geolier. Addirittura si è aggiudicato il secondo posto nella finale!
Non condivido i fischi e le persone che hanno lasciato la sala all’annuncio e che lo hanno portato a dire che “ è stata la giornata più brutta della sua carriera, anzi, della sua vita”; in quanto nessuno merita di essere così umiliato. D’altra parte io stessa non capisco da dove siano venuti tutti quei voti di preferenza persino al duetto di Vecchioni con Alfa! Un mistero che spero sia chiarito presto.
Come quello della pubblicità più o meno occulta della scarpe indossate da John Travolta. Un particolare da tenere bene a mente è quello che… poi sono gli italiani che devono pagare le multe che vengono date alla Rai, televisione di stato.
La gaffe di Amadeus! Adesso i conduttori si siedono sulle ginocchia dei telespettatori? Pergiunta ignorando, o peggio, forse facendo finta di ignorare chi era l’imbarazzato, distinto signore su cui si era seduto?
Il momento più imbarazzante e decisamente il peggiore è stato quello in cui Amadeus si è seduto sulle ginocchia del distinto signore che “dopo” si è scoperto essere il presidente di Rai Cinema. Sinceramente mi pare fuori luogo che un presentatore si accomodi sulle ginocchia di uno spettatore!
A parte che poteva richiamare alla mente lo sgradevole siparietto a sfondo sessuale dell’anno scorso, in cui Rosa Chemical si è seduto sulle ginocchia di Fedez, che invece vorremmo dimenticare! POCO ELEGANTE! Poteva rimanere in piedi! La prima serata, salendo sul palco si è fatto il segno di croce; posso capirlo, vista la multa che la Rai (e quindi i cittadini) ha pagato per la pubblicità, anche in questo caso “più o meno occulta” fatta l’anno passato ad Instagram da Chiara Ferragni; che lui avrebbe dovuto bloccare immediatamente. Anche in questo caso sono arrivate sanzioni che pesano sulle spalle, anzi, nelle tasche di tutti.
La più bello scenografia di Sanremo 2024
Gli ascolti delle cinque serate sono stati altissimi, con picchi di oltre il 75% nell’ultima; questo a significare che anche senza scandali eclatanti, che non dovrebbero c’entrare nulla con quello che dovrebbe essere il festival della canzone italiana, se si imbastisce un buon prodotto, i risultati sono buoni. Anzi, buonissimi!
Fiorello, come sempre, è stato un ottimo sostegno per Amadeus, ironico, senza eccessi spropositati. Idem Marco Mengoni, molto spontaneo, non invadente!
Penoso invece, ma oramai se ne è parlato anche troppo, “Il ballo del qua qua” imposto, o accettato a malavoglia da John Travolta che, scarpe a parte, meritava un maggior rispetto. Favoloso, di tutt’altro livello, Roberto Bolle, il quale ha ballato sulle note di Ravel.
Roberto Bolle al festival di Sanremo 2024, un momento di alta qualità.
“Per fortuna” Amadeus ieri ha citato che era il giorno del ricordo del massacro delle Foibe; che cosa c’entra con Sanremo? Credo che invece di racconti mielosi o forzatamente mielosi sia pur veri, per mostrare che la sofferenza fa parte della vita, l’accenno ai genocidi, alle guerre passate che dovrebbero insegnare a non farne scoppiare altre (ma putroppo invano) faccia parte di un vissuto: di storia che non è solo divertimento, canzoni e canzonette.
Angelina Mango, la vincitrice, ha conquistato tutti con la sua semplicità di ragazzina che guarda ancora la vita con stupore, emozione e vuole farci soltanto danzare, divertire, sorridere. Mi è mancata Mariagiovanna Elmi, intervistata in varie trasmissioni, e anche da me, proprio per il suo luminoso passato di conduttrice del festival di Sanremo nel 1977 e 1978; mi aspettavo venisse invitata ed omaggiata.
Impossibile dimenticare la sua grazia, bellezza, “educazione” (parola che ultimamente manca nel modo d’essere di molti!), il suo incantevole sorriso, che rimane tale anche adesso. Oggi è uscita su di lei un’intera pagina nel quotidiano Repubblica, firmato dalla giornalista Vania Colasanti. E ovviamente oggi era anche ospite su Rai 2, nel programma “Citofonare Rai due”.
Mariagiovanna Elmi quando condusse il festival di Sanremo nel 1977 con Mike Bongiorno
In conclusione, finita questa overdose di Sanremo ora ci riposeremo un po’ e magari riprenderemo a coricarci presto, ad un orario giusto per chi il giorno dopo deve lavorare. D’altra parte, scusate la banalità, ma “Sanremo è sempre Sanremo”: a prescindere.
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
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Una mia toccante intervista uscita nel quotidiano Libero in cui Roberto Vecchioni, secondo me con la migliore cover del Festival di Sanremo 2024 svela di aver avuto un tumore.
Un’altra mia intervista a Roberto Vecchioni per il mensile Ok la salute, ai tempi della Rizzoli RCS.
Altre due mie interviste, questa volta per Il cofanetto magico, (che poi lui mise nel suo sito ufficiale),che ho trovato molto belle in quanto parlare con lui è un arricchimento:
Intervista a Roberto Vecchioni. I colori del buio, l’ultimo suo splendido album.
