Lo pseudonimo di Dio*

Clare Torry all’epoca della nostra storia

La storia che ho scelto per questo mio ritorno alle colonne del “Cofanetto Magico” dopo la pausa estiva è in realtà una storia che gli appassionati di musica conoscono bene.
Dovrò dunque impegnarmi ancora più del solito nella costruzione della narrazione, per interessare alla lettura non solo chi non la sa già, ma anche chi sin dalle prime righe avrà intuito di chi e di cosa racconterò.

Iniziamo col dire che questa storia ha più di 46 anni.
Siamo a Londra all’inizio del 1973 e la nostra protagonista, che si chiama Clare Torry ha da poco compiuto 25 anni ed è una tra le tante cantanti e vocalist con un contratto di turnista con la grande casa discografica EMI; in effetti per vivere fa anche altri lavori, ma ogni tanto incide qualche cover o fa cori in studio per dischi di artisti che spesso nemmeno conosce.
Un giorno viene chiamata dal suo amico Alan che fa l’ingegnere del suono e che le chiede se qualche giorno dopo sarà libera per fare una registrazione; purtroppo però, dice Clare, dovrà rinunciare, perché per quella data ha già i biglietti per andare a un concerto di Chuck Berry. Ma Alan non si dà per vinto e insiste un po’ e alla fine concordano per la domenica successiva. Tra l’altro, pensa Clare, di domenica, la paga sarà doppia, per cui…

L’amico Alain

Insomma si tratta sin qui di un “episodio qualunque” nella vita di tutti i protagonisti della nostra storia, tanto è vero che anche ricostruita “a posteriori” la vicenda ha parecchi punti che non quadrano perfettamente, come capita spesso quando tentiamo di ricordare qualcosa che al momento ci era sembrato poco importante.
Succede che i ricordi si confondano, e alcune date e dettagli riportati oggi dalle diverse fonti non coincidano; ad esempio secondo Clare il concerto di Chuck Berry si teneva all’Hammersmith Odeon, invece secondo un sito che elenca tutti i suoi concerti, si tenne al Rainbow Theatre (venerdì 19 gennaio)
Anche la data dell’episodio in questione, secondo alcuni siti sarebbe da collocare nella prima fase delle sessioni di registrazione, intorno al giugno del 1972; secondo altre fonti invece, appunto nel gennaio 1973.
Probabilmente hanno ragione tutti perché in effetti questo pezzo inizialmente doveva essere solo strumentale, ma siccome non era considerato in linea col resto dell’album, ad Alan (che ne era il produttore) era venuta l’idea di aggiungere una traccia vocale.
Del resto il disco era il risultato di una lunga gestazione: nato durante il precedente tour della band, era anche stato eseguito live e poi presentato alla stampa in anteprima quando ancora non era in versione definitiva.

Clare Torry e Robin Gibbs dei Bee Gees

Insomma, secondo alcune cronache domenica 21 gennaio 1973, Clare Torry arriva ad Abbey Road, allo studio 3 della EMI (quello delle famose strisce pedonali della copertina dell’omonimo album dei Beatles), e chiesto il testo del pezzo che deve cantare si sente rispondere che non c’è nessun testo e che deve “pensare a qualcosa di molto triste”, perché il pezzo “riguarda la morte”.

Vengono fatte diverse registrazioni (secondo alcuni 6) e alla fine Clare non è neppure troppo soddisfatta ma alla band (di cui Clare ricorda a malapena il nome) va bene così, e dunque ricevute le 30 sterline (paga doppia domenicale), e se ne va convinta che non avrebbero usato quella registrazione.

