Immortal – La Giustiziera. Undicesimo episodio

Francesco, sente tutto il peso della responsabilità per il coinvolgimento di Monica nella ricerca di nuovi elementi volti a riaccendere l’interesse sulla brutta storia di femminicidio, vittima Gemma la sorella di Giana (Immortal), le cui indagini sembrano stagnare. D’altro canto Monica non fa nulla per tranquillizzarlo con il suo atteggiamento di sfida, quasi a voler richiamare su di sé la sua attenzione ad oltranza. Suggestive le gincane notturne per le strade di Roma e le tormentose attese nei recessi bui di viali alberati. Buona lettura.

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La confessione

Mi fermai con la macchina sul lato sinistro di Viale della Civiltà del Lavoro, col muso rivolto verso il “Colosseo Quadrato”, da dove avrei potuto osservare agevolmente gli avventori del locale. –Eccoci arrivati Mata Hari! Ora tocca a te sventare l’intrigo!– scherzai. Monica teneva la testa bassa, senza dire niente. –Se non te la senti, lasciamo stare!– le dissi mentre appoggiavo la mia mano sulla sua. Lei si girò lentamente verso di me, aveva gli occhi lucidi. Prese la sua borsa, aprì la portiera di scatto ed uscì senza rispondermi. Mi affrettai a dirle –Controlla sempre che il telefonino sia acceso!-. Si affacciò al finestrino, mi guardò seria in viso. Notai solo allora delle leggere occhiaie sotto le sue palpebre. Le donavano. Le davano nel contempo fascino e senso di sofferenza. Mi disse –Scemo!– e si avviò ancheggiando esageratamente verso il bar, senza più girarsi.
Aspettai interminabili minuti prima che lei ed Alvaro uscissero dal bar. Monica gettava occhiate nella mia direzione, rideva divertita più che altro per farmi dispetto. Mi sentivo agitato, nervoso. Volevo scendere, prenderla per un braccio, trascinarla via –Ora basta, la commedia è finita, monta in macchina.– Magari è proprio quello che vorrebbe, pensai.

Alvaro, con la sua BMW serie 3 vecchio tipo, imboccò a razzo la Cristoforo Colombo in direzione Centro. Faticavo a stargli dietro. Lo raggiunsi mentre si immetteva sulla corsia laterale. Feci la stessa manovra. Giunti in prossimità dell’ex fiera di Roma, girò a sinistra a semaforo giallo verso la Garbatella, a tutta velocità, facendo stridere le gomme. Lo seguii mentre scattava il rosso. Sapendo che alla fine della strada avrebbe dovuto girare obbligatoriamente a destra, svoltai alla traversa precedente, in modo da ritrovarmelo all’incrocio con la strada perpendicolare. Mi passò davanti a velocità moderata. Continuai a stargli dietro a distanza, ormai non potevo più perderlo. Si fermò davanti ad una rinomata trattoria romanesca della zona. Parcheggiai poco distante, nella sua stessa direzione di marcia. Nell’attesa chiamai Giana per informarla sugli sviluppi. Mi chiese, preoccupata, se Monica non avesse paura. –No, no!– la rassicurai –Lei in queste situazioni ci sguazza dentro.-.
Meno male! Io non avrei avuto il coraggio di uscire con un assassino, anche se ho qualche dubbio che Alvaro possa aver fatto del male a mia sorella.
Lo spero anch’io, ma aspettiamo prima di escluderlo. Scusa, ma tua sorella non aveva mai avuto minacce o subìto violenze da parte di Den?– le chiesi.
Non mi risulta che l’avesse mai picchiata, comunque non lo escludo. Sicuramente le faceva violenza psicologica. Una volta Serena mi disse che da quando non c’ero più io, lui era diventato più dispotico, specie in presenza di altri. La situazione sembrava essere migliorata quando Gemma era stata convocata per un impiego presso gli Aeroporti di Roma. La sera rimaneva a casa a studiare per prepararsi alla selezione. Den si mostrava comprensivo e conciliante. Ma, ben presto, il bastardo aveva gettato la maschera. Una sera Gemma era arrivata raggiante in pizzeria dove si erano dati appuntamento tutti e quattro, lei, lui, Serena e Mimmo. Nell’attesa delle pizze, mia sorella annunciò che presto sarebbe dovuta andare a Milano per le prove psicofisiche in vista della sua assunzione all’aeroporto. Den, che aveva già dato segni di insofferenza nel vederla in uno stato di grazia, sbiancò in viso, sbatté i pugni sul tavolo, facendo cadere per terra posate e bicchieri. Si alzò di scatto precipitandosi fuori, sotto lo sguardo attonito degli avventori del locale strapieno a quell’ora. Mimmo lo seguì a ruota. Attraverso la vetrata, Serena e Gemma, li vedevano discutere sotto un lampione. Den faceva avanti e indietro, agitato come una belva in gabbia. Con una mano si teneva la fronte, con l’altra allontanava Mimmo che cercava di calmarlo. Mia sorella aveva il terrore negli occhi. Mentre l’inserviente raccoglieva i cocci, riuscì a balbettare a malapena: “Ma cosa avrò mai detto di male?”, “Forse ne avresti dovuto parlare prima con lui” le aveva detto Serena. “Ma sono cose che riguardano la mia vita, il mio futuro. E poi! Ho voluto farvi una sorpresa. Pensavo che vi avesse fatto piacere.” Evidentemente, non a quel bastardo!– chiosò Giana rabbiosa.
Ma tu non provasti a parlarle?
Fu lei a chiamarmi la sera dopo, consigliata da Serena. Mi salutò normalmente, come se nulla fosse accaduto tra di noi. Era ignara del fatto che io sapessi già tutto. Cominciò nel farmi domande sul lavoro: se mi piaceva, se mi ero ambientata, eccetera eccetera. Fingeva allegria. Parlava, parlava, era un fiume di parole. Mi disse della prospettiva di lavoro all’aeroporto. Mi ringraziò per averglielo consigliato io di inviare il Curriculum Vitae. La conoscevo troppo bene per non capire che quell’euforia nascondeva la sua inquietudine e forse il rimorso per non avermi dato retta quando insistevo nel dirle di non impelagarsi con quel pallone gonfiato. “E con lui come va?” le chiesi a sorpresa. Si ammutolì di colpo. La sentivo ansimare. “Gemma, cosa ti succede?” le chiesi con insistenza. Stava piangendo, un pianto accorato, irrefrenabile. Cercai di calmarla. Le dissi di non preoccuparsi e che poteva sempre contare su di me. Con voce spezzata dai singhiozzi, mi chiese perdono per avere tradito la mia fiducia per colpa di Den. “Infatti, io non ce l’ho con te ma con quel bastardo. Vedrai che sistemeremo ogni cosa.” la rassicurai. “Non è facile come pensi…” disse lei. “Ho paura che possa farmi del male. Ieri sera mi ha minacciata dicendomi che non mi lascerà andare da nessuna parte. Dovrai stare con me finché lo vorrò io, capito?, mi ha detto gridando davanti a tutti nella pizzeria dove eravamo con Serena e Mimmo”.
Giana, ormai in allarme, le aveva detto: –Sabato ti vengo a prendere di mattina verso le nove. Fatti trovare pronta. Vieni a stare con me fino a quando non devi partire per Milano e comunque finché non si saranno calmate le acque. Quello non lo devi più vedere. E’ pericoloso.