Ultimo cd di Roberto Vecchioni: Io non appartengo piu
Alcuni articoli su Mariagiovanna Elmi, dal quotidiano Avvenire:
La Fatina della tv che trova pace nelle salite al santuario mariano
Dal Cofanetto magico:
La posta del cuore dei nostri amici animali di Imma Paone. Intervista a Mariagiovanna Elmi.
Articoli passati sui vari festival di Sanremo nel corso degli anni:
2019 – Il Festival di Sanremo come sempre unifica l’Italia.
Albano super ospite del festival di Sanremo? Alla faccia dell’ospitalità!
Festival di Sanremo 2013. Fischi per Crozza. Intanto il Nord Corea testa la bomba atomica.
Belen, cocaina e festival di Sanremo.
]]>Le foto inerenti le ambasciate nel mondo che vedrete in questo articolo fanno parte del Calendario 2024, di cui vi parlerò. Questa si riferisce all’ Ambasciata italiana di Lisbona
All’Ambasciatore Gaetano Cortese, come ho scritto in passato nei miei articoli sia per il quotidiano nazionale Avvenire che per Il Cofanetto magico, si deve il merito di aver valorizzato il patrimonio architettonico ed artistico delle residenze diplomatiche all’estero in una collana di volumi pubblicata dall’editore Carlo Colombo di Roma.
L’Ambasciata italiana a Dublino
Con le sue opere Gaetano Cortese ci ha fatti entrare virtualmente nelle dimore degli ambasciatori nel mondo: gioielli di storia, di passato e presente, dove sono stati ospitati anche re e regine, proprio quando lui era Ambasciatore in carica in Belgio, dal 1999 al 2003. Inoltre diplomatici di altri Paesi, personalità di spicco nel campo della cultura, dell’economia, della letteratura.
Questi suoi libri hanno formato una collana di perle di ben 44 pezzi. Perle che sono legate da un filo che si snoda fra saloni, salotti, camere da ricevimento, giardini, mobili antichi, quadri e arazzi preziosi.
La giornalista e conduttrice Mariagiovanna Elmi, che ogni martedi pomeriggio ha una rubrica su RAI 2, con Rosanna Vaudetti, all’interno del programma televisivo BellaMà, condotto dal giornalista Pierluigi Diaco, mostra con orgoglio il recente volume dell’Ambasciatore Gaetano Cortese sulla Residenza dell’Ambasciatore d’Italia nel Regno dei Paesi Bassi, ricevuto in dono dallo stesso Ambasciatore. Roma, febbraio 2023. Foto Hans Linsen
Roma, febbraio 2023. Ovviamente pure io, come amica e giornalista (immortalata anche in una fotografia del volume, nella pagina di sinistra) non potevo mancare nel festeggiare l’uscita del suddetto libro dell’Ambasciatore Cortese sul palazzo in Sophialaan 1, all’Aja. Anch’esso un bellissimo patrimonio culturale, dove attualmente risiede l’Ambasciatore italiano in carica S.E. Giorgio Novello, il quale ha dato il suo contributo all’opera, anche con uno scritto. Gaetano Cortese ci abitò durante la sua missione diplomatica dal 2006 al 2009. Foto Hans Linsen.
Leggere le storie di queste residenze, patrimonio del governo italiano, non è solo un piacere ma pure un grande arricchimento; guardare le fotografie pubblicate ti fa immergere in un mondo che pochi conoscono, via la condivisione di immagini bellissime.
La residenza dell’Ambasciatore italiano all’Aja, nei Paesi Bassi.
Questo viaggio particolare, durante il quale nel corso degli anni l’Ambasciatore Cortese ci ha fatto da guida, è iniziato nel 1999. Quindi oggi si festeggiano i primi 25 anni di percorso! Un anniversario che sia lui che l’editore Colombo hanno voluto ricordare con la pubblicazione di un calendario del 2024, illustrato con riproduzioni degli ambienti interni e delle copertine di alcuni volumi speciali. Anche se in realtà tutti i suoi volumi sono molto, molto speciali! Su di esso i mesi scorsi sono usciti parecchi articoli, ineggianti a questa e alle altre eccellenti iniziative, che ancora una volta hanno richiamato l’attenzione della stampa italiana e non solo.
Per concludere lasciamo la parola a lui, che di eccellenze se ne intende.
L’ Ambasciata di Istanbul
Ambasciatore Cortese, ho usato la metafora delle perle per descrivere i suoi volumi, rare perle che lei ha infilato, una ad una, per costruire una collana di volumi unica nel suo genere. Come nacque in lei l’idea di dedicare dei libri alle residenze delle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero?
L’idea è nata a Bruxelles quando nel 1999 ero stato nominato Ambasciatore d’Italia presso Sua Maestà il Re dei Belgi. In occasione di un pranzo di gala offerto in onore del Principe Filippo, Duca di Brabante ed erede al trono belga e della Principessa Mathilde del Belgio (attuali Re e Regina dei Belgi) nella Residenza di Avenue Legrand si pensò di potere omaggiare tutti gli ospiti presenti all’evento con una pubblicazione sulla nostra Ambasciata d’Italia a Bruxelles.