Il vocalizzo “senza testo” di Clare non era l’unica “stranezza” che la band aveva voluto inserire nel disco: ad esempio alcune frasi che si sentono all’inizio del brano erano le risposte ad una serie di “interviste a foglietti” fatte a microfoni aperti a persone prese “per caso”. Tanto per dire, la voce che si sente affermare «Io non ho paura di morire, ogni momento è buono, non m’importa. Perché dovrei aver paura di morire? Non ce n’è motivo, prima o poi bisogna andarsene» è quella di Gerry O’Driscoll, il portiere irlandese degli studi di Abbey Road.
Le persone non abituate ad essere intervistate sono quelle che dicono le cose più interessanti” affermò in seguito il chitarrista e cantante del gruppo; le risposte di Paul McCartney e della moglie Linda, incrociati nei corridoi degli studi, ad esempio furono scartate perché «si erano troppo sforzati di essere divertenti».

Clare in uno scatto più recente

Il 10 marzo 1973 usci The Dark side of the Moon, l’ottavo disco dei Pink Floyd, e Clare lo vide nella vetrina di un negozio e quasi si stupì di trovare indicato il suo nome come cantante del pezzo che era, naturalmente, The Great Gig in the Sky. Non diede al momento comunque troppo peso alla cosa, al punto che quando qualche giorno dopo Alan (che era naturalmente Alan Parson, tecnico e ingegnere del suono dei Pink Floyd e in seguito a sua volta musicista di grande successo) incontrandola le disse che «il disco stava andando bene», lei chiese «che disco?»

The Great Gig in the Sky è diventato tra i brani più celebri del mondo grazie all’assolo improvvisato da Clare, cantante e turnista londinese pagata 30 sterline supplemento domenicale incluso.
The Dark Side of the Moon, con oltre 50 milioni di copie è uno degli album più venduti di sempre.

In alto, CLaire e il bassista della band; in basso, la band

Solo nel 2004, dopo oltre trent’anni di riflessioni, Clare Torry si convinse a citare in giudizio sia i Pink Floyd che la EMI per le mancate royalty, ritenendo di aver contribuito anche artisticamente al brano The Great Gig in the Sky (originariamente accreditato al solo Richard Wright).
All’inizio del 2005 l’Alta Corte di Giustizia britannica riconobbe valide le ragioni della cantante e la dichiarò co-detentrice dei diritti d’autore sulla canzone disponendo chetutti i dischi stampati dopo il 2005 avrebbero dovuto indicare Torry/Wright come autori del brano. Relativamente all’aspetto economico si è invece raggiunto un accordo extragiudiziale, del quale non sono stati mai resi noti i termini e soprattutto le cifre.

Note:
Il web è ricchissimo di sviluppi e approfondimenti su questa storia che mi ha sempre affascinato.

Il titolo di questo mio pezzo è una parte di un aforisma* che ho preso in prestito dal documentatissimo pezzo di Luca Divelti su Auralcrave (https://auralcrave.com/2017/12/03/the-great-gig-in-the-sky-la-perla-dei-pink-floyd/).

Per chi vuole scoprire altri dettagli ecco una bella collezione di link.
https://it.wikipedia.org/wiki/The_Great_Gig_in_the_Sky
https://it.wikipedia.org/wiki/The_Dark_Side_of_the_Moon
http://www.ondamusicale.it/index.php/oggi-in-primo-piano/5526-clare-torry-ecco-la-storia-dell-autrice-di-the-great-gig-in-the-sky
http://www.ondamusicale.it/index.php/musica/9761-the-great-gig-in-the-sky-ecco-la-storia-di-uno-dei-pezzi-piu-belli-dei-pink-floyd
www.fabiosroom.eu/it/canzoni/the-great-gig-in-the-sky/

E dopo tante parole, ecco la musica!
https://youtu.be/cVBCE3gaNxc

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* “Il caso è lo pseudonimo di Dio quando non vuole firmare”
è un aforisma di Anatole Franceall’anagrafe Jacques François-Anatole Thibault (Parigi, 16 aprile 1844 – Saint-Cyr-sur-Loire, 12ottobre 1924) scrittore francese, Premio Nobel per la letteratura nel 1921.
https://it.wikipedia.org/wiki/Anatole_France

Paolo Pagnini
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