La scimmia della pozza e i leoni in doccia

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Il fiume Orange

Augrabies Falls

Una leggenda narra che alla base della cascata Augrabies formata dal fiume Orange (in Sud Africa), vi sia un deposito di diamanti trasportati dalla corrente in milioni di anni.
Si narra anche che qui l’acqua sia però profonda più di 100 metri e sia anche la tana della malvagia “scimmia della pozza” pronta a ghermire chiunque cerchi di sottrarre i diamanti.
Sta di fatto che, quando nel 1934 un’eccezionale (ed unica) siccità trasformò il fiume in un ruscello, il timore della scimmia fu più forte del desiderio di arricchirsi e nessuno fece ricerche.
Il complesso delle cascate Augrabies (parola ottentotta che significa “luogo dal grande rumore”), fa parte del parco nazionale omonimo che è uno dei più interessanti del paese soprattutto per via del paesaggio dominato dal fiume che scorre, a valle delle cascate, in una gola lunga 18 km e le cui pareti sono alte anche 250 m.
Augrabies è una delle 6 più grandi al mondo e mentre nella stagione secca sopravvive solo un salto di 60 metri, nella stagione delle piogge la gola si anima fino a divenire, durante le non rare alluvioni, un terrificante girone infernale.

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A sinistra ottobre 2010; a destra febbraio 2011 (tratta da Internet)

L’Orange, con i suoi 2.000 km è il più lungo del Sud Africa (e uno dei più lunghi del continente) e per un lungo tratto funge da confine tra Sud Africa e Namibia.
In occasione della nostra prima visita, durante la stagione secca, la nostra attenzione fu colpita dai pannelli fotografici posti all’ingresso del campo e che testimoniavano la possanza del fiume: drammatiche inondazioni (so che ormai è di moda dire esondazioni, ma inondazioni e straripamenti, esistono ancora nel nostro dizionario) che si sono succedute in tempi recenti.

Un giorno, nel forum di “Tracks4Africa” (gruppo sudafricano di amanti dei viaggi e della navigazione satellitare di cui faccio parte), qualcuno pubblicò una foto delle cascate durante la piena del febbraio 2011.
Ho provato un certo brivido nel confrontare questa foto con quella da me scattata dalla stessa posizione solo pochi mesi prima (ottobre 2010) “a fiume quieto”. Durante le piene la cascata ha una portata di 7000 metri cubi al secondo che è superiore a quella delle cascate del Niagara.

La visita alle cascate ed alla gola si effettua su di una passerella di legno costruita sulle rocce ed intervallata da piattaforme a sbalzo sul baratro: un’opera originale, decisamente suggestiva e soprattutto sicura.
Da quando il parco è stato proclamato nel 1966 più di 20 persone sono morte cadendo nella gola per essersi “spinti troppo in là”.
Durante la visita si è accompagnati dai Dassie, piccoli e simpatici roditori che sono sempre combattuti tra la loro grande curiosità e la innata diffidenza.

All’interno del parco vi sono altri luoghi interessanti come l’ Echo Corner ove la risonanza viene percepita a lungo, Ararat da cui si ammira un lungo tratto della gola del fiume, oppure come la Moon Rock, monolito a forma di panettone, dalla cui sommità si ammira un superbo paesaggio.
Naturalmente vi sono anche numerosi animali.

Come in tutti i parchi nazionali sudafricani, gli chalet ed i bungalow in cui si alloggia sono autosufficienti, ben arredati e puliti ma, soprattutto, costruiti in posizioni panoramiche.

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Kgalagadi

Kgalagadi Park

È un parco transfrontaliero (che si estende, cioè, in più paesi senza barriere) formato nel 1999, dall’unione dei parchi Kalahari-Gemsbok in Sud Africa (proclamato nel 1931) e Mabuasehube-Gemsbok in Botswana (proclamato nel 1938). Anche se non è uno dei più famosi è certamente uno dei più suggestivi e soprattutto incontaminati.

È caratterizzato dalla natura selvaggia a carattere semi arido (Savana) ed è attraversato da nord a sud dal fiume Nossob in cui si immette il fiume Auob, che proviene dalla Namibia (con cui il parco confina) che è però quasi sempre secco.
Quest’ultimo è soggetto di una storia originale.
All’inizio della Prima Guerra Mondiale, il governo del Sud Africa fece trivellare alcuni pozzi lungo il fiume per provvedere acqua alle truppe in caso esso fosse servito da corridoio per invadere l’Africa Occidentale Tedesca (odierna Namibia).
Le truppe non passarono mai dal fiume, ma alcuni dei soldati lasciati a presidio dei pozzi vi rimasero anche dopo la guerra come allevatori ed agricoltori.

È possibile campeggiare, oltre che nei tre campi principali ben attrezzati e recintati, in postazioni spartane nella parte più selvaggia a nord.
Questi siti sono composti da una tettoia, da un gabinetto e da una doccia costruiti in legno ed è necessario prenotare in anticipo in quanto è consentito un solo nucleo di campeggiatori alla volta.
Nell’ottobre 2006, avevamo prenotato la piazzola GMA2, a sud del Mabuasehube Pan, un bacino naturale quasi sempre secco.
Poco prima della nostra partenza per il viaggio, sempre in “Track4Africa”, fu pubblicata la foto di un leone che entrava nella doccia per abbeverarsi (i rubinetti non chiudono bene) proprio nel sito che avevamo prenotato.
È vero che nei nostri viaggi abbiamo spesso messo in conto la presenza di animali che gironzolavano intorno a noi, ma questo episodio ci ha divertito ed inquietato allo stesso tempo.