Il libro ripercorreva la storia del Palazzo e ricordava l’evento storico del fidanzamento tra il Principe Umberto di Savoia e la Principessa Maria José, tenutosi nell’ottobre del 1929 proprio nelle splendide sale del Palazzo Caraman Chimay durante la missione diplomatica dell’ambasciatore Carlo Durazzo. Il libro riscosse grande plauso presso gli ambienti belgi ed italiani e si pensò bene con l’Editore Giovanni Battista Colombo di poter proseguire nel biennio successivo con altre due pubblicazioni sulle ambasciate d’Italia in Portogallo e Regno Unito dando inizio così alla collana libraria sulla valorizzazione del patrimonio architettonico ed artistico delle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero.
Lei è stato anche Ambasciatore italiano nei Paesi Bassi e curatore dei lavori di restauro della dimora in Sophialaan 1, a Den Haag. A lei si deve il suo ritorno all’antico splendore. Mi sorge spontanea una domanda: ci si può affezionare ad una “casa”, anche se la si deve lasciare dopo quattro anni, sta a dire alla fine dell’incarico instituzionale di voi ambasciatori?
Sia io che mia moglie ci siamo sempre affezionati alle sedi diplomatiche dove abbiamo vissuto parecchi anni della nostra vita. Non solo per le opere d’arte e per la bellezza della Residenza ma anche perché ricordiamo la vita sociale e di rappresentanza con le varie personalità ed amici del posto. Quindi rispondendo alla domanda dico che ci si affeziona di più alle cose lasciate.
L’ Aja, tra l’altro, è l’unica sede che ho ristrutturato grazie al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale che ha concesso uno stanziamento finanziario straordinario per restaurare ex novo il Palazzo di Sophialaan e riportarlo al suo antico splendore. La Residenza è infatti classificata tra i beni immobili architettonici e di prestigio della città e come tale soggetta a particolari vincoli di restauro e di tutela da parte delle competenti Autorità comunali e del Ministero della Cultura.
Gli Ambasciatori Gaetano Cortese (nella foto, a destra) e Stefano Baldi alla Biblioteca Vallicelliana di Roma. Il diplomatico Stefano Baldi è stato Ambasciatore d’Italia in Bulgaria dal 2016 al 2021. Oltre che rappresentante permanente dell’Italia all’OSCE, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, la più grande organizzazione intergovernativa di sicurezza regionale per la promozione della pace, del dialogo politico, della giustizia e della cooperazione in Europa che conta, attualmente, cinquantasette paesi membri.
Mi incuriosisce questo calendario con cui festeggiate i 25 anni di anniversario delle pubblicazioni. Si tratta di un calendario digitale? Disponibile anche in cartaceo?
L’ Editore Giovanni Battista Colombo ogni anno stampa a titolo d’onore e non commerciale un calendario dedicato a diversi temi di attualità. Quest’anno ha ritenuto opportuno stampare il Calendario 2024 dedicato alla Collana libraria dedicata alla valorizzazione del patrimonio architettonico ed artistico delle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero, in occasione del 25 anniversario della sua fondazione nel 1999. L’Ambasciatore Stefano Baldi, attualmente Rappresentante Permanente d’Italia presso l’ OSCE a Vienna, creatore del sito “ La penna del diplomatico “ ha ritenuto utile diramare la notizia della pubblicazione del Calendario per dare la possibilità a tutti i suoi lettori di poterlo visionare in formato digitale con la possibilità anche di scaricarlo dal relativo link inserito. I Servizi Tipografici Carlo Colombo di Roma sono in possesso del Calendario in formato cartaceo per i propri ristretti destinatari.
Per il mese di febbraio la Residenza dell’Ambasciatore d’Italia a Bruxelles, “Il Palazzo Caraman Chimay“ o “Il Palazzo di Avenue Legrand“. A marzo sarà la volta dell’Ambasciata d’Italia a Copenaghen, “Il Palazzo sulla Fredericiagade“.
Dove si può trovare? E come mai la scelta di non commercializzare questo immane lavoro, invece di renderlo più accessibile a tutti?
Tutte le pubblicazioni della Collana dell’Editore Carlo Colombo sono a titolo d’onore e non commerciali. Sin dall’inizio si convenne con l’Editore di creare una collana che non avesse scopi economici e di lucro e di attenersi soltanto a fini istituzionali. Si concordò che le spese per la stampa venissero coperte da alcuni sponsor che condividessero l’iniziativa editoriale. I volumi non essendo reperibili commercialmente sono distribuiti a titolo gratuito da parte dell’Editore alle più importanti biblioteche nazionali ed universitarie, alle biblioteche del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, ai Musei, Gallerie e Pinacoteche italiane e straniere le cui opere d’arte sono descritte e illustrate nelle varie pubblicazioni.
Recentemente per agevolare e favorire la reperibilità e l’accesso alla lettura e divulgazione dei libri della collana, il collega e caro amico ambasciatore Stefano Baldi ha provveduto a rendere disponibili online gran parte delle opere in formato digitale. Le pubblicazioni sono liberamente scaricabili sul sito “La penna del diplomatico” nella sezione dedicata alle Ambasciate italiane all’estero.
