Ricerca si, vivisezione no.

Già Gandhi diceva che la grandezza di un popolo si misura da come tratta gli animali.
Nel nostro Paese, purtroppo, la pratica della dissezione e della vivisezione degli animali “da laboratorio,” la cui quantità presso gli istituti di ricerca ed università veniva denominata “magazzino,” era fino al 1993 parte integrante obbligatoria della preparazione degli studenti destinati alle professioni sanitarie, medici, infermieri, biologi, ricercatori.

Una immagine da laboratorio

Una ecatombe quotidiana di poveri topolini, coniglietti, cani, gatti, scimmie, usati per esperimenti “dimostrativi” dai docenti che imponevano ai discenti “esercitazioni pratiche”.

Fortunatamente la legge 413/93 limitò questi inutili sacrifici disponendo il diritto all’obiezione di coscienza ad ogni atto connesso con la sperimentazione animale di cittadini, medici, ricercatori, personale sanitario, studenti universitari. Già nel 2006 la maggior parte delle facoltà di medicina americane e canadesi avevano eliminato i laboratori con animali.

L’Europa sembra avviarsi con più fatica verso questo nobile traguardo. Inevitabilmente, con l’andar del tempo, l’osservazione critica dei risultati ha confermato quanto la vivisezione sia spesso inutile poichè gli esseri umani reagiscono diversamente dagli animali alle sostanze sperimentate su di loro, per cui i risultati sono approssimativi. Ad esempio, nei test di cancerogenesi, i falsi positivi sono pari al 50%.

Già nel 2003 le ferree convinzioni sulla veridicità delle risultanze degli esperimenti su animali risultavano abbondantemente disattese. In un articolo de “Il sole 24ore” un illustre ricercatore parla così di una sperimentazione su topi, fatti ammalare di distrofia muscolare per poi tentare di guarirli: “la bontà della cura andrà valutata in futuro su altri e diversi animali perchè la variabilità genetica implica risposte diverse; pertanto nulla cambia per i malati in quanto bisogna sperimentare altri…cinque anni”!

Topo reso ammalato

Era quanto si affermava mentre da tempo la grande macchina della ricerca, compresa la celebre Telethon, raccoglieva un’ingente mole di denaro, sull’impiego del quale però non veniva data spiegazione alcuna.

Un aspetto assai poco verificato della sperimentazione su animali è quello degli effetti a lungo termine sull’uomo delle sostanze sperimentate; si comincia a comprendere che non basta osservare il danno o l’effetto immediato, fisico o anche letale, prodotto sull’animale, ma va valutato anche l’eventuale danno o effetto futuro che può palesarsi sugli organismi, va compreso il meccanismo della sostanza chimica nel tempo. Ciò non è che l’ulteriore conferma di quanto la ricerca basata sulla vivisezione di animali appaia come la punta di un iceberg i cui risultati, se ci sono, possono essere assai insidiosi; inoltre raramente i risultati fallimentari vengono evidenziati e fatti conoscere al pubblico.

Gli animali come vorremmo vederli

L’uso dei metodi alternativi è già inseguito da tempo e finanziato da associazioni di ricerca italiane e svizzere, l‘italiana Leal, la svizzera Atra, che hanno come obiettivo lo studio e lo sviluppo di procedimenti che non utilizzano animali, nonché la diffusione di una cultura atta a cambiare la mentalità ancora diffusa dell’animale visto prevalentemente come strumento. L’uso dei metodi alternativi viene raccomandato anche dal REACH, il regolamento dell’Unione Europea adottato per migliorare la protezione della salute dai rischi delle sostanze chimiche e applicato in ventotto stati membri. Il premio Nobel per la medicina Shin’ya Yamanaka ha dato un grosso impulso a questo tipo di ricerca, lavorando sulle cellule staminali che possono formare qualunque tessuto umano sul quale sperimentare.

Recentemente la ricerca è andata ben oltre. Un team di studiosi dell‘Università di Pisa ha costruito, grazie all’uso di nanotecnologie, mediante chip in silicio per test farmacologici, un minifegato artificiale tridimensionale, assai attendibile come modello di esperimento perchè costruito in modo da risultare del tutto simile al fegato umano. Questo organo replicato riesce a mantenere l’attività e le caratteristiche della cellula più a lungo che in una normale coltura, in condizioni fisiologiche assai simili a quelle del corpo umano.

Incredibili coccole

Auguriamoci che la ricerca continui per questa strada, mettendo fine a tante inutili sofferenze per gli animali e recuperando quel ritardo nella conoscenza che si è accumulato percorrendo itinerari sbagliati. Diciamo si alla ricerca e no alla vivisezione, controllando dove i fondi raccolti affluiscono e come vengono usati.

Elisa Prato

Elisa Prato nasce l’ultima domenica di Carnevale di un freddissimo inverno piemontese, sotto il segno dell’Acquario, ma con una pratica luna in Capricorno.
Laureata in legge, lavora come funzionario e dirigente nella pubblica amministrazione.
Oggi alterna l’attività di consulente e formatore con quella di recensionista in arti sceniche; inoltre coltiva e pratica il reading.
Evergreen nel DNA, crede fortemente nella funzione riformista delle donne, portata avanti insieme agli uomini, diretta all’evoluzione sociale e alla maturazione personale autentica di entrambi i sessi.

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4 Responses to “Ricerca si, vivisezione no.”

  1. Maristella Grillo scrive:

    Da Il Cofanetto Magico,escono articoli bellissimi e tutti molto interessanti.Si alla Ricerca,NO alla Vivisezione!Perché queste piccole creature innocenti debbano patire atroci sofferenze?quando… la ricerca può andar avanti in altro modo.Mi Complimento con le associazioni Italiane e Svizzere per lo studio e lo sviluppo al cambiamento ,e con il Premio Nobel per la medicina Shin’ya Yamanaka lavorando su cellule staminali.Mi Complimento con Elisa Prato ed infine,ma non per ultimo mi complimento con la Giornalista Maria Cristina Giongo e tutta la Redazione per la Bellezza Amore Passione con la quale viene trattato ogni articolo.

  2. Elisa Prato scrive:

    Grazie Maristella di questa importante commento, che fatto da una persona di prestigio come Te richiama ulteriormente l’attenzione sul rispetto dei nostri amici senza voce. Grazie anche a Cristina, come sempre elegante padrona di casa, che mi permette di esprimere il mio sentire su una battaglia che sostengo da anni: infatti l’ente per cui lavoro, a seguito di un mio articolo inviato al Direttore centrale, smise di sostenere la ricerca che non documenta in che modo vengono usati i fondi.Un caro saluto.

  3. Grazie di cuore a Maristella Grillo e ad Elisa Prato per i complimenti e condivido tutto quello che avete scritto. E visto che ci sono…io sono anche contro la caccia. Non capisco come si possa definire uni sport sparare a deliziosi uccellini che volano felici!

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