La maestosità del Fish River Canyon e del Cratere Messum in Namibia

Panorama dall’osservatorio

FISH RIVER CANYON

Alcuni sono stati ritrovati esausti ma ancora vivi, di altri, come un turista tedesco scomparso nel settembre 2005, si è persa traccia.
Il Fish River Canyon non perdona l’imprudenza di chi vi si avventura senza esperienza.
Esso si trova nel sud della Namibia, è percorso dal fiume Fish ed è considerato il secondo canyon più grande al mondo dopo il Grand Canyon americano.
Grandiosi sommovimenti tellurici, centinaia di milioni di anni fa, hanno fratturato la crosta terrestre ed il fiume vi ha scavato la profonda e tormentata gola che si estende per circa 160 km con una larghezza che può raggiungere più di 20 Km e una profondità che, in alcuni punti, supera i 500 m.
Per la maggior parte dell’anno il fiume è in secca, ma vi sono pozze d’acqua semipermanenti che garantiscono la sopravvivenza di flora e fauna; durante la stagione delle piogge, da Gennaio ad Aprile, il Fish può divenire impetuoso.
A causa del caldo e della possibilità di piogge improvvise, il trekking è permesso solo da maggio a settembre (mesi secchi e freschi). Per ridurre al minimo le possibilità d’incidenti il rilascio del permesso è soggetto a stretta regolamentazione.
La lunghezza del percorso di trekking completo è 86 km con un tempo di percorrenza di 5 giorni.
Il punto panoramico principale si trova nel parco Ais-Ais ed è raggiungibile tramite un’agevole strada sterrata.
Da qui si può ammirare, per qualche chilometro, lo snodarsi sinuoso del fiume con anse così strette che neppure un serpente potrebbe formare.
Mia figlia ha definito il Fish River Canyon maestoso, liberatorio e colorato.
Quando le ho chiesto perché lo definisse liberatorio, mi ha risposto che, venendo da un mondo condizionato da traffico, affollamento, inquinamento, regole e abitudini (viveva già in Italia), l’essere davanti a quello scenario le dava un senso di liberazione e di nostalgia per gli anni africani.
Come non essere d’accordo?

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Sul fondo del canyon

Mia moglie ed io abbiamo provato l’emozione di gironzolare sul fondo del canyon nel 2004.
Vi eravamo giunti attraverso un tormentato percorso in fuoristrada partendo dal Grande View Lodge (ora si chiama Fish River Lodge). Il Lodge è costituito da una serie di bungalow sul bordo nord del canyon a non più di 5 metri dalla scarpata!
Per scendere nella gola non era consentito usare il proprio fuoristrada per cui siamo stati accompagnati in 4×4 da due guide del Lodge che ci hanno lasciati con acqua e viveri per alcune ore.
Un picnic sul fondo di una gola selvaggia: davvero originale.
Le guide però non sono restate con noi: dovevano, infatti, recarsi in un’altra parte del canyon a montare il campo base per i turisti e il Ranger che avevano iniziato un trekking di 3 giorni
«Non allontanatevi troppo e attenzione a non cadere nelle pozze d’acqua. Noi andiamo e torniamo a prendervi in due o tre ore» ci dissero sorridenti.
Conoscendo la percezione del tempo africana ci siamo rassegnati ad aspettare per almeno il doppio di ore.
L’acqua della pozza, presso la quale essi ci hanno depositati, era di un verde intenso e torbida; la profondità era sicuramente notevole (alcune di esse superano i 20 metri) e le altissime rocce frastagliate a picco sull’acqua incutevano timore.
Eravamo in una parte del canyon completamente rocciosa, solo qualche sparuta piantina, destinata a scomparire con la prima piena, spuntava da piccoli mucchi di sabbia depositati contro le rocce.
Rami spezzati, incastrati nelle crepe della roccia a 4 metri d’altezza, ci hanno chiaramente indicato la portata del fiume durante la piena.
Se a questo scenario di desolazione si aggiunge il rinvenimento di un cranio di Kudu (grossa antilope) sul bordo della pozza, si può immaginare una certa inquietudine da parte nostra.
E’ vero che al Lodge tutti sapevano che eravamo quaggiù, ma se si fosse guastata l’auto e le guide non fossero tornate in tempo?
Passare una notte al freddo e con il rischio che qualche predatore (erano segnalati leopardi) ci venisse a visitare non sarebbe stato salutare.
Avevamo con noi le giacchette e, fortunatamente, l’accendino per i miei sigari, per cui avremmo potuto accendere un fuoco; avevo con me anche il fido coltellino svizzero.
Accantonati questi inquietanti pensieri, iniziammo a gironzolare guardandoci dall’entrare nelle tante piccole gole che si aprivano ai lati perché avremmo potuto perderci.