Mi giunse un segnale su Whatsapp. Mi congedai subito da Giana. Era un messaggio di Monica: “Stiamo per uscire. Ora lui è alla toilette, preparati”. “Registralo se puoi”, le risposi subito.
Misi in moto la macchina a luci spente. Uscirono dopo una decina di minuti. Li seguii a distanza. La BMW si fermò in una zona poco illuminata di un viale alberato. Parcheggiai sul lato opposto, al buio, sotto un platano, giusto prima d’un passo carrabile per avere più visualità e libertà di movimento. Monica con una scusa aveva fatto mantenere la lucetta interna accesa. Questo mi permetteva di controllare meglio la situazione. Ad un certo punto andai in allarme. Vidi che Alvaro agitava le mani verso di lei, ma mi resi subito conto che stava mimando qualcosa. Dal finestrino aperto usciva il fumo delle sigarette che lui accendeva una dopo l’altra. “Mi sa che è in vena di confessioni il tipo!” mi dissi.

Dopo una mezzora, la portiera del lato guida si aprì all’improvviso. Alvaro balzò fuori di botto, via di corsa verso un albero. Scesi dalla macchina precipitandomi verso Monica che nel frattempo aveva recuperato in fretta le sue cose e mi stava venendo incontro. –Sali in macchina, andiamo via subito!– le dissi. Alvaro stava ancora vomitando, appoggiato con una mano all’albero quando ci allontanammo.
Monica cominciò a guardarmi con insistenza. –Cosa c’è?– le chiesi.

Scoppiò a ridere senza ritegno. –Ma che ti ridi, scema!– Si contorceva sul sedile agitando la mano cercando di dominarsi, senza riuscirci. Ne venni contagiato. Accostai a destra e scoppiai a ridere insieme a lei. Ridemmo a lungo, senza motivo, fino alle lacrime. Dopo essersi calmata, estrasse dalla borsa il suo smartphone brandendolo come un trofeo. –E’ tutto qua dentro!– disse trionfante. –Quei bastardi sono fottuti.

Valentino Di Persio
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Continua il prossimo mese.

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2 Responses to “Immortal – La Giustiziera. Undicesimo episodio”

  1. Nené scrive:

    Grande Monica!! È riuscita a far confessare tutto ad Alvaro, credo proprio che ben presto la morte di Gemma avrà giustizia!! O forse no? Sinceramente un po’ temo un colpo di scena che possa rivoluzionare tutta la storia, come ormai la sapiente penna di Valentino ci ha abituati 😉 staremo a vedere. Alla prossima puntata e ovviamente grazie Valentino per questo episodio 😉

  2. Valentino scrive:

    Cara Nenè, sarà pure “Grande” come tu dici la tua amica Monica, ma è una grande rompiscatole. Con lei non c’è un attimo di tranquillità. Quel povero Francesco lo fa stare sempre sui carboni ardenti ! Comunque, è vero, Monica è un personaggio che sta venendo fuori alla “Grande”, senza di lei la storia non avrebbe “storia”. Aspettiamo di vedere quali altri casini combinerà. Ciao, grazie per il commento lungimirante.

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