Tumore: essere forte è l’unica scelta che hai.

“Non sai mai quanto sei forte fino a quando,
essere forte, è la sola scelta che hai.” (Cayla Mills)

Chi sono io? Una ragazza, una come tante che insegue i suoi sogni, sogni che si porta dietro ormai da un po’ e che, proprio quando stava per acchiapparli una folata di vento li ha allontanati.
Oggi, avevo voglia di raccontarvi una storia allegra e appassionata seguita da un grande lieto fine, e quale tema più avvincente di quello della lotta che ogni giorno uomini e donne intraprendono dentro e fuori di se? Ecco, mi sento egoista a pensare alla laurea proprio ora e mi sento stupida a pensare alle tante pagine di cui mi sono e continuo a lamentarmi… ma soprattutto a quanto futili possano essere alcuni pensieri nel momento in cui si ha qualcuno di importante accanto che non sta bene, come la mamma.

Si, la mia mamma ha avuto un brutto male (parlo al passato perché voglio vederlo collocato lì nel tempo) ma la parte più difficile da superare rimane sempre quella mentale, l’imparare a convivere con una malattia, il non sentirsi più invincibili come quando si era ignari del tutto, l’imparare ad affidarsi a chi ha “fatto le scuole”, che ha studiato, a “chi è bravo”, a chi freddamente ti vede esattamente come ogni altro paziente, alla gentilezza delle infermiere, a quei volontari che, con una parola dolce, cercano di accarezzarti il cuore.

E chi è accanto? Chi è accanto ha solo una possibilità: armarsi di forza, non farsi mai scorgere triste o pensieroso, essere sempre super attivo e talvolta piangere, ma di nascosto, quando tutti dormono e nessuno può sentir scendere quelle lacrime che ci rendono vulnerabili e umani… e mostrare sempre un impeccabile e forte sorriso. Ma solo lui conosce il dolore del sentirsi impotenti di fronte a parole delle quali fino a pochi giorni prima non ne conosceva nemmeno l’esistenza, come carcinoma o K (come lo si segna in campo medico), linfoadenectomia, linfo… cosa? Uh, si i linfonodi, li ho studiati tempo fa, ma cosa sono? A che servono? E cominci a smanettare tra libri delle scuole medie ed internet alla ricerca di quelle parole a te un po’ più familiari che ti permettono di capire davanti a cosa ci si trova, per non sentirsi esclusi da tutti quegli argomenti che vengono intrapresi lì, davanti ai tuoi occhi, e che per te rimangono galleggianti in aria come brutte parolacce. Ecco come ci si sente a star accanto: inutili, inetti, incapaci, indispensabili. Ma ben si sa che, quando si ha accanto qualcuno che condivide con te il tuo dolore, l’animo può superare molte sofferenze.

Parola del giorno: metastasi. Oggi sul referto della biopsia è comparsa questa nuova parola e poi ne è comparsa anche un’altra che sembrava lontana da me, o pensavo facesse parte solo di qualche film strappalacrime, chemio. Lo so, non è la prima, né sarà l’ultima persona che le va incontro ma, se non si è informati come me –che non conoscevo nemmeno la differenza tra il cancro e il tumore- è una di quelle parole che suonano più come una sentenza che come un invito alla cura e al prevenire. Ed io questo l’ho capito… ma, come reagisce chi sa di avere un male addosso? E soprattutto come reagisce se gli dicono che il tumore non è stato ben tolto e “dobbiamo nuovamente ricoverarla per persistenza K”!. Di nuovo quel K, di nuovo il verde camice del primario, di nuovo l’odore dell’ospedale e l’aumento della tensione.
E cominciano quei discorsi sul “Perché a me? Perché di nuovo a me?” e cominci a metterci in mezzo la religione, la salute, a fare paragoni. Senti le notizie al telegiornale e cerchi di incoraggiati egoisticamente guardando chi “sta peggio” e subito nasce il senso di colpa per i cattivi pensieri appena fatti, per il male che senti, per quegli occhi tristi che dall’altra parte della stanza ti cercano elemosinando conforto e incoraggiamento. Perché, in quel momento, è te che conosce e solo tu puoi darglielo.

“Signora l’importante è che se ne possa parlare!” Forse è per questo che sono qui a scrivervi della mia esperienza di figlia, così come avrei voluto che, tempo fa, qualcuno avesse fatto con me, preparandomi a quello che sarebbe stato l’iter di questi mesi, pronto con mille risposte alle mie duemila domande. Mi sentivo estranea, lontana da tutti i mali del mondo. Mi accorgo ora, che alcuni mali nascono all’interno e quando qualcuno decide di lottare e riesce finalmente a nominare la parola “tumore” molti visi intorno si illuminano con quella tipica espressione di chi sta per dire “Lo sai che anche nonna o zia o mamma lo hanno combattuto oppure lo stanno combattendo?” …allora mi chiedo perché tanta paura nel nominare un male? Perché tanto timore nel volersi esprimere invece di farsi coraggio tutte insieme in un percorso simile?
Io avrei voluto conoscere prima qualcuno che l’avesse debellato o che ci stesse combattendo, proprio per capire come comportarsi, come pensare, come potersi sentire utili, il poter imparare dall’esperienza altrui, il potersi confrontare, il poter ricevere un sostegno competente, il poter crescere anche da questo punto di vista… così che poi l’esperienza, personale e acquisita, avrebbe aiutato a far il resto.

