Il “Drive In”, manifesto della cultura e della tv degli anni ’80

Spesso ci lamentiamo della tv del giorno d’oggi, in particolare quella di determinate emittenti televisive, che da troppo tempo propongono programmi basati sul trash a tutto spiano, su pettegolezzo da pianerottolo, sul pressapochismo dovuto all’esigenza di apparire a tutti i costi anche per far aumentare i consensi sui profili dei social network, perchè al giorno d’oggi quel che conta sono sempre di più i likes e le visualizzazioni. Eppure c’è stato un periodo, mi riferisco ai meravigliosi anni ’80, in cui queste emittenti televisive hanno fatto grande la storia della tv italiana, proponendo una più che valida alternativa alla tv di Stato con programmi fatti di puro intrattenimento, di cui credo che il mitico “Drive In” rappresenti la punta di diamante di una serie di show televisivi di grandissimo successo.

“Drive In” è stato un programma ideato dalla geniale mente di Antonio Ricci, papà anche di “Striscia la notizia” e “Paperissima” ed è andato in onda dal 1983 al 1988 su Italia 1. La prima edizione veniva mandata in onda il Martedì ma, visto lo strepitoso successo che ottenne, la si spostò in prima serata la domenica diventando un appuntamento fisso per milioni di italiani. Il successo del programma era dovuto a molto fattori, a cominciare dalla formula innovativa. Fino ad allora infatti il varietà della tv italiana era quello in cui un conduttore, affiancato da alcune spalle, intatteneva il pubblico da casa con ospiti, balletti e canzoni, un chiaro esempio è “Fantastico”.

“Drive In” invece ha rotto quello schema che andava avanti fin dagli anni ’60, proponendo un modo nuovo di intendere il varietà, fatto di un mattatore, il bravissimo Gianfranco D’Angelo, che era affiancato da alcune spalle, Ezio Greggio, Enrico Beruschi e Carmen Russo poi sostituita da Lory Del Santo, e con loro una folta schiera di comici che nel programma trovavano lo spazio per esibirsi con i loro numeri e i loro personaggi. Al posto del tradizionale studio televisivo c’era un vero e proprio drive in, in cui il pubblico era seduto tra le auto o al bar e i vari comici eseguivano i loro numeri proprio tra di loro, quasi come se fossero parte integrante della trasmissione. Oltre ai numeri di cabaret il “Drive In” offriva anche divertenti parodie di film e le esilaranti gag del mitico comico inglese Benny Hill.

In ben cinque edizioni tra le auto parcheggiate si sono avvicendati tantissimi artisti: da Giorgio Faletti a Susy Bladi e Patrizio Roversi, dai Trettrè a Francesco Salvi, da Enzo Brachi a Zuzzurro e Gaspare, da Massimo Boldi a Teo Teocoli, da Carlo Pistarino a Sergio Vastano. Spesso si trattava di artisti sconosciuto al grande pubblico ma che grazie al “Drive In” hanno trovato sia il successo che l’amore del pubblico. Io in particolare adoravo le meravigliose parodie del superlativo Gianfranco D’Angelo, in particolar modo quelle di Marina Lante della Rovere (credo ricordiate il suo tormentone “un omacciooooneee con due baffetti da sparvieeeerooo”), quelle di Pippo Baudo e Katia Ricciarelli ai quali dedicarono la telenovela “Anche i Baudi piangono”, e quella di Raffaella Carrà con le sue miracolose lacrime; D’Angelo ha anche portato al successo personaggi da lui inventati come il Tenerone e il signor Armando, addestratore del meraviglioso cocker Has Fidanken.