Io amo molto le perle: per questo ho definito i suoi volumi come una preziosa collana di perle. Le perle mi richiamano la bellezza del mare, la tenacia di un granello di sabbia che diventa un gioiello di luminosità e robustezza, la fatica dei coltivatori, e poi il risultato; perla dopo perla si creano monili bellissimi. Sono certa che lei non ha nessuna intenzione di apporre una chiusura, un fermaglio, alla sua “collana”! Oppure mi sbaglio? Di sicuro starà pensando di arricchirla ulteriormente….Pertanto non posso che chiederle: che cosa ci sta preparando per il futuro?
Desidero anticipare che nel corso del 2024 la Collana continuerà ad arricchirsi. Stiamo finalizzando una nuova pubblicazione sulla Ambasciata d’Italia in India in occasione del 75 anniversario delle relazioni diplomatiche tra l’Italia e l’India che andrà in stampa a breve. Siamo in fase di elaborazione di una nuova iniziativa editoriale sulla Residenza dell’Ambasciatore d’Italia a Helsinki in occasione del centesimo anniversario della sua acquisizione al demanio immobiliare dello Stato Italiano (1924-2024).
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
Link all’intero calendario digitale.
Link ad altri miei articoli sui volumi dell’Ambasciatore Gaetano Cortese:
Quegli scrigni d’arte chiamati ambasciate – Quotidiano Avvenire
L’Aja: un palazzo e il suo appeal diplomatico – Quotidiano Avvenire
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Cari amici, Cofanetti magici, fedeli lettori e collaboratori,
oggi vorrei parlare di AMORE. Purtroppo viviamo in un mondo sempre più dominato dall’odio, dall’indifferenza, egoismo, aumentano i femminicidi, i maltrattamenti a bambini, anziani, disabili. Nei cuori di chi commetti questi delitti non c’è spazio per l’amore. Molte donne vengono uccise per rabbia, gelosia, per possesso; non certo per amore! Puoi dire di amare tua moglie, tuo figlio o un genitore anziano se lo picchi, lo fai soffrire, lo ammazzi?
I recenti casi di cronaca ci hanno insegnato molto. A cui si aggiungono le violenze contro gli animali, esseri viventi che non possono difendersi; ma provano sentimenti, amore per il proprio padrone, emozioni, dolore come gli esseri umani. Anche in questo caso le torture che hanno portato alla morte del gattino Leone, e di altri animali barbaramente massacrati il mese scorso (fra cui due cani bruciati vivi, un altro gatto, una capretta presa a calci) hanno svelato il lato “feroce” di chi di umano non ha niente. Ed è quindi pericoloso anche socialmente, nei confronti dei suoi simili: non solo nei confronti degli animali.
Foto di Maria Cristina Giongo. Briciola, un’adorabile cagnolina nata da un padre di razza shitzu e dalla sua mamma maltese. Briciola è dolce, affettuosa, mai aggressiva, intelligente, adora i bambini, buona con tutti. Come abbiamo appena accennato pure gli animali, meravigliosi esseri viventi capaci di dare amore incondizionato, vengono torturati da uomini crudeli. Per fortuna ora ci saranno pene più severe per questo tipo di misfatti. Ed il ritiro della patente per chi li abbandona, legandoli a pali, lasciandoli ai bordi dell’autostrada o in zone impervie, in sacchi della spazzatura. Briciola è dolce, affettuosa, mai aggressiva, intelligente, adora i bambini, buona con tutti.
Tornando ai femminicidi ed infanticidi, alcuni psichiatri e psicologi si esprimono a colpi di interviste televisive cercando riferimenti a patologie regresse, pregresse, raptus… come se fossero una “giustificazione”per delinquere. Per esempio i pedofili che giustificazione hanno? Anche nel caso la loro perversità venisse “diagnosticata” come una malattia, allora devono essere curati: invece di permettere che sfoghino la loro patologia su piccole creature innocenti a cui levano il diritto di crescere felici, segnate a vita dalla loro sporcizia morale, mentale.
L’amore invece è un moto dell’animo che rasserena, che fa bene e vuole fare del bene: a non solo a chi ama, ma anche a chi è solo, depresso, a chi ha bisogno di aiuto ed affetto.
Ovviamente non si deve permettere agli altri di abusare della nostra bontà, sfruttarci. Per esempio, se chi vorresti sempre accanto a te non ti ama allo stesso modo e ad un certo punto vuole andarsene via da te? Lasciamolo andare! Non vale la pena di trattenere chi non sa corrispondere (e in questo caso parlo di amore coniugale) il tuo sentimento. Fermo restando che non tutti sanno vivere le emozioni con la stessa nostra intensità, non tutti debbono essere per forza uguali a noi. Continuare in questo tipo di relazioni crea solo infelicità; da entrambe le parti. Qui non si tratta più di opere di solidarietà, sostegno alle persone indifese, beneficenza.
Attenzione poi a non cadere nel pericolo di rapporti malati, tossici, pericolosi, che, appunto, niente hanno a che vedere con l’amore. Non portano a niente, solo all’annientamento di coppia. Bisogna scappare prima che ciò accada.
Infine, come disse Anthony Hopkins: “ devi lasciare andare la persona che non è pronta ad amarti profondamente, seguendoti nei valori in cui credi. Questo non vuol dire che tu, lei o lui dovete essere per forza assomigliarvi, oppure cambiare totalmente per “adeguarsi all’altro”. Significa che non dovete più sprecare energie in una relazione che forse è “ affezione, attaccamento” ma non amore. Il cambiamento deve avvenire in modo spontaneo, voluto. Mai imposto.