LOTTARE: battersi per qualcosa, impegnarsi con ogni mezzo
per raggiungere uno scopo o per risolvere situazioni problematiche.

Lottare anche contro le proprie paure ma mai mollare. Questo è quello che mi hanno insegnato i miei genitori fin da piccola. E questo è stato il leitmotiv che mi spinge ad andare avanti: lottare contro un male che deve andare via.
Sicuramente non è facile affrontare avvenimenti simili, portano ad uno sconvolgimento della quotidianità, l’intera famiglia si trova ad affrontare, in maniera inaspettata, il nuovo percorso oncologico fatto di tutti quei tabù che attraversano chilometri e chilometri, da casa alla prima infusione chemioterapica. Tutto porta a farti percepire la vita in maniera diversa.

In quegli attimi di maggiore sensibilità, ti accorgi della sua bellezza, del valore dei semplici momenti, dei frangenti affettivi e relazionali, ascolti l’eco di un battito del cuore che rimbomba nelle orecchie, capisci quanto può davvero essere lunga un’attesa, capisci quanto un tumore non è solo di chi lo “ospita” ma si infiltra anche in chi, accanto, ha solo la forza di un sorriso per combatterlo.

Marica Caramia
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4 Responses to “Tumore: essere forte è l’unica scelta che hai.”

  1. Claudia Tagliabue scrive:

    Mia dolce, adorabile Marica, Amica, materialmente sconosciuta, ma ben visibile agli occhi, al cuore e all’anima. Da lontano ho seguito il percorso della tua cara mamma, ma soprattutto nei miei pensieri c’eri tu (stenterai a crederlo), sono rimasta silenziosamente accanto a te, perché credo, che in alcuni momenti così particolari, si è invadenti anche con le parole. Hai ben descritto il “quadro sanitario” della malattia: CANCRO! Lo si conosce, se ne sente parlare continuamente, lo ha avuto anche l’amico, il vicino di casa, il portinaio… ma fin quando non tocca te personalmente o nell’ambito della tua famiglia, non gli dai il giusto peso. Quando succede tutto crolla, ti sembra di vivere in una bolla, dalla quale vedi e senti, ma non capisci fino in fondo cosa realmente sta succedendo! Poi come per magia, ecco la ribellione, quel sentimento che ti porta a non accettare passivamente gli eventi, ma cerchi disperatamente un qualcosa che ti aiuti ad affrontare con grande coraggio e grinta la situazione attuale e tutto ciò che ne verrà. Tu l’hai trovato quel “qualcosa” ed è stato miracoloso. Del resto da una persona come te, non ci si poteva aspettare null’altro !!! E non siamo egoisti, se dimentichiamo i mali del mondo, sai perché? Perché il TUO mondo è lì dove stai vivendo e il “popolo” sono i tuoi cari, chi vive con te. La tua mamma è tutto ciò che importa in questo momento ed è veramente molto fortunata ad averti accanto! Vi abbraccio entrambe, donne meravigliose !

    • Marica C. scrive:

      Claudia, le tue parole mi emozionano… e non lo dico tanto per dire. Detto da una donna come te, una combattente nata, può solo donarmi conforto e forza, sei un esempio… Non serve che io dica altro, come ben hai detto, ci percepiamo anche a tanti chilometri di distanza. Ti abbraccio!
      Maricuccia

  2. Nenè scrive:

    Anni fa un mio insegnante definì il tumore una malattia familiare, noi tutti pensammo s
    ubito alla genetica e le sue regole, alla ereditarietà dei caratteri ecc..ma lui ci corresse insistendo sulla familiarità della malattia, non ereditarietà come erroneamente noi indendemmo, proprio perché come hai detto tu non riguarda mai il singolo paziente, ma l’intera comunità,tutta la cerchia dei suoi affetti, infatti ‘si infiltra anche in chi ha solo il sorriso per combatterlo’. Ma io sono convinta che non bisogna mai sottovalutare il potere straordinario e la forza prorompente di un sorriso, credo sia l’arma più potente di tutte, e tu mia cara Marica, ne sei una portatrice sana di sorrisi e risate! Questa rappresenta la tua forza e vedrai che sarete in grado di affrontare qualsiasi sfida insieme ??
    Ti abbraccio forte cara Marica e se serve ti mando un po’ anche del mio di sorriso ???

    • Marica C. scrive:

      Grazie Nenè,
      prima di tutto ricambio l’abbraccio! E se devo essere sincera, dato il contesto nel quale hai sviluppato i tuoi studi, anche io avrei pensato a “familiare” in quel senso, vedere che la scienza non si sofferma al solo bianco o nero mi rincuora! ehehe
      Il tuo sorriso è il benvenuto e il mio sincero ti riponde!
      Grazie ancora! <3

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