Poesia di ottobre: “La piccionaia” (di Franco Romanò)

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Un eremo

 

La poesia è “un eremo di vento” in cui benigne influenze provenienti da maestri quali Penna, Di Giacomo, Campana e Quasimodo si mescolano in un tumulto incantato di esperienze, ricordi e viaggi, chiamato speranza, e che volendo consiste in un prezioso ingresso di sicurezza, capace di spalancare le porte d’una delicata promessa di gioia (o almeno appagamento). Ecco spiegato in sintesi il componimento La piccionaia, il cui autore Franco Romanò –saggista più volte apparso in volumi come Forme attuali del totalitarismo (Bollati Boringhieri) e su periodici di prestigio come «Costruzioni psicanalitiche» (Franco Angeli), «Testuale» e l’«Annuario di Poesia Crocetti»– ha al proprio attivo una vasta serie di pubblicazioni: ad esempio le raccolte di versi Le radici immaginarie (Campanotto) e L’epoca e i giorni (Viennepierre), nonché i romanzi Lenti a distacco (Excogita) e Sguardi di transito (Azimut).

Pietro Pancamo
CHI SONO


 

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LA PICCIONAIA
-da L’epoca e i giorni (Viennepierre, Milano, 2008)-

Amo di Genova il disordine ridente
l’età sovrapposte come casse impilate
a piazza Caricamento, i ristoranti
dai tavoli trasandati, dove da sempre
è seduta una signora che parla e parla
di un americano che la porterà
a New York in transatlantico.
Ed io che vivo nella pianura nebbiosa
un poco la capisco la signora
e ho scelto di abitare un eremo di vento
trafitto dal sole che ci resta
uno scrigno dove danzano
cornici paterne e maschere africane
un coltello da pirata che mio figlio
portò dal Mali… e dell’India
conservo un’intera madia di odori
speziati e nel suo specchio a notte
danzano tigri luminose e quando piove
sul vetro scroscia una foresta pluviale.
Forse non è una vera casa
(è imbarazzante portarci l’amata)
ma uno di quei luoghi da cui si parte
e ritornare è festa improvvisata
dove trovano rifugio poeti
e marinai del tempo
felici d’esser soli
in mezzo al brulichio di ogni vita,
come bambini che ascoltano gli adulti
nella stanza accanto
e si addormentano beati
gravidi di ogni idioma del mondo.

Franco Romanò

 
 
 
 

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