Foto di Maria Cristina Giongo
Allora buona vita di amore; amore vero, sano, semplice, amore amicale, amore per gli altri, amore per il tuo partner. Amore che solo i figli e nipoti sanno darti, infondendo nuovamente alla tua esistenza un senso, energia, carezze, attenzioni, coraggio per continuare il percorso verso la meta finale a cui noi cattolici diamo il nome simbolico di Paradiso. Un luogo meraviglioso che ci immaginiamo sempre pieno di luce, di amore, appunto, di felicità: di persone perse e ritrovate.
Non posso dimenticare che il 14 febbraio si festeggia San Valentino. Una festa commerciale ma comunque simpatica; soprattutto se c’è ancora chi ci vizia inviandoci una cartolina, una poesia, offrendoci un mazzo di fiori, un dono, una torta; una scatola colma di deliziosi cioccolatini a forma di cuore. Per farci tornare un po’ adolescenti e… pazienza per la dieta! La ricominceremo il prossimo mese!
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
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]]>Hitler fra le sue guardie del corpo
Il bunker stava per cadere in mano ai russi. Ma lui gongolava.
“La macchina del tempo mi ha consentito di abbandonare il presente, che stava per condannarmi alla sconfitta e al fallimento. Persino la tomba era ormai imminente, come il dottor Morell mi aveva annunciato, dopo aver studiato con attenzione il mio Parkinson crescente; però, grazie al genio dei miei scienziati (i migliori al mondo!), mi sono proiettato avanti di mille anni, superando la data della mia morte e diventando perciò –presumo fermamente e con volontà di potenza– impermeabile del tutto a qualunque tipo di decesso.
L’ingresso del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau
nel 1945
Perché la mia morte esiste ancora, sì, ma non più nel futuro: adesso, anzi, è nel passato (sfido io! Il balzo che ho fatto è talmente ampio che devo essermela, per forza!, lasciata alle spalle, rendendola innocua; esatto, col mio cronosalto attraverso i secoli l’ho scansata, elusa, neutralizzata! Non può essere che così!). Comunque, per averne la certezza matematica, ho bisogno di condurre una serie di esperimenti ad hoc; per la verità li ho iniziati da una settimana e, naturalmente, ho piena coscienza che continuandoli verrò creduto un povero depresso e forse un maniaco suicida: infatti –per capire sino in fondo se la morte abbia ancora, oppure no, una qualche forma di influenza su di me–, cercherò ed ho già cercato, dall’uomo coraggioso (insomma superiore) che in realtà sono, di eliminarmi ripetutamente nei modi più diversi e fantasiosi: la morte per esplosione, chiamiamola così,” –si pavoneggiò fra sé, in un guizzo compiaciuto di vanità confusionale– “l’ho testata giovedì scorso con innegabile successo, salvandomi ben bene; poi son passato a quella per altezza, gettandomi da un ventesimo piano e rimanendo completamente illeso; a seguire mi sono impiccato, affogato, gasato e via dicendo, senza riportare alcun danno; addirittura, per maggior sicurezza di essere destinato, effettivamente!, a vedere i miei giorni durare per sempre, i vari generi di morte disponibili mi metterò, da oggi, a ricombinarli fra di loro e quando a tutti sarò trionfalmente scampato, saprò, al di là d’ogni ragionevole dubbio, che l’eternità mi appartiene e che, dinanzi a me, si spalanca l’immensità perenne di eoni illimitati –e dunque di una vita sterminata, come la razza ebraica!”.
E assorto in simili pensieri, intrisi d’estasi, addentò una capsula di cianuro, sparandosi alla tempia*.
Pietro Pancamo
CHI SONO
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* Adolf Hitler si suicidò proprio così, nel suo bunker di Berlino.
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Alcuni film hanno segnato in maniera significativa l’anno della loro uscita e per me “Flashdance” è stato il film che ha rappresentato tutto il 1983 e il tempo mi ha dato ragione, perchè dopo 40 anni ancora oggi viene ricordato come una delle pellicole più rappresentative degli anni ’80.
La storia parla di Alex, una ragazza di 18 anni che di giorno lavora come operaia e di notte come ballerina in un locale. Alex ha un sogno: entrare a far parte dell’Accademia della Danza di Pittsburgh e per farlo dovrà passare un’audizione. Intanto Alex comincia ad avere una relzione con Nick, il suo capo.
“Flashdance” è stato diretto da Adrian Lyne, lo stesso regista che dopo qualche anno dirigerà “9 settimane e mezzo”, “Attrazione fatale” e “Proposta indecente” ed è stato sceneggiato da Thomas Hedley jr . Il cast vede Jennifer Beals nel ruolo di Alex, Michael Nouri in quello di Nick, Lilia Skala in quello di Hanna, Kyle T. Heffner in quello di Richie e Cynthia Rodes in quello di Tina. Una curiosità sul cast: la Beals aveva ben quattro controfigure nelle scene di ballo e nella scena finale chi danza è in realtà il ballerino portoricano Richard Colòn.