Pare che questa sia divenuta un’abitudine visto che in rete sono pubblicate foto anche recenti di episodi simili.

Giunti alla meta e dotati del fatalismo che si acquisisce vivendo in Africa, abbiamo potuto però rilassarci (sempre restando nei pressi dell’auto) gustandoci i colori ed i profumi del tramonto dopo una frugale cena.
Veloce utilizzo dei “servizi” (con tutti i sensi in allerta) e poi a dormire dentro la Land Rover Defender, da me appositamente modificata per i viaggi.
Durante la notte abbiamo udito solo qualche lontano richiamo di iena, ma si è dormito poco perché la temperatura è scesa fin quasi a zero gradi in uno degli infrequenti periodi di freddo intenso a metà ottobre.

Al mattino, oltre ai consueti uccellini che si cibavano delle briciole di pane e biscotti residui della cena, è venuto a farci visita uno “sciacallo dalla gualdrappa” per nulla intimorito perché, probabilmente, abituato ai turisti.
È pessima ancorché comune abitudine, da parte dei turisti, dare cibo agli animali selvatici per poterli fotografare o per compassione.

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tramonto e…… alba

Oltre ad essere proibita in tutti i parchi questa usanza è deleteria perché contribuisce a cambiare le abitudini degli animali i quali perdono la capacità di procurarsi cibo e possono divenire aggressivi nei confronti dell’uomo e altri animali nella competizione per il cibo “facile”.
Lo sciacallo, visto che non riceveva nulla in cambio delle foto da noi scattate, se ne è andato tranquillamente forse etichettandoci come “turisti taccagni”.

La parte nord del parco incontaminata è solcata solo da alcune piste percorribili con 4×4 e previo permesso ottenibile all’ingresso ed è stato un emozionante piacere percorrerle.
Anche se ognuno di noi vive l’immersione in questo ambiente inospitale in maniera personale, certamente il senso di libertà e la pace suscitati dalla savana con la sua rada vegetazione ed i profumi sono sentimenti diffusi.
I profumi, di cui si parla poco, in genere, nei racconti di viaggi, sono un elemento importante nella umana percezione della realtà circostante.
È vero che il nostro olfatto non è sviluppato come quello di altri mammiferi, ma è altrettanto vero che lo usiamo poco.
Associare la “memoria” dei profumi alle immagini colte nei nostri viaggi africani, è ancor oggi esercizio comune in famiglia e ci aiuta a rievocare quelle sensazioni che ancora oggi, a distanza di così tanti anni, riemergono al semplice parlarne.

Testo e foto (ove non altrimenti specificato) di Mauro Almaviva

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5 Responses to “La scimmia della pozza e i leoni in doccia”

  1. Elisa scrive:

    Affascimante Mauro, come al solito mi pare di esserci.

  2. Claudia Tagliabue scrive:

    Caro Mauro, dopo aver letto tutti i tuoi articoli, uno più bello dell’altro, oltre a non saper cosa commentare, mi pare di aver veramente visitato i luoghi da te descritti !
    La scimmia che custodisce ferocemente il bottino…
    Il leone che beve nella doccia…
    Lo sciacallo, che sicuramente vi avrà etichettati come taccagni…
    Sono esperienze meravigliose.
    Una cosa provo anch’io, la sensazione di risentire i sapori e gli odori (profumi), delle mie vacanze da piccola, in alta Valsassina, dove si arrivava a piedi, bevendo, strada facendo, l’acqua dei ruscelli. All’arrivo ci aspettava un “albergo”, senza luce elettrica, senza acqua corrente nelle camere, UN GABINETTO sul piano per tutti….. Si andava a letto con la candela e ci si lavava nella catinella. Alla domenica, noi bambini (maschi e femmine) tutti dentro un grande vascone per il bagno !!! La merenda era latte appena munto, o meglio la schiuma del latte, con un nugolo di mosche svolazzanti per tutta la cascina…. Nei boschi si trovavano, mirtilli, fragole e ciliegi selvatici con rami pieni di frutti succosi, che naturalmente non era necessario lavare ! Sono certa che tutto ciò abbia rafforzato il nostro sistema immunitario in tutti i sensi… Nella grande cucina si mischiavano i vari profumi dei cibi in preparazione, dei formaggi, delle marmellate, dei dolci, dello zabaione con le uova appena raccolte…
    Ricordi stupendi ed indelebili….
    Non era l’Africa, ma è rimasto il “mal della Culmine San Pietro”…
    Scusa se ti ho tediato con i miei ricordi, ma volevo che tu fossi certo, di come capisco il tuo stato d’animo, anche se per esperienze completamente differenti….
    Spero leggerti presto!

    • Mauro Almaviva scrive:

      Cara Claudia,
      sono convinto che possiamo trovare l’Africa anche dietro l’angolo. Nel senso che basta poco per farci stare bene: colori e profumi ci sono tutt’intorno. Basta cercarli. Vedi che anche tu hai raccontato di periodi memorabili per te?

      • Claudia Tagliabue scrive:

        Effettivamente, Mauro, hai ragione, Dove sei o sei stato felice è “AFRICA”….. Ed è quella felicità pura, come acqua cristallina !

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