Curiosità storiche. Un intero villaggio per le famiglie operaie a Crespi d’Adda, voluto dalla famiglia Crespi intorno al loro stabilimento. Quando fu chiuso suonarono le campane a lutto.

Crespi d’Adda (in provincia di Bergamo), l’ingresso dello stabilimento oggi tristemente chiuso.

Oggi non sarebbe possibile realizzare un sogno come quello che ha avuto il capitano d’industria Cristoforo Benigno Crespi e successivamente proseguito da suo figlio Silvio. La realizzazione del sogno cominciò nell’anno 1878 quando Cristoforo acquistò 85 ettari di terra dai comuni di Capriate San Gervasio e Canonica d’Adda, una striscia di terra che costeggia il fiume Adda. Allora era importante la presenza dell’acqua per fare funzionare al meglio il suo cotonificio in costruzione. Ma il buon Cristoforo non si accontentò di far erigere solo lo stabilimento.

Crespi d’Adda. Una tipica casa operaia completa di giardino ed orto.

Prima della fine del secolo venne ultimata la sua residenza, un castello in stile neogotico, proprio attaccato all’opificio e prospiciente sul fiume. Di fronte allo stabilimento stavano nascendo le casette delle famiglie operaie con tanto di giardino e orto a cui seguirono le case per gli impiegati e per ultime le ville per i dirigenti. E intanto Silvio, il figlio di Cristoforo, cresceva: era nato a Milano nel 1868.

La famiglia Crespi era originaria di Busto Arsizio (Varese) e per conservare un ricordo affettivo del suo paese Cristoforo fece costruire una copia ridotta della chiesa di Santa Maria in Piazza esistente a Busto Arsizio; qui fu costruita in posizione sopraelevata e tutto attorno vennero creati i servizi necessari per completare il suo sogno. Ecco così spuntare la scuola con annesso l’asilo, l’ospedale, la casa dei pompieri, l’acquedotto, i lavatoi, il campo sportivo e all’estremità sud del villaggio il cimitero.

Agli inizi del nuovo secolo il villaggio era praticamente completato e funzionante, il modello era ispirato a quanto già accadeva in Inghilterra in piena rivoluzione industriale e proprio per questo che Silvio, il figlio, venne mandato a studiare e analizzare i quartieri operai delle città inglesi, con un’attenzione particolare a come tenere gli operai lontano dalla tentazione della politica, dalle idee di sindacato e socialismo che si diffondevano in quegli anni in tutta Europa.

L’asilo scuola di Crespi d’Adda

Una volta tornato in Italia, Silvio affiancò il padre nella conduzione della vita del villaggio, potenziando le attività del tempo libero degli operai con il teatro, le gite, la banda musicale e la società sportiva (Uniti e Forti). Tutto questo per non lasciare la manodopera inoperosa con il rischio dell’abbruttimento, cosa che Silvio verificò spesso nei paesi d’oltrealpe.

A Crespi si studiava fino alla quinta elementare e poi, nella maggior parte dei casi, si andava direttamente in fabbrica. Orari e programmi scolastici erano molto duri, in quanto la scuola doveva fornire manodopera disciplinata e fedele.

Scrisse Silvio durante gli anni d’oro del villaggio “i più bei momenti della giornata per l’industriale previdente sono quelli in cui vede i robusti bambini dei suoi operai scorrazzare per fioriti giardini, correndo incontro ai padri che tornano contenti dal lavoro… un idillio… in cui fra l’occhio del padrone e quello del dipendente corre un raggio di simpatia, di fratellanza schietta e sincera. Allora svaniscono le preoccupazioni d’assurde lotte di classe…“.

L’inizio della fine del sogno ha una data certa. Era il 4 giugno del 1914, quando nella galleria Georges Petit di Parigi vennero battute all’asta 96 opere che fin dal 1885 Cristoforo Benigno Crespi aveva collezionato nella pinacoteca di via Borgonovo, la sua abitazione milanese. Il primogenito Silvio convinse il padre alla vendita per riscattare l’azienda da difficoltà finanziarie ormai incombenti: l’irrobustirsi della Lira, che scoraggiava gli acquisti dall’estero e la crisi del 1929 daranno poi il colpo di grazia a un’economia familiare già compromessa. In listino si citano quadri di Rubens, Tiziano, Lotto e Brueghel. Ma la vendita non fu felice, ricavò solo un milione dei cinque sperati per rinsaldare i conti dei Crespi. Ottantunenne e vedovo, Cristoforo Benigno vendette persino i mobili della sua stanza da letto milanese.

Italia. Una bella immagine della Chiesa di Crespi d’Adda, di scuola bramantesca, che si trova nella regione Lombardia, fotografata da Luciano De Giorgio.

La fine avvenne nel 1930, era l’8 luglio quando nacque la B.C.V.T. che in acrostico riassume la Benigno Crespi, il cotonificio Veneziano e le manifatture Toscane in un’unica società per fare comune fronte contro il crescente indebitamento innescato dal crollo di Wall Street. Dell’impresa, Silvio era consigliere delegato insieme al figlio Emilio, il padre Cristoforo era morto dieci anni prima, nel 1920. La Banca Commerciale italiana era creditrice di 28 milioni presso la famiglia Crespi, che per onorare quel debito cedette all’istituto il palazzo di via Borgonovo, Villa Pia a Orta San Giulio e l’intero villaggio lungo l’Adda, escluso il mausoleo familiare. Silvio tentò invano di riacquistare la frazione operaia che portava il suo cognome, anche su richiesta degli abitanti che lo scongiurano pubblicamente di tornare, ma tutto fu inutile. Il sogno si era interrotto!