Punto di forza di “Flashdance” è sicuramente la sua strepitosa colonna sonora firmata dal maestro Giorgio Moroder, che vinse anche un Grammy. Tra i brani che ne fanno parte ricordiamo “Maniac” di Michael Sembello ma soprattuto “Flashdance … what a feeling” interpretata da Irene Cara: entrambi i brani ottennero una nomination ai premi Oscar ma a portarsi la statuetta a casa fu il brano della Cara, che dopo 40 anni è ancora una delle canzoni simbolo degli anni ’80.
Alla sua uscita, che in Italia è avvenuta il 27 Ottobre del 1983, “Flashdance” ha diviso pubblico e critica. Se da un alto è stato un gran successo al botteghino con ben 201 milioni di dollari in totale, dall’altro è stato stroncato dai critici specializzati per la trama troppo banale e per la mancanza di originalità.
Ma perchè all’epoca “Flashdance” è piaciuto così tanto al pubblico e dopo tanti anni piace ancora? Perchè le storie che parlano di sogni da realizzare piacciono sempre, poiché in esse rivediamo noi stessi e la voglia di realizzarci in qualcosa di grande ma non impossibile.
Sicuramente non è l’unico film che parla di questo, l’industria cinematografica è zeppa di questo tipo di pellicole ma forse quello che ha fatto la differenza in “Flashdance” è stata la colonna sonora, perchè, appunto, se dopo più di 40 anni molti la ricordano ancora vuol dire che ha avuto un ruolo fondamentale per farsi amare.
Cristian Del Vecchio
Nato e cresciuto a Napoli nel 1975, residente in provincia di Roma, di professione ortottista, blogger per passione, amante della musica, del cinema, della tv e della cultura degli anni ’80, divoratore di serie tv, videogiochi e fumetti, insomma un nerd a tutti gli effetti.
Potete seguire Cristian Del Vecchio anche sul suo blog. Cocoon1975.wordpress.com
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Nell’immaginario collettivo il giornalismo è una professione appassionante, spesso ben retribuita, talvolta frutto di raccomandazioni, quasi privilegiata. Nel libro di Alberto Caprotti “Ricordati di non dimenticare”, si sfatano questi miti, escluso uno. Se ce l’hai nel sangue, se lotti per portarla avanti, anche a costo di tanti sacrifici, è sicuramente una passione e un’avventura che ti completa e arricchisce. Così la penso pure io dopo anni di onorata carriera, cominciata dalla gavetta, senza “spinte” di alcun genere: un “talento”che a distanza di tempo penso di aver veramente posseduto e seguito, fra illusioni, delusioni ma anche momenti unici di vita e di lavoro.
Il giornalista scrittore Alberto Caprotti.
Ecco il motivo per cui ho voluto leggere “Ricordati di non dimenticare,” edizione Absolutely Free Libri, in cui Alberto Caprotti, giornalista professionista, responsabile della Redazione Sport del quotidiano nazionale Avvenire dal 1995 al 2015, attualmente inviato speciale per la Redazione Economia e responsabile delle pagine Motori, “riavvolge il nastro” della sua esistenza. Ripercorrendo i momenti più significativi della sua ragguardevole carriera con più premi vinti; fra cui nel 2004 il Premio Coni. In questa sua recente pubblicazione, preceduta da altre tre, verso la fine scrive: “Ho la fortuna di fare il lavoro che speravo di fare quando ero piccolo, anche se solo dopo ho compreso perché. Il giornalista è uno che deve spiegare agli altri ciò che lui stesso non ha capito, diceva lord Alfred Northcliff. Che di giornalisti se ne intendeva, se non altro perché era il padrone del Times.”
Una giusta conclusione, riassuntiva di quello che si legge sin dall’inizio in questa sua opera attenta, ben calibrata: soprattutto a livello di parole. Con cui gioca magistralmente, attirando continuamente la nostra attenzione. Con un pizzico di ironia: come nella lettera d’amore che sicuramente molti leggendola penseranno (come è accaduto a me) “ma guarda questo uomo come sa amare, con quanta delicatezza, intensità e riconoscenza verso….” Già, verso chi? Questo non posso svelarlo, altrimenti non leggerete più il libro.
Ma che cosa Alberto Caprotti non vuole dimenticare del suo passato? Per esempio il periodo in cui andava a scuola con il grembiule e la cartella sulle spalle, “e non ci si aspettava da noi nulla che non fosse fare i compiti” scrive, “e poi giocare, sbucciarci le ginocchia senza lamentarci e non metterci nei guai. Nessuno voleva che parlassimo l’inglese a 7 anni o che facessimo yoga. Poi siamo cresciuti e la nostra adolescenza è arrivata con i lenti alle feste, i paninari e la discoteca la domenica pomeriggio…All’università ci andavi solo se volevi fare il medico, l’avvocato o l’ingegnere, altro non c’era ma era abbastanza. Cambiava poco cosa sceglievi, perché il lavoro c’era per tutti. Chi più chi meno, siamo stati felici, schifosamente felici. Molto più dei nostri genitori e parecchio più dei nostri figli.” A questo punto lui stesso si rende conto di “non aver rimpianti, solo splendidi ricordi”; citando Gabriel Garcia Marquez quando diceva: non piangere perché è finito, sorridi perché è successo.
Ovviamente nel libro Caprotti parla del suo lavoro nel campo dello sport, ricorda avvenimenti, interviste e personaggi, fra cui Paolo Rossi, che definisce con poche parole che lo descrivono compiutamente: “discreto genio e tanta regolatezza.”