E’ incredibile come bastino poche decine di metri, fuori dal percorso principale del fiume, per perdere l’orientamento. E’ come essere di fronte ad un gigantesco “trompe l’oeil”: ti sembra ci sia una via e invece c’è un muro di roccia, oppure sembra di vedere solo una parete invece c’è un passaggio.
E’ così che ci si perde: si decide di percorrere quella che sembra una scorciatoia, si entra in una gola laterale e si continua, ma quando si deve tornare indietro e la prospettiva cambia, perdendo gli scarsi punti di riferimento, si rischia di imboccare altre gole secondarie spesso a fondo cieco.

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Opere della natura

Nelle ore trascorse nel canyon, abbiamo potuto ammirare le varie forme che le rocce hanno assunto a causa dell’erosione da parte dell’acqua. Grossi massi sostenuti, al limite dei principi della fisica, da piccole pietre incastrate ad arte, marmitte perfettamente cilindriche scavate in migliaia di anni di movimenti vorticosi dell’acqua e ciottoli, piccole grotte.
Dopo aver consumato un frugale pranzo all’ombra di una tettoia rocciosa, siamo restati seduti a guardare il nostro piccolo angolo di mondo. Il tepore dell’aria, l’assenza di vento e di rumori invitavano a chiudere gli occhi e a meditare.
Se da una parte abbiamo avvertito con piacere il rumore del veicolo di ritorno (dopo circa 5 ore), dall’altra esso ha interrotto le nostre fantasticherie. E’ stata una strana sensazione perché il rumore giungeva a tratti ben udibile e a tratti attenuato. Talora sembrava che provenisse da una direzione mentre in altri momenti da quella opposta: effetti dell’eco sulle pareti del canyon.

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Tramonto

La sera, seduti sui gradini del nostro bungalow, abbiamo ripreso le nostre fantasticherie di fronte ad uno splendido tramonto con la consapevolezza, che mai ci ha abbandonato, di essere comunque privilegiati rispetto alla maggior parte della popolazione locale.

IL CRATERE MESSUM

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Cinta esterna del cratere

Quando ci si arriva, non si ha l’impressione di essere in un cratere vulcanico: si entra in un’ondulata pianura circondata da una catena rotondeggiante di monti.
In realtà la catena è formata dal bordo del cratere (20 km di diametro) il quale collassò centinaia di milioni di anni fa.
In Google Earth si vede bene la sua conformazione quasi perfettamente circolare (coordinate: S21 24.493 E14 13.224).
Il cratere Messum, che si trova in Namibia a circa 150 km nord di Swakopmund e a una quarantina di km dal mare, deve il suo nome al capitano W.Messum che esplorò la zona verso la metà dell’800.
Le piste, che vi conducono dalla strada costiera, passano attraverso campi di licheni (ve ne sono più di cento specie) e bisogna guidare entro le tracce per non danneggiarli (crescono non più di un millimetro l’anno).
Ci si può arrivare anche dalla cittadina di Uis (nord-est).
Purtroppo abbiamo potuto notare come turisti sconsiderati avessero scorrazzato nei dintorni creando nuovi solchi solo per puro, stupido, divertimento.
Queste tracce che terminano nel nulla, possono trarre in inganno i viaggiatori non muniti di GPS facendo perder loro la direzione e consumare carburante.
Eppure vi sono diversi cartelli che invitano al rispetto dell’ambiente.

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C’è vita

Nella sua inospitalità il territorio è affascinante con una dominanza del colore rosso-marrone delle rocce e del color crema-nocciola del terreno.
L’area è ricca di minerali e gli appassionati possono partecipare a tour organizzati con guide; la raccolta di sassi e minerali è, però, proibita.

A parte i licheni, vi sono anche piante che riescono a sopravvivere laggiù e, tra queste, val la pena di menzionare la Welwitschia mirabilis che cresce, nel mondo, solo in alcune zone della Namibia e dell’Angola.

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Welwitschia: quanti anni avrà?

Questa pianta, che si ritiene risalire al Giurassico (più di cento milioni di anni fa), potrebbe benissimo apparire in un film di fantascienza come pianta aliena, carnivora, munita di lunghi tentacoli.
La welwitschia è, invece, un prodigio della natura: essa, infatti, può vivere fino a 2000 anni (dicasi duemila!).
Può raggiungere i due metri di altezza ed ha solo due foglie (lunghe anche 6 metri) che si sfilacciano a sembrare molte di più. Riesce a sopravvivere grazie alla poca pioggia e all’umidità che si forma nelle zone desertiche.
Per gli amanti dei territori selvaggi e della geologia la visita al Messum è consigliata.