L’ultimo capitolo cadde su un lunedì. Era il 20 dicembre del 2004 quando i cancelli dell’ opificio Crespi vennero chiusi definitivamente; anche la ditta Legler, che aveva già chiuso il reparto di filatura nel 1998, e quindi ridimensionato la tessitura e la tintoria, spostò le maestranze che ancora ci lavoravano ricollocandole nel presidio aziendale di Ponte San Pietro, impiegati compresi. Comprendendo profondamente gli effetti della chiusura, di carattere storico finanziario e sociale, il parroco don Luigi Cortesi fece rintoccare le campane a lutto.

Quel Natale, l’immensa distesa della fabbrica, nata centoventicinque anni prima, cadde dormiente tra le sterpaglie in attesa di un investitore coraggioso che potesse reinterpretarne gli spazi e soprattutto i sogni.

Plastico del Villaggio di Crespi d’Adda realizzato nel Padiglione Zero dell’Expo 2015 (foto realizzata da Luciana De Pascale, per sua gentile concessione)

Intanto, già dal 1995 Crespi d’Adda è diventato Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Fa parte dei cinquanta siti italiani scelti dall’Unesco, tra cui annoverano il centro di Venezia e quello di Firenze.
Crespi d’Adda è l’esempio più integro e meglio conservato di villaggio operaio in Europa. Ha un’anima tutta sua, inviolata, capace di trasportare a un tempo e un luogo lontani. Crespi d’Adda è rimasto immutato, visto che nulla è cambiato dagli anni trenta del secolo scorso. L’anno passato, in occasione dell’Expo, l’ Esposizione Universale milanese, nel Padiglione Zero è stato istallato un plastico del villaggio affiancandolo a quello più moderno e futuristico della città di New York. Due culture a confronto attraverso due secoli così diversi.

Di Luciano De Giorgio, il nostro…. “ viaggiatore pellegrino”.

CHI SONO

Sono nato a Parma nel 1954, sposato con due figli e residente in provincia di Milano a Gorgonzola. Dopo un’anonima carriera di impiegato, mi sto dedicando a quello che mi piace, in primis scrittura e fotografia. Attualmente faccio parte del Consiglio dell’Universitá del Tempo Libero di Gorgonzola.

Come fotografo ho scritto il mio nome su vari libri, cito tra gli altri:
– Il volto dei Santi la devozione a Gorgonzola – a cura dell’U.T.L. Gorgonzola 2003
– Ville Cascine Il castello di Trezzo – Comune di Trezzo sull’Adda 2003
– Gli stemmi e la storia – Provincia di Milano 2003
– L. De Giorgio – Fiere e Sagre della Martesana & Adda – Quaderni di Martesana 2004. esordendo anche come autore dei testi.

Ho un sogno nel cassetto: un racconto, che è un viaggio nel mondo delle opere dedicate a Collodi nell’Italia di oggi accompagnati da un Pinocchio innamorato e molti altri suoi simili dal titolo “Pinocchio abita a Gorgonzola“. Sono attualmente alla ricerca di un editore.

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2 Responses to “Curiosità storiche. Un intero villaggio per le famiglie operaie a Crespi d’Adda, voluto dalla famiglia Crespi intorno al loro stabilimento. Quando fu chiuso suonarono le campane a lutto.”

  1. maria cristina giongo scrive:

    Posto io questo commento che mi è arrivato via email da Rita Gamberini perchè lei non ci è riuscita.

    cara cristina,
    non ho potuto mettere il commento sul cofanetto perche’ non funziona il tasto chiocciola.
    Comunque l’articolo èmolto interessante e ben strutturato:le informazioni storiche andrebbero lette
    dai ragazzi delle medie e anche superiori,perche danno informazioni precise su un argomento
    che pochi conoscono:in un periodo troppo tecnologico è meraviglioso pensare a questo villaggio
    a questo villaggio,costruito per il benessere degli operai.Oggi non esiste piu’ la persona ,ma il numero:
    gli operai del villaggio crespi erano tutelati e sopratutto rispettati come persone.
    Il villaggio Crespi,”un museo a cielo aperto” come viene definito ,è un esempio di equilibrio sociale:all’interno c’era ,oltre ai servizi piu’ importanti,anche un piccolo teatro e un campo sportivo,piu’ tardi venne costruita anche una chiesa.
    Il confronto fra ieri e oggi è molto deludente e ci fa pensare al declino dei nostri tempi.
    Complimenti per un articolo cosi’ interessante:i giovani devono conoscere la nostra storia…

    • maria cristina giongo scrive:

      “Si, Rita, hai ragione da vendere, parlando della nostra era tecnologica dov’è tutto è a portata di mano, dove pochi vanno a cercare la vera essenza di storie che si perdono in una fotografia con una didascalia generica.
      Bello sarebbe farlo avere agli studenti, conosco varie insegnanti nella mia città dove, grazie al tuo consiglio, proporrò la lettura di questo mio scritto, magari cercando di far divulgare anche il nostro caro blog del Cofanetto.
      Grazie dei complimenti, considero questo testo come un punto di partenza. Luciano”

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