L’uomo che guardava la montagna, un bel libro di Massimo Calvi da leggere e rileggere. Il paradiso è la fatica che si dissolve non appena arrivi in cima alla montagna.

Ci sono dei libri che lasciano un segno nell’anima, nel pensiero e modo di pensare. Soprattutto quando ti conducono ad una riflessione sul senso della vita e della nostra appartenenza a questa terra; dandoti la speranza che nascere abbia avuto un senso. Allora si accende una luce. Segno, senso, segnale di luce e speranza. Queste sono alcune delle parole chiave che mi hanno fatto da guida nella lettura dell’Uomo che guardava la montagna, di Massimo Calvi.

Il giornalista Massimo Calvi, autore del libro “L’uomo che guardava la montagna”. San Paolo editore.

Massimo Calvi ha scritto diversi saggi a tema economico e sociale. Giornalista, caporedattore ed editorialista del quotidiano nazionale Avvenire. Cresciuto a Milano, ama la montagna ed è profondamente legato al paese nel quale ha radici famigliari, Bordogna, comune di Roncobello, in provincia di Bergamo, luogo sempre nel suo cuore e che raggiunge quando gli è possibile.

L’uomo che racconta la sua storia sta per concludere il suo cammino esistenziale e lo fa come desidera lui; guardando lo spettacolo delle sue montagne, seduto su una sedia, mentre nella sua mente raffiorano i ricordi più belli ad essa legati.

Avresti voluto salire più spesso, percorrere la cresta e scendere dai prati migliaia di volte, senza sentire la fatica, stare ad osservarla immaginando nuove vie e poi provarle una dopo l’altra. L’attesa ha lasciato vuoti, ma non rimpianti, scrive Massimo Calvi all’inizio della sua opera. Proprio come nel percorso di vita: vuoti sì, forse, ma non rimpianti.

Vedi la madre sopra la culla, e non vorresti smettere di fissarla. Vera poesia, laddove ti sembra veramente di visualizzare la figura materna; immensa, grandiosa, che si china amorevole, protettiva, sul suo piccolo bimbo, vegliando su di lui. Su di te. Anno dopo anno, senza nulla chiedere. Pura energia, margine di sicurezza.

L’uomo che guardava la montagna, non è “ inquietante”: nonostante il tema di sottofondo della morte. Nonostante lui sia intrappolato nel suo corpo, come nella cella del convento dei frati che visitò da ragazzino, durante una gita scolastica. Era solo l’inizio, mostrava già la fine.

Mariagiovanna Elmi, giornalista, annunciatrice, conduttrice, scrittrice, ha già letto questo libro. E proprio fra le montagne di Tarvisio, dove vive con il marito Gabriele Massarutto.

In lui c’è nostalgia del passato, soprattutto di quanto avrebbe potuto fare di più: ma poi va oltre, cerca la pace dello spirito, vuole tornare a sperare. Nel tuo spazio nascosto c’è la montagna e non solo: tutto ciò che di bello è in te, si trova lì. Ti basta guardarlo per riemergere. Puoi provare nostalgia, ma recitando le parole giuste la porta si apre.

E’proprio qui il segreto: trovare le parole giuste che ti curano dalla nostalgia… recitando le quali “quella porta si apre”! E diventa leggera come una piuma.

Quando parla dei figli
lo fa con molta tenerezza. Massimo ne ha tre. Con sua moglie condivide la necessità di creare per i loro bambini una fonte d’amore, soprattutto una “provvista” d’amore per il futuro; dove dissetarsi nei momenti difficili che la vita purtroppo riserva a tutti: anche alle nostre creature, che non possiamo difendere in eterno.

I bambini sono teologi per natura, si dice nei primi tempi di vita conservino il ricordo più importante, scrive l’autore. “Io mi ricordo, quando tu e mamma ci siete venuti a prendere; eravamo sdraiati su un prato,” gli dice un giorno la sua bambina. Una vita prima della vita: e, in seguito, al di là della vita.

Ci sono momenti in cui non possiamo fare più nulla per loro, per esempio quando decidono di sfidare il pericolo, allora restano solo le preghiere e l’attesa. La montagna ti mostra dove puoi arrivare, per sapere con chiarezza cosa sarà sotto controllo e cosa no, precisa Massimo.

Da essa non possiamo aspettarci che ad un certo punto non si ribelli se la maltrattiamo, se distruggiamo alberi e boschi, se non la rispettiamo inquinando l’ambiente. Come il vulcano che ruggisce, facendo vibrare le ossa se ti trovi nelle sue vicinanze; allora devi correre con le gambe di burro e salvarti pregando. Una montagna viva.

L’industria si è presa un pezzo di natura, creando gli snodi della condotta, i tubi che portano l’acqua dalla diga in alta montagna fino alla centrale dell’energia elettrica a valle. Ma in questo caso l’autore non la vede come una violenza. Puoi ascoltarne il suono quando passa sotto di te, e sai che è la stessa acqua che cade dal cielo, attraversa la montagna, e diventa luce, illuminando le tue sere d’estate.

La mente dell’uomo immobile su una sedia vaga alla ricerca di dolci ricordi, di un’infanzia prolungata in un paese dove le mamme si assomigliano tutte, tanto che sembrano una. Si passa dalla nonna che si asciuga le mani nel canovaccio dopo aver sciacquato le tazze, alla madre che prepara i panini per tutti; a quel filo d’erba che puoi tendere tra i pollici e poi soffiarci in mezzo per farlo cantare come un gallo.

Rammento che lo facevo pure io per i miei bambini, che cercavano di imitarmi, non riuscendoci mai a causa delle loro piccole mani. Adesso ripeto lo stesso gesto per le mie nipotine, che ridono di gusto. La potenza delle cose semplici! Basta poco per far divertire un bimbo!

Emozionanti anche i brani sull’amore, sull’amicizia, che è procedere insieme. Dalla stretta che una persona riesce a dare puoi capire se resterà per sempre: è quando il suo corpo si abbandona nell’altro e allo stesso tempo lo regge, entrambi cedono e sostengono, muoiono e rinascono nutrendosi a vicenda.

La storia continua, cambiano i sentieri, i colori della terra e dell’erba, è bello tutto quello che si scopre e ci si innamora di quello che muta. L’importante è avere una meta, un piano preciso, raccomanda Massimo Calvi.

Il protagonista del libro si domanda che cosa sia il paradiso, o meglio, che cosa potrebbe essere. La risposta arriva immediata: “Questo corpo non può restare qui, dopo….Il paradiso sarà come la montagna, non può essere solo aria, immagini, melodie, luci soffuse e quiete. Sarebbe angoscia. Il paradiso è la fatica che si dissolve non appena arrivati.

Ecco il motivo per cui consiglio la lettura di questo libro: in quanto aiuta ad affrontare la paura del trapasso in modo filosofico, equilibrato, sereno, con il piacere di arrivare in vetta ad una montagna. A questo punto molti si chiederanno che cosa ne sarà di lui. Ma questo…. lo scoprirete da soli.

Maria Cristina Giongo
CHI SONO

Proibita la riproduzione del testo e delle fotografie senza citare l’autore e la fonte di provenienza.
No part of this publication may be reproduced or transmitted, in any form or any means, without prior permission of the publisher and without indicating the source.

Tags: , , , , , , , , , , , , , , , ,

Lascia un commento