DOVEROSO PENSIERO FINALE

Spesso, durante i viaggi, abbiamo convenuto di come sia diversa la percezione dell’ambiente a seconda della cultura da cui si proviene e del ceto sociale.
Per noi una zona desolata, con un ampio orizzonte e magari con un cielo blu solcato da rare bianche nubi, è spesso affascinante.
Descriviamo “pittoresche” le poche capanne che vi troviamo.
Per coloro che nelle capanne abitano, il territorio è inospitale, se non ostile, ma essi ci vivono da generazioni e vi trovano sostentamento spesso con limitati contatti con la “civilizzazione”.
Se ci avviciniamo con rispetto e con un rapporto paritetico, possiamo cogliere interessanti aspetti culturali e non solo ammirare il quadro paesaggistico o il folklore, spesso ricostruito per i turisti.

Mauro Almaviva
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6 Responses to “La maestosità del Fish River Canyon e del Cratere Messum in Namibia”

  1. Valentino scrive:

    Caro Mauro, complimenti per questo articolo, emozionante e dal piacevole sapore di avventura all’Indiana Jones maniera. T’invidio un po’. Cordialità

    • Mauro Almaviva scrive:

      grazie Valentino. Siamo stati fortunati a poter viaggiare, mentre io ero in Africa per lavoro. Grazie a Cristina che mi ospita cerco di condividere le mie esperienze con i lettori che invito anche ad esprimere critiche o a formulare domande.

      • admin scrive:

        Mauro, ti ospito volentieri! I tuoi articoli sono speciali e contengono belle foto. Ottima idea di rivolgerti ai lettori per chiedere se hanno domande da porti o consigli sui temi per loro di maggior interesse. Purtroppo poche persone hanno voglia e tempo di scrivere; ma so che ci leggono sempre con piacere. Cari saluti e grazie a te per la collaborazione, Cristina-Admin

  2. Claudia Tagliabue scrive:

    Mauro Almaviva, riesci sempre a stupirmi !!! Articolo bellissimo. FISH RIVER CANYON, già il nome è altisonante….La pozza sul fondo del canyon sembra una piscina, invece nasconde insidie non da poco. A quanto pare, per non perdersi fra le gole, pare necessario fare come “pollicino”…lasciare una scia di qualcosa per poter ritrovare la via del ritorno! L’effetto dell’eco sulle pareti, deve essere incredibile….a tal proposito, hai avuto ragione, le 2 ore circa, sono diventate CINQUE !!! La fotografia del tramonto è incommentabile, troppo bella !!! Uno spettacolo unico al mondo (credo..). Molto interessante il CRATERE MESSUM, incredibile vedere la tenacia della natura, cosa riesce a fare. Piante fra le rocce! Non solo, ma sopravvivono fino a 2000 anni…. INCREDIBILE !!! Caro Mauro avete vissuto un’esperienza unica ed emozionante!!! Per quanto riguarda il “DOVEROSO PENSIERO FINALE”, mi trovi pienamente d’accordo. Avvicinare abitanti di luoghi così diversi e speciali, nei loro usi e costumi, con rispetto, garbo e buona educazione, può solo arricchire ulteriormente il nostro bagaglio culturale. Scusa, se mi permetto, ma sono gelosissima e invidiosa di tua moglie….. !!! (in riferimento ai vostri meravigliosi viaggi, ovviamente…). Grazie Mauro, veramente di cuore. Spero leggere prestissimo un altro articolo…..

  3. Mauro Almaviva scrive:

    Come sempre, Claudia, ti devo ringraziare per le parole che sono incitamento a continuare.
    Tutti noi in famiglia proviamo nostalgia non solo dei viaggi, ma anche della vita “quotidiana” dei lunghi anni in Africa. Il lavoro, la spesa al mercato, la scuola, gli amici che, purtroppo, si devono lasciare (questo e’ una degli aspetti piu’ tristi del lavorare nella cooperazione). Raccontare aiuta, forse, a tornare idealmente laggiu’.

    • Claudia Tagliabue scrive:

      Si lo credo anch’io, che aiuta, però porta anche nostalgia…. Egoisticamente, aspetto i tuoi articoli con curiosità ed interesse, anche se sò che un pò “male” ti fa nel raccontare… Però è già bello e soprattutto importante aver potuto vivere una vita tanto diversa, avventurosa, spettacolosa e anche faticosa, sotto certi aspetti….

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