La poesia di aprile: “Dulce et decorum est” (di Wilfred Owen)

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Il numero giornaliero di contagi da Covid (e relative morti) stava già calando, qui in Italia, quando, in seguito al poderoso afflusso di profughi dall’Ucraina, ha cominciato prontamente a risalire.
Dunque, non soltanto le atrocità di Bucha e i corpi straziati delle vittime, lasciate in terra dai combattimenti quotidiani: purtroppo, al tragico conflitto innescato dalla Russia, è da ascriversi anche un incrudelirsi della pandemia.


 

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Dinanzi ad una simile situazione, così drammatica, mi sembra necessario citare sia Erich Maria Remarque («[…] migliaia d’anni di civiltà non sono nemmeno riusciti a impedire […] questi fiumi di sangue […] [e] che queste prigioni di tormenti esistano a migliaia. [Unicamente] l’ospedale mostra che cosa è la guerra»), sia la poesia seguente (composta da Wilfred Owen fra il 1917 e il 1918).

Pietro Pancamo
CHI SONO

 

DULCE ET DECORUM EST

Con le ginocchia che si toccavano,
e piegàti in due come vecchi accattoni sotto i sacchi,
bestemmiammo nel fango, con una tosse da streghe,
fin davanti ai bagliori spaventosi; lì ci volgemmo
e cominciammo a trascinarci verso il nostro lontano riposo.
Uomini marciavano addormentati. Molti avevano perso i loro stivali
ma avanzavano con fatica, calzati di sangue. Tutti andavano avanti zoppi; tutti ciechi;
ubriachi di fatica; sordi anche ai sibili
di granate stanche, distanziate, che cadevano dietro.

Gas! Gas! Veloci, ragazzi! –Un brancolare frenetico,
mettendosi i goffi elmetti appena in tempo;
ma qualcuno stava ancora gridando e inciampando,
e dimenandosi come un uomo nel fuoco o nella calce…
Pallido, attraverso i vetri appannati delle maschere e la torbida luce verde,
come sotto un mare verde, l’ho visto affogare.

In tutti i miei sogni, prima che la mia vista diventasse debole,
si precipita verso di me, barcollando, soffocando, annegando.

ISe in qualche affannoso sogno anche tu potessi marciare
dietro al vagone in cui lo gettammo,
e guardare gli occhi bianchi contorcersi nel suo volto,
il suo volto abbassato, come un diavolo stanco di peccare;
se tu potessi sentire, ad ogni sobbalzo, il sangue
che arriva come un gargarismo dai polmoni rosi dal gas,
ripugnante come un cancro, amaro come il bolo
di spregevoli, incurabili piaghe su lingue innocenti, –
amico mio, tu non diresti con tale profondo entusiasmo
ai figli desiderosi di una qualche disperata gloria,
la vecchia Bugia: Dulce et decorum est
pro patria mori.

Wilfred Owen

 
 
 
 

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