Insiste poi nel ricordarci che “lo sport è vita, non morte”, rammentando la triste scomparsa di Marco Pantani ed il dramma del 29 maggio 1985 “quando il calcio ha smesso per sempre di essere un gioco. Alle ore 19.07, nello stadio Heysel di Bruxelles, che ora non c’è più. Diventato quasi un cimitero in memoria dei tanti morti di quella tragedia.
Un libro a caso… che è stato fra i miei doni di Natale, direttamente arrivato dall’Italia nei Paesi Bassi (acquistato su Amazon.) Quindi cominciate il nuovo anno leggendolo! Io l’ho fatto durante le vacanze di Natale!
Fra i personaggi che descrive mi è piaciuto quello del clandestino Jemilson, di Oscar Farinetti, che ha aperto il primo Eataly nazionale, il quale gli ha rivelato il segreto del marketing; a lui…e precedentemente a 8.000 manager di grandi aziende presenti al Lincoln Center di New York. Prendendo ad esempio una gallina ed un tacchino quando fanno l’uovo. Naturalmente non ve lo racconto, altrimenti non leggete il libro! Non avendo più nulla da scoprire!
Bello anche il ritratto di Mario Forte, “un grande cronista di strada”, burbero e solitario. Commovente la descrizione di un Natale dei tanti che Mario trascorreva in solitudine, in cui andò a trovarlo. Su quella visita Alberto scrive un pensiero che ho ricordato durante il mio scorso Natale; “non importa cosa trovi sotto l’albero, ma chi ci trovi intorno.” Un libro è degno di essere definito tale quando ti lascia un segno. A volte bastano poche frasi, episodi; ma di quelli giusti, di quelli che ti tornano alla mente nel momento in cui è bene che risorgano: per ricordarsi di non dimenticare, appunto!
Alla fine, anzi, in principio la vita è proprio questo: passione per la propria scelta professionale, e, nel nostro caso, come sottolinea Alberto, la consapevolezza che il giornalismo è spesso “un lavoro di squadra”. Inoltre la vita è amore, soprattutto da donare, è generosità, desiderio di “sentirsi migliori.” La ricetta per avvicinarsi a questo traguardo del miglioramento ce la offre su un piatto d’argento: “diventare adulti, profondi ma leggeri.”
A proposito di scelte, Caprotti aggiunge una riflessione importante, in riferimento all’amata figlia, che “ha paura di sbagliare, ha il terrore di scegliere. Perché se sceglie il resto lo perde.” Come avviene per tutti noi. Un assioma di vita che ci fa capire dobbiamo accettare. Senza rimpianti.
Buona lettura e buon anno!
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
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Una bellissima, splendente immagine di un personaggio televisivo molto amato: Rosanna Vaudetti.
Cari affezionati lettori e collaboratori del Cofanetto magico, Buon Anno!
Spero che sia un anno ricco di tanta salute, amore, affetti sinceri, pace nel mondo: per voi, le vostre famiglie ed amici. Per questo motivo desidero iniziare il 2024 con un’intervista ad una donna che mi infonde molta serenità quando la vedo, ogni martedi pomeriggio, su Rai 2, nel programma di Pierluigi Diaco “BellaMa’”: Rosanna Vaudetti. Rosanna conduce la rubrica “La posta del cuore” con la sua e nostra cara amica Mariagiovanna Elmi. Entrambe sono una forza della natura: sempre allegre, sorridenti, ironiche e belle.
Rosanna Vaudetti, al culmine della sua carriera televisiva.
Rosanna Vaudetti, nata ad Ancona, laureata in scienze politiche, non è solo il tanto amato volto di una delle famose annunciatrici Rai dei bei tempi che furono … ed il primo volto trasmesso in Italia a colori, il 26 aprile 1972, in occasione dei Giochi Olimpici di Monaco. Ma è anche una nota conduttrice di vari programmi televisivi del passato: da Giochi senza frontiere all’Eurovision Song contest, da un Disco per l’estate, con Mike Bongiorno, al Festival Bar, con l’indimenticabile Corrado ed il mitico Pippo Baudo. Nel 1998 ha ricevuto l’Onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica Italiana, dall’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Oltre alla “Stella al merito” di Maestra del Lavoro, che… ancora brilla nel presente.
Infatti, tornando proprio al presente, oltre alla rubrica che tiene all’interno della trasmissione BellaMa’, vorrei ricordare che IL PARADISO DELLE SIGNORE, la fiction che si svolge negli anni sessanta, da tempo trasmessa da Rai Uno con grande successo, le ha reso omaggio facendo comparire per alcune puntate “il personaggio Rosanna Vaudetti” interpretato dall’attrice Rebecca Sisti, a cui lei stessa ha prestato i suoi abiti dell’epoca. Un altro particolare degno di nota è che nel Museo della radio e televisione di Torino è esposto il vestito che Rosanna ha indossato per il primo annuncio a colori; nella sala accanto agli abiti di Raffaella Carrà.
E, sempre tornando al presente ma guardando ancora al passato vi ricordo che la Rai compie 70 anni! Proprio il 3 gennaio 1954 sono partite le prime trasmissioni della televisione pubblica. Auguri Mamma Rai!