Molto belli anche i siparietti di Ezio Greggio, mitici quello della rubrica di gossip “Spetteguless” con il tormentone “Chi ha cuccato la Cuccarini?” oppure la sua mitica “Asta tosta”, alla fine delle quali proponeva sempre un’opera del maestro Teomondo Scrofalo, non so effettivamente di chi fosse ma rappresentava un vecchietto con la barba mentre beveva a tavola. Davvero divertenti poi le parodie con Enrico Beruschi, una era una sorta di telenovela sudamericana chiamata “Una brutta fazenda” e l’altra era “Doctor Beruscus”, una sorta di clinica dell’orrore. Tra gli altri miei personaggi preferiti c’era ovviamente quelli creati da Giorgio Faletti, in particolar modo la sua Suor Daliso con le vicissitudini del suo strampalato convento ma anche con i personaggi del poliziotto Vito Catozzo e del pestifero Carlino. Poi non so se ve la ricordate ma c’era nelle ultime edizioni una terribile professoressa interpretata dalla bravissma Olga Durano.

Una cosa che mi ha sempre stupito del “Drive In” sono state le presenze femminili. Oltre alle già citate Carmen Russo e Lory Del Santo nei panni di svampite e provocanti cassiere, nel cast figuravano soprattutto le mitiche ragazze fast food. Capitanate da Tinì Cansino, erano delle stupende ragazze molto procaci e vestite con abiti succinti eppure non sono state mai volgari, nonostante la loro divisa mettesse in risalto determinate parti anatomiche. Anche loro spesso erano coinvolte in alcuni sketch comici, quindi l’attenzione si spostava dalle loro doti fisiche alle battute che facevano. Ed è interessante a distanza di anni constatare che si può essere provocanti senza mai essere volgari, al contrario del giorno oggi dove molti scambiano la sensualità con la volgarità. Tra le altre presenzi femminili anche la ballerina e coreografa Cristina Moffa, Caterina Silos Labini, un gruppo di ragazze altissime e fatali chiamate Bombers e un altro gruppo di scatenate ragazzine chiamate le Monelle.

“Drive In” però non è stato solo intrattenimento. Per me, che negli anni ’80 ero un bambino che si meravigliava di tutta questa allegria, il “Drive In” era un vero e proprio specchio dell’anima di quei tempi fatti di spensieratezza, di spalline, di capelli cotonati, di ragazzi che si riunivano al bar o su un muretto in piazza, di felpe colorate, di musica elettronica, un tempo in cui eravamo forse più liberi dai likes, dai followers e dalle visualizzazioni.

Anche per questo per me “Drive In” resta ad oggi il programma televisivo più bello che io abbia mai visto, nessun altro è riuscito a scalzarlo dal mio cuore, forse anche perchè lì in fondo c’è ancora quel ragazzino che per due ore e mezzo era incollato davanti alla tv e rideva come un matto.

Cristian Del Vecchio

Nato e cresciuto a Napoli nel 1975, residente in provincia di Roma, di professione ortottista, blogger per passione, amante della musica, del cinema, della tv e della cultura degli anni ’80, divoratore di serie tv, videogiochi e fumetti, insomma un nerd a tutti gli effetti.

Link al blog di Cristian Del Vecchio: Cocoon1975.wordpress.com

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4 Responses to “Il “Drive In”, manifesto della cultura e della tv degli anni ’80”

  1. Maristella Grillo scrive:

    Complimenti Cristian Del Vecchio! Che bell’articolo! Drive in, un programma davvero alternativo alla TV di Stato, una vera punta di diamante, tante sfaccettature di brillantezza, lasciando a noi telespettatori, ancora oggi, un bellissimo ricordo! La nostra generazione, ha avuto la fortuna di vivere un momento storico di bei programmi televisivi… purtroppo oggi, quando si parla di ”drive in”, si pensa alla pandemia e al tampone! Peccato!

    Un caro saluto

    Maristella

    • admin scrive:

      Grazie, Maristella, i tuoi commenti sono preziosi per noi del Cofanetto, anche per chi scrive e si sente incoraggiato!!!!

  2. Cristian scrive:

    Grazie mille, Maristella, sono contento ti sia piaciuto.

    Cris

  3. Elisa scrive:

    Anch’io ricordo Drive in con simpatia e nostalgia. I suoi comici erano insuperabili, HasFidanken, il coker disubbidiente, insuperabile: aveva l’immobilità più espressiva che abbia mai visto in un cane!

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