Rosanna Vaudetti con l’amato marito Antonio Alberto Moretti, che era avvocato e regista, purtroppo scomparso nel 2020 dopo 55 anni di matrimonio. La foto è stata scattata da Mariagiovanna Elmi, ad un vernissage. Rosanna ed Antonio Alberto hanno due figli: Federico Tito e Leonardo Vittorio, quest’ultimo padre della sua adorata nipotina Eleonora Tea, di 6 anni.
Una ragione in più per festeggiare insieme a Rosanna Vaudetti, con l’augurio che il nuovo anno le porti luce, calore, salute, pace ed armonia. Ed…ulteriori soddisfazioni nel campo professionale.
Rosanna, per il secondo anno lei ha accettato una nuova sfida partecipando al programma BellaMa’, insieme a Mariagiovanna Elmi, condotto ogni pomeriggio su Rai 2 dal giornalista Pierluigi Diaco, autore di successo. Di che cosa si tratta e come le è nata l’idea di tornare sul palco televisivo?
Cara Cristina, per prima cosa grazie delle tue belle parole. La nostra avventura televisiva è nata per caso. Mariagiovanna era ospite di Pierluigi Diaco e durante l’intervista ha detto che avevamo presentato un breve programma molto carino, ma il progetto non era più andato in porto. Pierluigi ha subito proposto di farlo a BellaMà e mi hanno telefonato in diretta per sapere se ero d’accordo. Così la settimana dopo debuttavamo nella Posta del Cuore convinte che fosse l’avventura di un giorno. Invece grazie al consenso dei telespettatori siamo state confermate per tutta la stagione. Ne sono felice perché Mariagiovanna è una collega e l’amica di una vita con cui lavoro in grande sintonia. Siamo state tutte e due molto contente che si sia unita a noi, anche se per un breve periodo, Minnie Minoprio, carina e spiritosa.
Mi pare che durante la trasmissione vi divertiate molto. Sia lei che Mariagiovanna e, appunto, pure la simpatica nuova partner Minnie Minoprio. Come vi trovate con gli altri colleghi? Con Pierluigi Diaco e la gioventù che vi circonda?
Siamo state accolte con tanto affetto sia dai Boomer che dalla generazione Zeta. Diaco è un giovin signore gentile e un conduttore bravo, simpatico e preparatissimo.
Mariagiovanna Elmi (a destra), nel mezzo il giornalista Pierluigi Diaco e Rosanna Vaudetti. Pierluigi Diaco conduce questa trasmissione con molto garbo ed intelligenza.
Ancora più preziosa è la sua voglia di rimanere sempre attiva, anche ad un’età rispettabile, che proprio non dimostra. Ricordo una frase di George Bernard Shaw: “dobbiamo essere una forza della natura invece che un ammasso di disturbi e di rimostranze, invece di lamentarci che il mondo non si è dedicato a renderci felici.” Mi sbaglio o è anche la sua filosofia di vita?
Si è vero, non potevi scegliere un’esempio migliore. Purtroppo ad una certa età molti hanno la cattiva abitudine di elencare i propri acciacchi. Meglio evitare perché purtroppo sono scontati. Meglio parlare delle proprie esperienze di vita. Siamo testimoni di un’epoca sparita che ha avuto importanza e ripercussioni su quella attuale.
Ha mai avuto paura nel corso della sua vita? Per se stessa, per i suoi cari?
Nonostante sia nata con la guerra non ho mai avuto paura perché ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia molto unita e l’amore che regnava mi ha sempre protetta e resa serena.
Lei è dotata di uno spiccato senso dell’ironia; l’aiuta a razionalizzare i momenti difficili?
L’ironia è importante nella vita e nelle relazioni sociali.
Rosanna, lei è una donna di gran classe ed eleganza. Dia un consiglio alle nostre lettrici sull’importanza di non trascurarsi. Quanto tempo dedica alla cura della sua persona?
Ahimè non sono un buon esempio… Ma posso dare consigli: curate la vostra persona dedicando un poco del vostro tempo alla ginnastica, mangiate cibi genuini e sani e, naturalmente, niente fumo e alcool. E soprattutto ogni tanto concedetevi una bella risata!
Un’altra dolce e luminosa immagine di Rosanna Vaudetti.
Crede di avere più pregi o più difetti? Sigmund Freud, medico neurologo e fondatore della psicoanalisi, scrisse in un suo saggio che “i punti di debolezza si devono trasformare in punti di forza.” Durante il suo percorso di vita è riuscita a seguire questo incitamento? Si considera un donna forte?
Non lo ero ma lo sono diventata.
Ottima, esaustiva risposta! Quando intervistai per Il cofanetto magico (ed in seguito per altre testate nazionali) il cantautore scrittore Roberto Vecchioni, mi parlò dei “colori del buio” (peraltro titolo di un suo album). Anche lei pensa che il buio possa contenere dei colori, se lo vogliamo? E quale colore, suo preferito, vuole condividere con i nostri lettori come augurio per l’Anno Nuovo?
L’azzurro perché è il colore del cielo a cui rivolgiamo gli occhi quando preghiamo ed il colore del mare immenso maestoso imprevedibile come la vita che affrontiamo ogni giorno.
Maria Cristina Giongo
CHI SONO
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